Pietrarsa è il nome della pietra lavica del Vesuvio ma è anche il nome del luogo, vicino Napoli, dove i Borbone decisero di impiantare le officine che costruivano le locomotive che viaggiavano sulla prima linea ferroviaria italiana, la Napoli-Portici. La scelta del musicista napoletano Mimmo Maglionico di usare questo nome per il suo progetto musicale non è dunque casuale, infatti quelle zone ai piedi del Vesuvio custodiscono anche un patrimonio musicale popolare antichissimo legato alla tamorra contadina. I PietrArsa nascono partendo proprio da quelle radici arcaiche della musica rurale per aprirsi ad un folk postmoderno, libero dalle maglie della riproposizione filologica e aperto alle contaminazioni della world music. Una scommessa, insomma, che Maglionico, forte del suo background classico è riuscito vincere sin dal primo disco “pietrArsa” del 2005 e con il tour successivo che ha condotto il gruppo anche al di fuori dei confini nazionali tra Francia, Spagna, Croazia, Grecia e Pakistan. A distanza di quasi cinque anni è arrivato anche il secondo disco del gruppo napoletano Napoli World Style, anticipato dal singolo Stamme cchiù vicina, presentato durante la Festa di Piedigrotta e composto da nove brani tra originali e tradizionali. Rispetto al disco di esordio la componente ethno-world sembra aver acquisito maggiore predominanza nel sound, ma si tratta solo di una impressione superficiale, infatti Maglionico è riuscito nell’impresa di mescolare strumenti di tradizioni musicali diversi e sonorità differenti, conducendoli nel solco della tradizione cosicché la batteria arriva a dialogare con la forza incessante delle tamorre, il basso elettrico con la chitarra battente, l’oud e il bouzuki con i mandolini e i flauti con le ciaramelle. La tradizione musicale campana si apre così non solo alle sonorità mediterranee ma arriva a lambire il pop, il rock e la new age attraverso sonorità eclettiche sempre accattivanti dal punto di vista musicale. A mantenere vivo il contatto con la tradizione del passato c’è l’attento recupero dei testi della tradizione in dialetto, attraverso un laborioso lavoro di ricerca sulle fonti tradizionali. L’ascolto rivela un disco brillante e per molti versi sorprendente, come nel caso dell’iniziale A Puntata, una tamurriata in salsa dance nella quale attraverso testi cantati in napoletano e arabo, i PietrArsa denunciano il sistema dei mass media e il loro impatto sull’opinione pubblica, o della altrettanto bella Nata Guerra una ballata dalle tenui sonorità mediterranee nella quale il dolore dei conflitti tra i popoli lascia spazio alla speranza di un mondo migliore, o ancora il singolo Stamme cchiù vicina, nella quale è raccontato il dramma della camorra. Nella seconda parte il disco, vira verso brani dalla matrice tradizionale come Madonna de Castiello, Rondianella e Miez’a festa de’ paranze, una travolgente tamurriata-etnopop nella quale vengono omaggiati alcuni dei grandi personaggi della musica campana. Tra i brani migliori del disco vanno segnalati la splendida Procidana in omaggio a Concetta Barra, riletta attraverso la lente new-age, il tributo a Renato Carosone con una scoppiettante versione de O’ Sarracino cantata in arabo e napoletano, ma soprattutto la splendida Elisabetta che chiude il disco, un brano sempre del repertorio di Carosone ma mai pubblicato nel nostro paese ma edito solo in Francia. Napoli World Style è dunque un disco tutto da ascoltare per capire dove sta andando la musica tradizionale napoletana, che da sempre si è mostrata ora apertissima alla contaminazione ora viceversa chiusa su se stessa, imprigionata dai languidi sapori neo-melodici.
Salvatore Esposito
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