Foré è il nuovo progetto artistico nato dall’incontro tra Massimiliano Morabito con il chitarrista il chitarrista Adolfo La Volpe di Escargot e il contrabbassista Pierpaolo Martino dei Radicanto, i quali hanno incrociato le rispettive esperienze artistiche per dare vita ad un percorso comune alla ricerca della musica dell’anima. In occasione della pubblicazione del loro disco di debutto, abbiamo incontrato al Medimex, l’organettista salentino e con lui abbiamo approfondito temi ed ispirazioni di questo primo lavoro del trio.
Come nasce il progetto Foré?
Ho sempre suonato musica per danza, in realtà però ho iniziato a suonare perché credevo molto nel potere curativo della musica, e questo non perché siamo tutti malati, ma piuttosto per far stare bene quanti mi stessero intorno. La mia prima idea è quella di far sorridere e far star bene le persone che ascoltano la mia musica. Se una sola persona, dopo un concerto se ne va a casa tranquillo, sento di aver fatto il mio dovere. Prima ancora però la musica mi è servita a star bene con me stesso, perché purtroppo ho avuto delle sventure in famiglia avendo perso metà di essa, e quindi per me è stata quasi un rifugio dove ho cominciato a guarire me stesso. Perdere un padre ed un fratello è una cosa molto brutta, e l’organetto mi è servito veramente per ritrovare una nuova famiglia. Ricordo che lo suonava sempre il nonno di una mia ex fidanzata, e lui intorno al suono di questo strumento riusciva ad unire tutta la sua famiglia. Notai che era molto semplice suonarlo, e così mi venne quasi spontaneo di chiederglielo in prestito. Avevo ventisette anni quando cominciai per la prima volta a suonarlo, ero quindi abbastanza grande, ma come l’ho preso in mano ho cominciato a scoprire una parte di me che non avevo mai incontrato. Poi cominciai a fare musica per far danzare, ma ultimamente mi sono detto perché non provare a fare musica per far star bene con se stessi, anche senza l’aspetto coreutico. E’ nato così questo disco, che raccoglie brani semplicissimi, dove non si ascolta la musica perché non voglio che quella sia importante, ma la musica diventa lo strumento che ci aiuta a compiere un viaggio, un percorso interiore dove ci si dimentica dei suoni, magari anche dei rumori delle sensazioni negative, per entrare in un suono che è il nostro suono interiore. Quindi non musica fine a se stessa, ma un lasciapassare che serve per ritrovare un po’ la propria vita, il proprio senso. E’ una cosa molto difficile, ma se riusciamo avremmo compiuto un passo importante per alleviare i mali della quotidianità, per riflettere su noi stessi e per migliorare le nostre esistenze.
Ci puoi parlare del vostro incontro?
Il progetto Forè nasce dall’incontro con Pierpaolo Martin, che suona il contrabbasso e con cui siamo amici da tempo, e con Adolfo La Volpe che suona la chitarra. La conoscenza con Pierpaolo risale a molto prima che cominciassi a suonare l’organetto, perché ho sempre avuto comunque la passione per la musica e suonavo la tastiera. All’epoca avevo diciassette anni, e ricordo che fui io a fargli conoscere Bill Frisell, all’epoca ascoltavo tanta musica contemporanea, ma anche musica classica, medioevale. Il mio percorso si può dire che rispetto a molti altri colleghi è stato inverso in quanto dalla musica colta sono poi approdato alle tradizioni popolari. Qualche anno fa ci siamo ritrovati un sera in campagna a Cisternino, entrambi affascinati dai suoni popolari e abbiamo provato a sperimentare. E’ nata così l’idea di fare musica insieme e di dare vita a questo progetto.
Che cosa significa Foré?
In realtà Foré è un francesizzazione di “forë”, termine dialettale che indica la casa in campagna, proprio come quella dove è nato il disco. Dicevamo sempre: “dove ci intriamo per suonare?” e Pierpaolo rispondeva puntualmente: “Forë da me”, cioè nella mia masseria. Alla fine ci siamo detti perché non lo scegliamo come nome per il gruppo, anche perché fore sarebbe stato difficile da utilizzare perché ha la dieresi e così abbiamo scoperto che foré in francese, significa forato, perforato e in questo senso dice bene il concetto di soglia, di spazio permeabile che traduce e tradisce ogni superficie certa e identificabile: la porta, in copertina in questo senso non è affatto casuale.
Qual è la chiave per aprire la porta…
E’ in chi ci ascolta…
Ci sono dei brani come Il Barone Rampante, Bella e Toujours che sono caratterizzate da atmosfere molto particolari, quali sono le ispirazioni dietro questi brani…
Tutti e tre abbiamo esperienze musicali differenti. Io vengo da un area musicale più vicina al folk, gli altri due sono più vicini al jazz e al pop, quindi diciamo che abbiamo cercato di unire queste tre esperienze per dare vita a qualche cosa di nuovo. C’è però jazz, folk, pop, musica contemporanea, molto minimalismo.
Toujours ad esempio è un brano dalle atmosfere molto cinematografiche, caratteristica questa comune a molti brani del disco…
Raccontiamo delle emozioni, in particolare Toujours è un brano di Pierpaolo Martino e racconta qualcosa che è molto vicino alla mia esperienza personale, ovvero l’aver perso un padre. Si tratta di un brano dalle atmosfere molto forti, e non riuscirei a trovare un aggettivo migliore di questo, perché bisognerebbe poi ascoltarlo a fondo questo brano per comprendere cosa voglio dire. Tutti i brani del disco sono accompagnati nel libretto da una foto, che ho fatto io personalmente, e ognuna di esse rappresenta appunto ciò che lo ha ispirato o in qualche modo il suo significato. Una di esse in particolare presenta una finestra con il vetro rotto, ed è un po’ il simbolo di quella ferita che non si rimargina mai, come quella della perdita di un genitore, e si sente in questa melodia molto intensa e molto triste, dove anch’io con l’organetto eseguo una trama sonora, che a mio avviso, simboleggia un po’ il battito del cuore.
Qual è il segreto del tuo approccio tecnico all’organetto?
Non penso di avere segreti, ci sono tanti ragazzi che quando li vedo suonare sembrano mostri sacri, in realtà ciò che continuo sempre ad ascoltare e registrare gli anziani è lì, che apprendo la tecnica.
Quanto è importante per te la ricerca sul campo?
Credo il novanta per cento, perché penso che per essere originali bisogna andare alla musica originaria. Solo conoscendo il passato possiamo esplorare meglio il futuro, e questo non solo nella musica.
Quanto ha contato per te l’esperienza con il Canzoniere Grecanico Salentino?
Tantissimo, grazie al Canzoniere Grecanico Salentino ho la possibilità di girare il mondo, conoscere altre realtà e capire che la musica salentina, quella che sintetizzano con il nome di tarantella salentina o pizzica pizzica, non è affatto conosciuta. Spesso ci troviamo a suonare all’estero e molto spesso non davanti agli italiani, e vediamo chiaramente come vengano attratti da questo ritmo e questa cosa ci piace molto, perché i suoni del Salento sono molto riconoscibili.
Concludendo come sarà l’approccio live dei Forè?
Vorremmo fare uno spettacolo dove la musica è solo una delle parti dello spettacolo, la nostra idea è quella di dare vita a qualcosa che coinvolga tutti e cinque i sensi, dove i profumi, i colori, la danza, il tatto e il gusto vengono uniti alla musica, perché sono tutti i sensi a dover viaggiare. In realtà noi non vogliamo raggiungere nessuna terra in particolare ma il luogo dell’anima.
Foré – Foré (Autoprodotto)
Nati durante una serata di musica insieme nelle campagne di Cisternino, i Foré sono un trio salentino formato da Pierpaolo Martino (contrabbasso, basso, loop machine), Adolfo La Volpe (chitarre, loop machine) e Massimiliano Morabito (organetto, fisarmonica), i quali hanno deciso di intraprendere un comune cammino musicale, nel quale la tradizione della loro terra fosse solo la base per un esplorazione sonora attraverso jazz, pop e musica contemporanea. Il risultato è il disco omonimo che raccoglie dieci brani, incisi ai Chora Studi Musicali di Monteroni di Lecce (Le) e registrati con il supporto di Valerio Daniele, che esplorano quella che potremmo definire come musica dell’anima, ovvero l’insieme di suoni che aiutano ad alleviare i mali della quotidianità e ispirano l’introspezione e la riflessione. Accolti da una copertina dall’alto valore simbolico, con la porta, che rimanda al concetto di andare oltre la percezione di William Blake, la musica dei Forè, seguendo quanto scriveva il filosofo francese Jean-Luc Nancy fa risuonare i cinque sensi è un lasciapassare per un viaggio sonoro denso di suggestioni. Scopriamo così la forza evocativa de “Il Barone Rampante” firmata da Pierpaolo Martino in cui all’intreccio tra chitarra e contrabbasso si va ad aggiungere l’elegantissima trama sonora, quasi antica, dell’organetto di Massimiliano Morabito, o la cinematografica “Perplesso Nell’Ombra Verde (Aspetto)”, ma soprattutto la splendida e malinconica “Toujours” in cui vengono evocati i momenti di dolore, ma nella quale risuona sullo sfondo una traccia melodica di speranza. Non mancano momenti più vicini alle sonorità tradizionali come nel caso di “Pere, Mele e Percoche”, ma anche di “Cisternino” e della ben nota “Pizzica a Marino” di Massimiliano Morabito, che già avevamo ascoltato nella versione del Canzoniere Grecanico Salentino. Un discorso a parte lo meritano invece le più sperimentali “Giano” e “Mr.Bones” firmate rispettivamente da Massimiliano Morabito e Pierpaolo Marino, e nelle quali si apprezza la particolare ricerca sulle timbriche, che partendo dall’improvvisazione si allargano verso un particolare intreccio tra folk e jazz. Questo primo lavoro di Foré è dunque un disco che esce fuori dagli schemi e va oltre i canoni stretti dei generi musicali, proponendo un linguaggio sonoro affascinante, a cui è difficile non abbandonarsi durante l’ascolto.
Salvatore Esposito
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Salento