Il Canzoniere Grecanico Salentino è uno dei gruppi più longevi della scena della riproposta salentina, il più antico tra quelli in attività e l'unico rimasto in piedi (seppur con formazione completamente rimaneggiata) tra quanti iniziarono negli anni Settanta la riscoperta del folklore basso-salentino. Lo stile del gruppo si è sempre trovato in bilico tra riscoperta delle sonorità popolari ed innovazione, specialmente per quanto riguarda i testi (prima fase coincidente con gli anni Ottanta) e i tocchi strumentali (successivamente, fino ad oggi).
Dimostrazione di ciò è il disco "Canti e pizzichi d'amore", album pubblicato nel 2000 per l'etichetta "Salento altra musica". L'album è composto da brani tradizionali rielaborati dal gruppo sia musicalmente che testualmente (è raro che il Canzoniere esegua i classici salentini con le strofe che si trovano nei corrispondenti documenti originali). Il cd è introdotto da rullate di plettri (tipiche dello stile di Daniele Durante) che ci portano verso una "Pizzicarella" caratterizzata da un interessante ed inusitato passaggio in sottodominante che ricorda certe pizziche dei secoli precedenti. Il canto è portato da Rossella Pinto (storica voce femminile del gruppo sin dagli anni Settanta e fino al 2007, anno di uscita anche per Daniele Durante) ed Anna Cinzia Villani, allora alle prime armi come interprete di canti popolari, ma già dotata di una fortissima personalità. Dal punto di vista testuale il brano è caratterizzato dal minor numero di strofe rispetto alla versione raccolta da Brizio Montinaro nel suo "Musiche e canti popolari del Salento", che contiene anche la parte di testo dedicata alla rondine.
Forse i controtempi di chitarra affievoliscono la forza della pizzica, comunque è una buona versione. Sempre dai dischi di Brizio Montinaro proviene "Ferma Zitella", che invece viene eseguita per intero, con un ritmo molto fedele a quello del documento "di campo" seppure quest'ultimo è eseguito a cappella. La prima strofa è cantata a cappella, poi entra una chitarra accordata in re minore, dalle forti risonanze barocche, accentuate anche dal mandolino e dal violino. I momenti strumentali forse tendono a far dimenticare che il canto è narrativo, una maggiore fluidità sarebbe un elemento a favore di una maggiore leggerezza e anche, perché no, di una maggiore filologia. Tornando alla pizzica si arriva a "Canuscu na carusa",, ancora lontana dall'essere quel classico della tradizione salentina, lanciato in ogni salsa a partire dall'inclusione del brano nelle scalette del Concertone di Melpignano. La versione del Canzoniere è caratterizzata dall'importanza della voce baritonale di Durante, che per la prima volta all'interno di questo disco canta con piglio da protagonista, delegando i cori alle due voci femminili, Anna Cinzia Villani sulle basse, Rossella Pinto un'ottava sopra il canto principale. È interessante notare come il brano sia guidato, come già "Pizzicarella", dalla fisarmonica, che esegue un assolo successivamente ripreso da Durante nella canzone "A ddhai oju bu bisciu" del cd "E allora tu si de lu sud" (Animamundi 2007). Dai dischi di Montinaro proviene la traccia successiva, giustapposizione di due brani di ispirazione religiosa: "Oh Diu quantu sta casa è benedetta" e "Sia benedettu ci fice lu munnu". Il primo brano è eseguito a cappella, così come avviene nel documento originale, se non fosse che nella versione del Canzoniere assistiamo alla polifonia, con lo schema già enunciato per il brano precedente. La seconda parte della traccia è eseguita con l'accompagnamento degli strumenti, ma invece di usare cupacupa ed organetto (come nell'originale) il gruppo opta per un trio composto da tamburello, flauto e mandolino. Quest'ultimo è sicuramente lo strumento che esegue le parti più interessanti, dato che si assiste ad una contaminazione tra tecniche da "barbiere" e stili della tradizione portoghese, specialmente per quanto riguarda gli accordi eseguiti con il tremolo. La parte di flauto, ponte strumentale tra le varie strofe, è una serie di scale eseguita con un semplicissimo flauto dolce. Nella traccia successiva, la classica "Quantave", fa la sua comparsa da protagonista il violino di Doriano Longo. È lui difatti a guidare questa pizzica che, a livello di intensità e di spirito, potrebbe ricordare la "Tarantata" o "indiavolata" di Luigi Stifani, seppure non ne ricalca mai i giri melodici.
Come per "Pizzicarella" anche qui va notata la tendenza del gruppo a stemperare la forza della pizzica, creando così una scuola che, in modo diverso, ha influenzato quasi tutti i gruppi salentini degli ultimi vent'anni. Della tradizione il brano conserva l'entrata degli strumenti in momenti diversi, stratagemma che viene utilizzato anche per la loro uscita. Difatti il tamburello, dopo l'ultimo assolo di violino, esegue una serie di accenti dopo i quali sparisce, permettendo alla chitarra e alla fisarmonica di chiudere da soli il pezzo in sfumato. La traccia successiva è "Ohi rondinella ci", brano lento che il gruppo riprende nella versione pubblicata su partitura dallo stesso Daniele Durante nel volume "Canzoniere", curato insieme a Luigi Chiriatti per le Edizioni Erreci di Lecce nel 1990. Il brano ha una struttura di ballata, paragonabile al Fado portoghese, seppure la fluidità della serenata viene intaccata dai troppo numerosi e lunghi assoli strumentali, eseguiti sia dai plettri che dal violino, creando una certa pesantezza in chi ascolta. Va anche detto che forse la voce di Anna Cinzia Villani in questo brano dolcissimo non convince, data la sua ancestrale durezza. Tornando alle pizziche si esegue una strabiliante versione del classico "Te sira", delegata solo al tamburello, che usa la tecnica moderna con una terzina che ne ingloba varie al suo interno, e alla fisarmonica oltre alle solite tre voci. Il canto qui torna ad essere affidato a Daniele Durante, mentre le voci femminili fanno solo i cori, stavolta con Anna Cinzia Villani sulle note alte. Dalle ricerche di Giovanna marini nonché dal primissimo repertorio del Canzoniere stesso viene la traccia successiva, un toccante canto funebre intitolato "'Ntunucciu". La versione del gruppo consta di due parti ben delineate. La prima, corrispondente al primo giro melodico, è un raffinato valzer lento solo inficiato da qualche nota di troppo della fisarmonica che prova, riuscendoci a stento, ad imitare la sacralità dell'organo. La seconda parte, il resto del brano, è un valzer quasi festoso che, almeno secondo chi scrive, non si addice alla tristezza del testo. Solo la raffinatezza dei controcanti per terze smorza un po' l'atmosfera di festa, rafforzata dall'uso del tamburello, che nella tradizione non accompagna mai momenti tristi, spesso delegati alle sole voci. Andando avanti si torna alle pizziche con una delle più classiche, quella conosciuta come "Pizzica di Aradeo". Il gruppo, così come avviene nella più schietta tradizione, la accompagna con un giro in "modo misto", maggiore-minore. Ciò che smorza molto sono i controtempi degli strumenti melodico-armonici rispetto al tamburello, unico a cui viene delegata l'esecuzione dell'ossessivo ritmo. Sembra vi siano anche dei problemi di utilizzo della metrica, vi sono delle strofe dette un po' troppo velocemente, il che fa perdere l'incisività del testo, costituito da strofe di varia origine accomunate dalla tematica romantica. La traccia successiva è forse la meno riuscita del disco, una versione a pizzica-pizzica di "Sutt'acqua e sutta ientu", melodia suonata negli anni Cinquanta come tarantella, sicuramente molto più adatta a questo ritmo. La versione del Canzoniere inizia in maggiore con una parte lenta caratterizzata dall'utilizzo di accordi di settima aumentata e settima, poco usati, raffinati ma forse inutili. Nella parte a pizzica, come nel brano precedente, sono facilmente rilevabili gli effetti di una scansione alternativa (forse sbagliata) delle parole, perfino nell'uso del fiato. Il momento massimo del disco è la sua ultima traccia, una "Ronda" registrata live. Il brano è un'insieme di varie melodie di pizzica, eseguite "a botta" (voce e tamburo) in una sfida fra Daniele Durante e Anna Cinzia Villani. Rossella Pinto interviene solo nel ritornello che riecheggia la pizzica di Ugento e viene interpretato a tre voci.
Valentina Locchi