Voce e pianoforte, fisarmonica e voce: Francesca Rondinella e Giosi Cincotti hanno pubblicato “Meet & Reel”, registrato su bobina come un tempo – “reel” per l’appunto –, dal vivo con il pubblico presente in tre session (con circa 40-50 persone ciascuna, dicono le cronache, che ha contribuito alla nascita del disco), prodotto dall’attivissima etichetta partenopea Soundfly.
Molto diverse le ambientazioni linguistiche che segnano il canzoniere del composito lavoro della coppia, coeso in virtù della collaudata collaborazione: Rondinella, figlia e nipote d’arte, interprete-attrice dalla presenza canora robusta e solida, a tratti perfino viscerale e accattivante che entra abilmente nelle canzoni; Cincotti, strumentista raffinato, compositore e arrangiatore di formazione classica e jazz, abile nel costruire belle soluzioni armoniche, incastri melodici e spostamenti ritmici.
Il filo rosso della scaletta, snodata in diciassette brani, è la poesia cantata che consente ai due partner di passare con ispirata scioltezza e consolidato mestiere da autori classici napoletani, celebrati o meno noti (E.A. Mario, Bovio, Fiorelli/Valente, Palomba / Bruni, Viviani e Anepeta), alla Napoli di oggi (Moscato e Scialò, Gianni Lamagna, Pino Daniele e Almamegretta). Cosicché, accanto a standard come “Canzone Appassiunata” e a una melanconica “Simmo ‘e Napule Paisà”, si susseguono una riuscita versione di “Tammurriata Americana”, una bluesy di “’O Nnamurato mio” e “‘A Gelusia”. Tra i classici secondo-novecenteschi ci sono “Amaro è ‘o bene”, “Tutto è fernuto”, “D’o Mare e d’e Rose”, “Maggio Se Ne Va” e “Respiro”. C’è il Paolo Conte alla partenopea di “Si t’ha vuò scurdà”, altro vertice del disco. La naturalezza del duo porta senza forzature da “Tango” di Sakamoto al bolero di Carlos Eleta Almarán “Historia de un amor”, dal celebre standard prevertiano “Les feuilles mortes”, che contiene un inserto napoletano, a “Isteria” di Giorgio Gaber. Non sazia, Francesca e Giosi ci infilano anche due composizioni proprie: “Anema annura” e “Sciummo perduto”, che non sfigurano affatto. Applausi!
Ciro De Rosa
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