Taraf De Haïdouks & Kočani Orkestar – Band Of Gypsies 2 (Crammed Discs/Materiali Sonori)

Giusto dieci anni fa la formidabile banda di musicisti rom del villaggio romeno di Clejani incrociò archi, corde e mantici con gli ottoni dei rom macedoni della Kočani. Il risultato fu Band of Gypsies, strabiliante album registrato in larga parte dal vivo a Bucarest, in cui il repertorio di danze collettive, ballate e canti ricchi di pathos degli Haïdouks acquisiva nuova fisonomia con l’ospitata dei caldi fiati macedoni. L’inesorabilità del tempo ha portato via alcuni dei decani della banda di lautari, mentre qualche altra personalità ha lasciato il gruppo per scelta. In questo nuovo lavoro, prodotto a Bruxelles – che ancora una volta richiama nel titolo, a parte la lieve variazione ortografica, l’omonimo disco di Jimi Hendrix del 1970 – i due ensemble di lingua e religione differenti, cristiano-ortodossi i Taraf, musulmana la Kočani, collaborano più intensamente, sotto l’egida di Stéphane Karo, musicista e produttore della Crammed Discs, ricercando affinità nei rispettivi patrimoni folklorici: esiti di contiguità territoriali, migrazioni, dominazioni, confluenze e stratificazioni sonore. Come già nell’album del 2001, il virtuoso clarinettista bulgaro Filip Simeonov condivide la scena con i Taraf. Dodici giorni trascorsi a stretto contato per mettere su i materiali di questo lavoro e combinare i ritmi asimmetrici macedoni e bulgari suonati dalla Kočani con i tempi per lo più pari degli Haïdouks . Una compenetrazione di intenti per i 27 musicisti protagonisti delle dodici tracce contenute in Band of Gypsies 2, disco arricchito da tre bonus track video. Sfavillante l’inizio di “I Am A Gigolo”: confluenza tra i violini funambolici , ottoni e lo stupefacente cimbalom di Ionica Tanase, vero propulsore dei Taraf, a troneggiare. Si continua con “Per Drumul Odesei”, dal respiro yiddish: qui le due formazioni girano a pieno regime, e il clarinetto piazza assoli squisiti. La galoppata delle due bande appaiate che privilegia passaggi vocali melodrammatici, soli vorticosi e potente suono d’insieme, pronunciate impennate ed inattese decelerazioni, è un’esperienza trascinante. Tuttavia, qualche riserva ce la concediamo, perché non tutte le voci sono sempre all’altezza e a tratti l’incalzante turbinio dei fiati può risultare paradossalmente monotono. Si tocca ancora il picco con “Turceasca A Lu Kalo”, di ascendenza anatolica, “Dikhél Khelél, anch’essa ricca di umori orientali, e “A Couteux Tirés, Atika” caratterizzata dalla bella intro di fisarmonica prima di svilupparsi in un lungo e variegato tema di 7’18’’ che alterna umori e tempi, con cimbalom, clarinetto e tapan in gran spolvero. 

Ciro De Rosa

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