Storie di cantautori: Diego Esposito, Lo Yeti, Michele Cristoforetti, Charlie, Margherita Zanin, Monica Shannon

Diego Esposito – E’ più comodo se dormi da me (Rusty Records, 2017)
“E’ un traguardo, ma allo stesso tempo un punto di partenza, ho scelto le canzoni in maniera molto spontanea, in realtà non c'ho pensato molto, erano quelle, si sono scelte da sole. Può sembrare un semplice disco, ma in realtà è il lavoro di molte menti folli che si sono adoperate in una direzione unica per ottenere un unico risultato”, così il cantautore toscano Diego Esposito, presenta il suo album di debutto “E’ più comodo se dormi da me” nel quale ha raccolto nove brani con la direzione artistica di Zibba, frutto di dieci anni di intenso lavoro ed esperienze formative. Sogni, racconti, viaggi, riflessioni personali permeano ogni traccia accompagnando l’ascoltatore attraverso un filo rosso immaginario. Aperto da “In una stanza”, nella quale spicca un testo intenso e riflessivo, il disco entra nel vivo con “Toscana” brano con un piede nella propria terra e uno in Irlanda in un susseguirsi di parallelismi tra colline verdi ed amicizie fatte lungo il cammino. Se “Vecchio eliporto” si caratterizza per la sua atmosfera introspettiva, la successiva “Le parole quando vanno da sé” è un invito a godere delle scoperte che riservano i viaggi. Il vertice del disco arriva con il singolo “Come fosse primavera” che ha proiettato Diego Esposito tra i vincitori di Area Sanremo, mentre la seguente “Fisica quantistica” ci svela il lato più ironico del suo songwriting. Completano il disco la suggestiva “Mare”, lo spaccato autobiografico di “Una canzone” e la conclusiva “Chi festeggia”, una riflessione finale che suggella un’ottima opera prima.

Lo Yeti – Le Memorie dell’Acqua (SRI Production, 2017)
Pubblicitario di professione ma artisticamente ben inserito nel fermento culturale di Bologna, Pierpaolo Marconcini (Voce, Chitarra Acustica, Chitarra Elettrica) ha dato vita al progetto Lo Yeti insieme al bassista Marco Milani e al musicista, fonico e produttore Pierluigi Ballarini ma la vera svolta è arrivata con l’incontro con il produttore Angelo Epifani che ha tenuto a battesimo il loro disco di debutto “Le Memorie dell’acqua”. Registrato tra i Tup Studio di Brescia e i Raw Studio di Bologna, il disco raccoglie nove brani incisi con la partecipazione di Pierpaolo Marconcini, Marco Milani (Basso), Pierluigi Ballarin (Tastiere, Piano, Synth, Chitarra Elettrica), Simone Gelmini (Batteria), Daniela Savoldi (Violoncello). Ogni brano rappresenta un affluente che alimenta lo stesso fiume, in un flusso di riflessioni, ora introspettive ora di carattere universale, tenute insieme dal filo rosso dell’elemento acqua. L’apertura affidata al soul di “Santa Madre dei Miracoli” delinea subito le coordinate di un songwriting maturo e denso di poesia come dimostrano anche i brani successivi “Sotto effetto della luna” e il ritratto di donna “Rita”. Se “La canzone dell’acqua” rappresenta il brano centrale del disco per intensità e potenza evocativa la successiva “intrepida” è una ballata d’amore di grande suggestione. Il rock serrato di “Amore bufalo” ci conduce prima al gioiello acustico “La Nostra rivoluzione” e poi ad “Anidride” un brano in crescendo ricco di belle intuizioni melodiche. La malinconica “Uomo” chiude un disco che ha tutte le carte in regola per essere la prima tappa di un percorso artistico promettente.  

Michele Cristoforetti – Muoviti (Stivo Records, 2017)
Giovane cantautore con alle spalle una intensa gavetta nel giro delle coverband, Michele Cristoforetti giunge al suo debutto come solista con “Muoviti” disco che raccoglie dieci brani originali caratterizzati da una agrodolce fusione di poesia e tematiche sociali, il tutto caratterizzato dal punto di vista musicale da arrangiamenti che rimandano alla canzone d’autore rock italiana. Ad aprire il disco è Antologia di viaggio, un intreccio di suoni ed immagini per raccontare il percorso che ha condotto l’autore dalla provincia alla città. Si prosegue prima con “L’album delle pose” nel quale emerge una critica alla ricerca di atteggiamenti esteriori in momenti di rivoluzione interiore, e poi con la title-track che è un invito a ricercare la propria identità. Se “Sigaro cubano” in cui spicca la chitarra di Maurizio Solieri è un inno alla ricerca delle felicità nelle cose semplici, la successiva “Il mio tempo” è una riflessione profonda sulla dimensione del tempo. Si prosegue con “Capita che” nella quale Cristoforetti racconta un’esperienza personale e gli amori tormentati di “Bella paura” ma il vertice del disco arriva con la bella versione di “Gente metropolitana” di Pierangelo Bertoli. La rilettura de “La storia siamo noi” di Francesco De Gregori e la versione embrionale di “Sigaro Cubano”, completano un’opera prima interessante e non priva di bei momenti.

Charlie – Ruins Of Memories (Incadenza, 2017)
Carlotta Risso, in arte Charlie, è una cantautrice genovese con alle spalle esperienze diversificate in Italia ed all’estero con band come i Red Wine e artisti del calibro di Paolo Bonfanti, Beppe Gambetta. Complice l’incontro con il musicista e produttore Tristan Martinelli, tra il 2015 e il 2016 ha preso vita il suo disco di debutto come solista "Ruins of Memories" nel quale ha raccolto undici che rappresentano una personale sintesi tra la passione per il country, il bluegrass e la musica degli Appalachi con sonorità legate all’indie-rock. Il suo variegato mondo sonoro vede, dunque, Bob Dylan farsi produrre dai Radiohead, il folk irlandese riletto con le chitarre elettriche e il bluegrass suonato come un brano indie. Aperto dall’evocativa The Strength nel quale la voce di Charlie sembra rimandare a quella di Sandy Danny, il disco ci regala subito un susseguirsi di belle sorprese con l’intensa “Superior”, il quadretto casalingo di “Rosemary” e la brillante “Ash and Arrow” in cui il banjo di Marco Ferretti dialoga con il fiddle di Antonio Capelli. Se la title-track affascina per la sua sinuosa trama country, la successiva “I’d be glad” è una appassionata canzone d’amore e nostalgia che fa il paio con “Leave”, un inno all’indipendenza e un invito accorato a separarci dalle figure che ci imprigionano nell’apatia. La trama pop di “Innocent Sweet” ci introduce alla dolce ninna nanna “Bed Time” e alla gustosa “Cigarette”. “The Road” ispirata a “La Strada” di Cormac McCarthy” e la bonus track “She”, suggello un disco da ascoltare con grande attenzione, tanto per la qualità delle composizioni quanto per le belle architetture sonore. 

Margherita Zanin – Zanin (Platform Music, 2017)
Innamorata del blues, del country di Gillian Welch e della musica rock degli anni Settanta, Margherita Zanin è una cantautrice ventitreenne savonese con alle spalle una solida formazione e diverse esperienze artistiche all’estero che giunge alla sua opera prima con “Zanin”, album nel quale ha raccolto otto brani che mescolano con grande eleganza soul, folk-rock e country, regalando sfumature narrative legate a riflessioni ed esperienze personali. “E’ una rappresentazione fedele di chi sono io oggi, del percorso che mi ha portata alla bella canzone italiana, attraverso un background blues internazionale che mi ha permesso di crescere”, afferma la giovane artista e per comprendere a pieno tutto ciò basta immergersi nell’ascolto di questo piccolo gioiello. Si parte dalla bossanova dell’iniziale “Piove” per toccare una bella resa di “Generale” di Francesco De Gregori e la ballad “Feeling Safe”, il cui crescendo acustico è impreziosito dall’ingresso nella linea melodica degli archi. Se “I must forget” è un canto d’amore disperato dalle atmosfere quasi psichedeliche, la successiva “Travel crazy” è un atto d’amore verso la musica rock made in USA. La ballad maliconica “You’re better out” e il blues “Joe’s Blues” ci conducono al finale in cui brilla “The Lord Coming Home” in cui la Zanin racconta la sua esperienza in una chiesa londinese con un coro gospel.

Monica Shannon – Ali (Autoprodotto, 2017)
Appassionatasi da giovanissima alla musica, Monica Shannon si è formata in diversi ambiti artistici, dal jazz alla musica rock per intraprendere successivamente il proprio percorso artistico che l’ha condotta a collaborare alla realizzazione di numerosi progetti e colonne sonore. “Ali” è il titolo del suo secondo album, prodotto da Stefano Pulga, e nel quale ha raccolto nove brani, di cui sette autografi e due riletture, che nel loro insieme compongono una sorta di concept album ispirato all’amore e caratterizzato da sonorità che vanno dall’Irish folk al rock fino a toccare il jazz. Significativo in questo senso è quanto afferma la stessa Shannon: “Ho scelto di chiamare il mio nuovo progetto “Ali” perché alla fine di ogni storia c’è sempre un’apertura, un volo liberatorio verso l’amore e lontano da ciò che non lo rappresenta. Una sorta di passaggio dal buio alla luce in cui vivere il vero amore, riscoprirlo nella solitudine o semplicemente ritrovare la propria essenza lontano da sentimenti ormai aridi e spenti”. Accolti dalle sinuose sonorità di “The Answer” l’album ci conduce attraverso il rock di “Make Me Real” e le atmosfere eteree dell’evocativa “Boundless Space”, per toccare la bella rilettura di “Forbidden Colours” di Ryuichi Sakamoto e David Sylvian. Il pop radiofonico di “Not so Far From Love” e le atmosfere irish di “Light” ci introducono all’autobiografica “Butterflies in the Garden” e alla bella canzone “Something You Should Know”. Chiude il disco “L’Isola delle Fate” di Stefano Pulga nella quale si apprezzano a pieno le gradi doti interpretative della Shannon. 


Salvatore Esposito

Posta un commento

Nuova Vecchia