Sotto il titolo di “Miragre! Le Cantigas de Santa Maria nell’Adriatico di Bisanzio”, il quintetto strumentale Calixtinus, diretto da Giovannangelo de Gennaro, e il quartetto vocale femminile Faraualla propongono otto cantigas provenienti dalle oltre quattrocento Cantigas de Santa Maria che, com’è noto, costituiscono un corpus eccezionale di poesia e musica del XIII secolo. Opera raffinata di liriche devozionali in onore della Madonna in gallego-portoghese, composte da artisti alla corte di Alfonso X El Sabio, sovrano di Castiglia. Non meno considerevole sul piano organologico è il codice manoscritto della raccolta, fonte per l'individuazione di strumenti musicali utilizzati nel medioevo. Il repertorio scelto per questo disco comprende sette cantigas di miracoli, ambientate in città del Mediterraneo, in cui, dopo una contestualizzazione introduttiva, si racconta dell’intervento salvifico della Vergine (“Poi-las figuras fazen dos santos”, “Niun poder d’este mundo”, “Todo logar nui bien”, “Ben com’ aos que van per mar”, “Sobre los fondos do mar”, “Gran fe devia”, “Gran poder a de mandar”). Tutti i canti dei miracoli sono caratterizzati dalla forma musicale del virelai o rondò andaluso; la sola cantiga di lode “Des oge mais quer’eu trobar” presenta una diversa costruzione, essendo modellata nei canoni compositivi della canzone di amor cortese.
In prima persona il poeta dichiara che comporrà solo per la sua dama, per poi narrare le sette gioie della Vergine. Alla base della rilettura di Calixtinus & Faraualla, suffragata da un denso e dotto intervento della studiosa Carmen Julia Gutiérrez inserito nel booklet del CD, è un variegato strumentario che accosta strumenti medievali e popolari (viella, organistrum, arpa, chitarrino, gaita, tabor) a percussioni (riqq, darbouka, uff), flauti (nay), strumenti ad arco (kamanche, rabab) e cordofoni (oud, saz) del Medioriente e non solo (si veda l’uso del flauto bansuri) che corrisponde ad una scelta estetica che esalta il colore mozarabico, privilegiando l’ipotesi di una preponderante influenza musicale di al-Andalus. Cosicché preludi strumentali dal sapore andaluso-maghrebino introducono i canti e l’unico brano strumentale, intitolato “Tushy al-m’sarki”, proviene dalla coeva tradizione colta della nuba. Né mancano brani, come il già citato “Todo logar nui bien”, in cui prevale un sapore popolare iberico settentrionale. L’eclettismo vocale delle Faraualla partecipa della potenza narrativa delle cantigas e favorisce con le diverse sfumature e i colori timbrici quell’enfasi ritmica che rende molto fruibile – pur nel rispetto delle fonti – l’interpretazione del quartetto vocale barese e dell’insieme strumentale molfettese, di cui è concittadina l’etichetta Digressione Music, detentrice di un ampio e interessante catalogo di cui è parte questa bella produzione.
Ciro De Rosa
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