Pianista, compositore e docente presso il Conservatorio “Piccinni” di Bari, Livio Minafra non ha bisogno di presentazioni per i lettori di Blogfoolk, in quanto a parlare per lui è il suo esemplare percorso artistico volto ad esplorare i sentieri che dalla musica della sua terra si dipanano verso i suoni del Mediterraneo per giungere al jazz. Nel corso degli anni, tante sono state le collaborazioni di prestigio che hanno caratterizzato il suo percorso artistico, così come le diverse esperienze musicali di cui è stato protagonista da MinAfrìc Orchestra a Canto General passando per il progetto “Bandervish” con i Radiodervish, ma soprattutto si è segnalato per alcuni ottimi album da solista tra cui spicca certamente il pregevole “Sole Luna”. A due anni di distanza da quest’ultimo, lo ritroviamo con “Campo Armónico” album nato dalla collaborazione con il vibrafonista austriaco Roland Neffe ed impreziosito dalla presenza come special guest del vulcanico Michel Godard. Si tratta di un lavoro che, come lascia intuire il titolo del disco, parte da una profonda ricerca sonora in ambito modale per aprirsi all’improvvisazione a tutto campo. Abbiamo intervistato Livio Minafra per approfondire insieme a lui questo nuovo progetto discografico, presentato dal vivo nel corso dell’ultima edizione del Talos Festival.
A due anni da quel gioiellino che era "Sole Luna" che ti vedeva protagonista in solo, accompagnato dalla loop station, torni con un nuovo album "Campo Armonico" in coppia con Roland Neffe e la partecipazione speciale di Michel Godard. Come è nato questo nuovo progetto?
L’austriaco Thomas Hein di Radio Freequenns ha ideato prima il duo con Roland Neffe e poi l’incontro con Michel Godard. Da una decina di anni frequento il suo festival che si tiene in aprile a Liezen e, come noto, le cose nascono per intuizione. Dopo qualche concerto insieme, ci abbiamo preso gusto ed è nato il trio che si può ascoltare nel disco pubblicato per la Quinton Records di Vienna.
"Campo Armónico" è un’altra importante tappa della tua multiforme ricerca sonora. Cosa lo differenzia dai tuoi precedenti lavori?
Semplice. Per me non esistono generi musicali. Esiste fare musica in solo o con gli altri. Da solo è l’occasione per me di aprire il mio diario. Con gli altri, invece, mi diverto a giocare. Per il resto non vedo differenze sostanziali se non il fatto di essersi soffermati ancor più del solito sui campi armonici, ovvero queste vaste isole modali che tanto piacevano a Davis e Coltrane.
Dei dieci brani del disco quattro li firmi tu e quattro Roland Neffe, mentre i restanti due sono ad appannaggio di quel geniaccio di Michel Godard. Come si è indirizzata la vostra ricerca stilistica in fase compositiva?
Sai, un trio di improvvisatori è come quando un’amicizia funziona e si va a cena in casa. Tipica domanda? Io cosa devo portare? Risposta: Io preparo, per esempio, il pesce. Ah allora io porto il vino bianco. E io porto il dolce.. e così via. Fai questo con maggior attenzione ai particolari viene fuori un trio di musica originale. I pezzi sono gli ingredienti e la cena è il concerto. Le prove sono la preparazione e le spezie sono tutti gli accorgimenti che ciascuno aggiungerà al risultato finale.
L'incontro tra vibrafono e pianoforte in cui si inserisce il serpentone e la tuba, sembra a prima vista ardito dal punto di vista timbrico. L'ascolto, al contrario, ci regala un lavoro elegante, misurato dal punto di vista armonico e ricco di straordinarie intuizioni. Come avete approcciato l'arrangiamento dei brani?
Io e Roland abbiamo solide basi classiche ed accademiche. La polifonia non ci spaventa, anzi l’abbiamo suonata ampiamente con Bach.
Per noi non esiste tema e accordi. Noi abbiamo una concezione contrappuntistica europea, quindi sommare due strumenti simili per noi è stato facile, divertentissimo e autorafforzante. In più c’è un rapidissimo interplay che giova al tempo reale!
Tra le tue composizioni c'è "Boomerang" che tu dedichi ad Antonello Salis e al tuo vecchio amore per la musica balcanica. E' la tua prima composizione per trio e il risultato dal punto di vista evocativo è sorprendente. Ci puoi raccontare com'è nato questo brano?
Anni fa Antonello Salis fece una serie di concerti assieme a Paolo Fresu con la fanfara macedone Kocani Orkestar. Il risultato mi piacque. In realtà moltissimi anni prima, nel 1967, anche Dusko Goigovich assieme a Mal Waldron fece degli esperimenti simili. La verità è che se senti una cultura anche tua, e magari non ci abiti manco tanto lontano in linea d’aria, è il caso che tu includa quegli elementi di linguaggio anche nel tuo. La tavolozza della nostra creatività non si compone unicamente di ciò che ci piace e ciò che abbiamo studiato ma anche di ciò che a pelle sentiamo come anche nostro.
Sempre parlando di musica tradizionale vorrei soffermarmi sulla visione di folk immaginario che condividi con tuo padre Pino ed in particolare su "Tarantella" un brano in questo senso assolutamente significativo...
Mio nonno. Mio nonno paterno, Michele, cantava romanze estratte dalle opere liriche e anche canti folk di lontanissima provenienza, in dialetto ruvese. Uno di questi era una specie di Tarantella che mio padre ha chiamato omonimamente nel suo lp “Colori” del 1985 ed io ho rivoluto vedere oggigiorno con una parvenza di milonga. Fa parte della ricerca all’indietro, verso tracce di dna. Non voglio morire come un albero di natale di plastica. Io sono vero e soprattutto oltre a ciò che si vede voglio anche capire sotto terra le radici dove vanno.
In "Raindrops" c'è una deviazione verso la scrittura cinematografica e, infatti, nelle note di copertina scrivi che è la colonna sonora del film che non hai mai fatto...
Esatto. Aspetto ancora il regista che mi scritturi con questo brano! Cartesio quando ha detto che i fenomeno sono chiari e distinti ha, tra i vari danni, inventato gli scaffali dei negozi di dischi: Rock, jazz, Classica... invece di Musica e basta. In questo casino c’è Musica, Danza, Cinema.. tutto chiaro e distinto. Ma perchè? Noi siamo un mistero e come tale siamo degli unicum. Però in “Raindrops” io sento cinema, anzi sento e so che si tratta di una colona sonora d’un film, o di un regista, che deve ancora nascere.
"Cieli" invece è un incursione nella musica classica di Skryabin e Messiaen che si evolve in un improvvisazione. Come è nato questo brano?
Belle citazioni. Il brano è nato perché a volte mi piace scrivere tanto, ma in altre circostanze preferisco la via del canovaccio, dove gli ingredienti si possano mettere seduta stante. “Cieli” si compone di fatto di due sezioni. Nella prima chiedo di suonare i Mi bemolle 7 pensando al cielo e al blu. Del resto, anche io vedo nella musica i colori, come Skrjabin e Messiaen. La seconda parte è un rimando balcanico dove chiedo ai commensali di sbagliare qualche nota durante l’esecuzione. Un po’ come se in un cielo blu all’improvviso passi un bianco aereo! E poi si torna al blu a dipingere!
"Campo Armónico" è un lavoro aperto all'improvvisazione. Quanto è importante nei live?
Molto. Ci giochiamo l’esser veri, il raccontarsi a cuore aperto.
Venendo alle composizioni di Neffe, quali sono le caratteristiche della sua scrittura che ti hanno maggiormente colpito?
Il suo sembra un impressionismo novecentesco, a differenza di quello ottocentesco. Mi piace come sa creare zone di colore nelle quali resta per un po’. E io li dentro riesco ad aggiungervi qualcosa. Quando lui suona con gli altri questi brani appaiono più jazz. A me lascia libertà di reinterpretarli, non so per rispetto o per curiosità, per vedere cosa invento!
Abbiamo solo citato in apertura il grande Michel Godard. Quanto è stato determinante nel suono di "Campo Armonico"?
Per la verità non è determinante quanto divertente. A Michel non piace fare le prove e allora quando le facciamo concordiamo a grandi linee ciò che dobbiamo fare. Questo fa sì che ogni concerto sia diverso dagli altri. Infatti, quando suoniamo in duo siamo più contemporanei io e Roland. In trio passiamo da esser poeti a tre a fare i zuzzerelloni. Dal canto suo, Michel è una persona, nonché un solista unico e di pregio internazionale e siamo onorati di condividere con lui dei concerti.
Concludendo, avete presentato il disco al Talos Festival. Com'è l'impatto dal vivo di "Campo Armonico"?
Credo che la gente entri in uno stato di assenza temporale dove tutto inizi a fluttuare, leggero e modale. Allo stesso tempo ci sono momenti di profondità incredibile ed altri di exploit vulcanica. A me piacciono i contrasti. Ho chiesto io al trio di operare in tale direzione. Un solo colore avrebbe annoiato, anche me!
Livio Minafra & Roland Neffe special guest Michel Godard – Campo Armónico (Quinton Records, 2018)
#CONSIGLIATOBLOGFOOLK
Nata dall’intuizione di Thomas Hein di metterli sullo stesso palco in occasione di concerto, tenuto nel 2009, per i dieci anni della Radio Freequenns, radio austriaca di base a Liezen nella Styria, l’esperienza del duo composto dal pianista pugliese Livio Minafra e il vibrafonista austriaco Roland Neffe si è consolidata dal vivo, forte di un feeling spontaneo e vibrante tra i due strumentisti. Qualche anno più tardi, nel 2013, Liezen è stata la cornice per un ulteriore salto in avanti del duo, infatti, per il gran finale dell’UNESCO International Jazz Day 2013, il duo venne impreziosito dalla partecipazione speciale di Michel Godard (tuba e serpentone) dando vita ad un momento di grande musica che è diventata la base di partenza per il progetto "Campo Armónico”. A cinque anni di distanza, l’etichetta viennese Quinton Records ha dato alle stampe il disco omonimo che raccoglie dieci brani di cui quattro firmati dal pianista pugliese e quattro dal vibrafonista austriaco, più due invece composti da Michel Godard. Si tratta di un lavoro che rispecchia la particolare alchimia che, sin dal primo concerto, si è creata tra i due strumentisti i quali danno vita ad un interplay vivace e spontaneo nel quale si inseriscono magistralmente la tuba e il serpentone del musicista francese. Come scrive Hein nelle note di copertina “il trio è un ensemble da camera improvvisato” che nel nelle sequenze modali trova la base di partenza per un tensione costante verso la ricerca sonora e l’improvvisazione, spaziando dalla musica classica a quella contemporanea, passando per la tradizione musicale del Sud Italia. Aperto dalla splendida “Sound of Aether” che Roland Neffe dedica ad un amico morto inaspettatamente troppo presto, il disco entra nel vivo con “Boomerang”, un uno dei suoi brani più emblematici nel quale Livio Minafra rende omaggio alla musica di Antonello Salis proponendo una scorribanda sonora di grande dinamismo che ci conduce sui sentieri della musica balkan. Se “Lost Love” e “Forgotten Ritual” brillano per la loro intrinseca forza evocativa, “Raindrops”, firmata da Livio Minafra, è un esempio di scrittura cinematografica e non a caso lui stesso la definisce “musica per un film che non ho mai realizzato”. Si prosegue con gli echi di musica tradizionale pugliese con “Tarantella” e con "Xaël” di Michel Godard che fanno da perfetto apripista per l’altro vertice del disco “Cieli” nella quale ad emergere è la cura per i colori musicali nel solco di Skryabin e Messiaen. La trascinante “Adrenalin” di neffe e quel gioiellino che è “Risplendente Folia” di Michel Godard suggellano un disco di grande fascino non solo per il pregio delle composizioni ma anche per la originale cifra stilistica che ne caratterizza la ricerca musicale.
Nata dall’intuizione di Thomas Hein di metterli sullo stesso palco in occasione di concerto, tenuto nel 2009, per i dieci anni della Radio Freequenns, radio austriaca di base a Liezen nella Styria, l’esperienza del duo composto dal pianista pugliese Livio Minafra e il vibrafonista austriaco Roland Neffe si è consolidata dal vivo, forte di un feeling spontaneo e vibrante tra i due strumentisti. Qualche anno più tardi, nel 2013, Liezen è stata la cornice per un ulteriore salto in avanti del duo, infatti, per il gran finale dell’UNESCO International Jazz Day 2013, il duo venne impreziosito dalla partecipazione speciale di Michel Godard (tuba e serpentone) dando vita ad un momento di grande musica che è diventata la base di partenza per il progetto "Campo Armónico”. A cinque anni di distanza, l’etichetta viennese Quinton Records ha dato alle stampe il disco omonimo che raccoglie dieci brani di cui quattro firmati dal pianista pugliese e quattro dal vibrafonista austriaco, più due invece composti da Michel Godard. Si tratta di un lavoro che rispecchia la particolare alchimia che, sin dal primo concerto, si è creata tra i due strumentisti i quali danno vita ad un interplay vivace e spontaneo nel quale si inseriscono magistralmente la tuba e il serpentone del musicista francese. Come scrive Hein nelle note di copertina “il trio è un ensemble da camera improvvisato” che nel nelle sequenze modali trova la base di partenza per un tensione costante verso la ricerca sonora e l’improvvisazione, spaziando dalla musica classica a quella contemporanea, passando per la tradizione musicale del Sud Italia. Aperto dalla splendida “Sound of Aether” che Roland Neffe dedica ad un amico morto inaspettatamente troppo presto, il disco entra nel vivo con “Boomerang”, un uno dei suoi brani più emblematici nel quale Livio Minafra rende omaggio alla musica di Antonello Salis proponendo una scorribanda sonora di grande dinamismo che ci conduce sui sentieri della musica balkan. Se “Lost Love” e “Forgotten Ritual” brillano per la loro intrinseca forza evocativa, “Raindrops”, firmata da Livio Minafra, è un esempio di scrittura cinematografica e non a caso lui stesso la definisce “musica per un film che non ho mai realizzato”. Si prosegue con gli echi di musica tradizionale pugliese con “Tarantella” e con "Xaël” di Michel Godard che fanno da perfetto apripista per l’altro vertice del disco “Cieli” nella quale ad emergere è la cura per i colori musicali nel solco di Skryabin e Messiaen. La trascinante “Adrenalin” di neffe e quel gioiellino che è “Risplendente Folia” di Michel Godard suggellano un disco di grande fascino non solo per il pregio delle composizioni ma anche per la originale cifra stilistica che ne caratterizza la ricerca musicale.
Salvatore Esposito