Folkest, San Daniele del Friuli (UD), 30 giugno – 3 luglio 2023

L’idea del direttore artistico Andrea Del Favero è di “portare il folk dove è il pubblico” e non viceversa: prospettiva che mette al centro la musica nelle giornate sandanielesi ma che, talvolta, è andata inevitabilmente a confliggere (ad esempio con il palco collocato a piazza Vittorio Emanuele II) con i volumi spropositati dei dj set allestiti dagli esercenti locali. In tal senso, un coordinamento da parte di chi istituzionalmente gestisce questi eventi appare necessario. Ad ogni modo, tra le stelle dei giorni di San Daniele, al Castello abbiamo ben gradito il nuovo progetto del compositore Riccardo Tesi ed Elastic Trio (Vieri Sturlini, chitarre e voce; Francesco Savoretti alle percussioni), in cui la poetica dell’organetto del primo, che naviga in un mare aperto e ricco di rivoli sonori e di influenze, riceve il sostegno ritmico e armonico e il colore vocale di due musicisti eclettici e già affiatati, visto che hanno partecipato alla più recente opera discografica del musicista pistoiese, “La giusta distanza”. Di grande importanza è la nuova sezione del festival “Folkest showcase”, punto di osservazione della riproposta ma anche ricerca in chiave trad & world, in cui venti artisti emergenti hanno avuto modo di esibirsi di fronte ad addetti ai lavori del settore trad/folk/world, convenuti per l’occasione, per accrescere le loro relazioni professionali. Tra di loro c’è stato Alvise Nodale (classe 1995), chitarrista e cantante carnico tra i più apprezzati per la capacità di rielaborare materiali folk, ma anche di muoversi nell’alveo della canzone friulana. Sempre dal Friuli, i Corte di Lunas si muovono a cavallo tra musica antica e tradizione friulana con venature prog e “celtiche” à la Mc Kennitt, esibendo avvincenti polifonie. Cuerda y Teclas è il progetto del ghirondista spagnolo José Garrido, con alla voce e alle percussioni Elena Aranoa, esploratore di repertori sefarditi e della sua terra, La Rioja. Attinge a fonti plurime anche Linda Rukaj, che ne suo spettacolo “Valëz” si muove tra i canti della sua Albania, fragranze jazz e brezze di chanson francese. Non è ormai più un parvenu dell’organetto Alessandro D’Alessandro con il suo strumento preparato, considerato che “Canzoni” (Squilibri) lo ha portato nel 2022 in cima al Premio Loano. Nel set del 2 luglio, nella magnifica chiesa di Sant’Antonio Abate, ha mostrato da un lato di poter ancora spingere i limiti del suo organetto nel dialogo continuo con le macchine, ma anche di cercare nuovi percorsi sia ridando forza alla matrice più tradizionale nei
repertori sia mettendo a frutto l’interazione con i field recording: una prospettiva che senz’altro riserverà nuove sorprese. La stessa chiesa sconsacrata, ricca di mirabili affreschi, nella quale era allestita la mostra di liuteria (“Gli strumenti musicali di Leonardo da Vinci e dei maestri delle arti figurative”) a cura del Maestro Michele Sangineto, ha ospitato il trio polacco Wernyhora (voce, viola da gamba, violino, vielle e ghironda), un ensemble originale per l’impatto timbrico, avvolto tra musica antica e riproposta di materiali folklorici, che privilegia canti di area polacco-ucraina, guidato dalla voce potente e flessibile di Daria Kosiek. Sul fronte dell’eclettismo da tenere d’occhio pure il trio METE (acronimo di Music Enlightens The Earth), torinesi con chitarre, sitar, contrabbasso, basso elettrico, batteria, che assommano riff desert blues, scale indiane, jazz e improvvisazione in una commistione che deve un pochino trovare una cifra espressiva forse meno ondivaga. Intanto, hanno appena pubblicato l’eponimo lavoro per Dodici Lune che merita senz’altro l’ascolto. Per tornare a uno strumento della tradizione popolare italiana, Alessandro Gaudio e Salvatore Pace sono, invece, due organettisti provenienti dal Cilento e dalla Calabria, entrambi protegé di Riccardo Tesi, hanno dalla loro la tecnica e il gusto (affinatosi anche grazie alla decisiva “cura” del maestro toscano). Il loro progetto, che mette insieme
espressioni danzanti del Sud (Campania, Calabria e Basilicata), incontra ritmi zoppi e tango, risente talvolta del tratto del Maestro toscano ed è sfociato in “Passione Meridionale” (Visage), una delle novità più fresche del 2023 trad-folk italiano. Tra i nomi di punta dei giorni di San Daniele si sono visti i Tupa Ruja (feat. Michele Gazich al violino), vincitori del Premio Cesa 2022, Ual-la, il funambolico duo catalano vocale-percussivo dal piglio musical-teatrale, che si è affermato al Premio Parodi sempre lo scorso anno e che ha sorpreso e convinto anche in un set completo, il blues rock di Massimo Priviero e due nomi campani che rappresentano due mondi dei suoni popular e che si sono mostrati in ottima forma. In primo luogo, i 99 Posse in formazione rinnovata e arricchita musicalmente (ragga, elettronica techno, ma anche suoni un tantino più levigati), sempre antagonisti e fuori dal coro; eppure, non fermi sulle glorie dell’hip hop politico degli anni ‘90 del secolo scorso, a commentare lavoro, migrazioni e sfruttamento nell’Italia globalizzata del XXI secolo. Il giorno successivo, benché non circondata dalla vasta cornice di pubblico che ci si poteva attendere per un concerto gratuito di alfieri del folk, la Nuova Compagnia di Canto Popolare è stata protagonista di una serata superlativa per stile e resa sonora, con un recital che ha attraversato secoli di storia musicale di Napoli e dintorni: dalle villanelle all’opera buffa, dalle moresche al canto popolare contadino fino a un certo classicismo canoro, con gli hit di sempre e i più recenti richiami
arabo-mediorientali, costruiti da tre generazioni (perlomeno) di musicisti sul palco. Alla NCCP è andato il riconoscimento Premio Folkest-Una vita per la Musica. Un’attenzione particolare meritano anche quest’anno i FolkClinic, a cura dell’autore e operatore culturale Maurizio Bettelli e del musicista e cantautore Michele Gazich, con la collaborazione attiva del giornalista Felice Liperi. Si tratta di seminari e incontri pomeridiani destinati all’approfondimento, rivolti a un pubblico vasto non solo di addetti ai lavori, ma immaginati soprattutto per i giovani artisti. L’idea è quella di fornir loro una “cassetta degli attrezzi” molto ricca: ecco quindi, allo Scriptorium Foroiulense, i corsi con Riccardo Tesi e il suo organetto e con la “voce della Sardegna” Elena Ledda; e ancora il corso di danza popolare dell’etnomusicologa, etnocoreologa e violinista Dina Staro; ecco ancora le presentazioni del libro di Rodolfo “Foffo” Bianchi, Duccio Pasqua e Francesca Gaudenzi “Storie di straordinaria fonia” e del Dizionario dei Cantautori e delle Cantautrici del nuovo millennio di Michele Neri; da segnalare anche l’incontro anteprima con Federico Sirianni, Michele Gazich e Giovanni Straniero sulla canzone ribelle di Michele Straniero (restiamo in curiosissima attesa del disco in cui Gazich e Sirianni hanno musicato alcuni testi di Straniero di rara e intensa liricità). Vera cassetta per gli attrezzi è stato l’incontro con Valentina Zanelli: un workshop con l’obiettivo di orientare all’approccio del mercato musicale. 
Straordinariamente interessante e colto è stato il seminario sulle parole per musica che ha visto protagonista – con il supporto di Maurizio Bettelli e Felice Liperi – il cantautore e scrittore Marco Ongaro: in alcuni momenti più che un seminario si è trasformato in vero teatro. L’incontro su Parola e Musica si conferma un’intuizione felice (l’anno scorso c’era Michele Gazich) e ci auguriamo continui. Imprescindibile sul piano tanto teorico quanto tecnico la testimonianza di Roberto Fontanot, uno dei più importanti liutai europei, sull’amplificazione degli strumenti acustici. L’etnomusicologa Paola Barzan e Andrea Rucli hanno presentato “Il caso Adaïewsky – Storia di una viaggiatrice della musica”, illustrando la straordinaria figura di Ella von Schultz-Adaiewsky (1846 - 1916) pioniera degli studi etnomusicologici, studiosa ma anche compositrice originaria di San Pietroburgo, che condusse a cavallo tra XIX e XX secolo studi sui repertori musicali della Val Resia. Tutti questi incontri si sono svolti nella sezione moderna della Biblioteca Guarneriana. Abbiamo anche incontrato il direttore della biblioteca, Angelo Floramo, in occasione dell’evento di lunedì 3, prima che avesse inizio la finale del Premio Cesa, che ha aperto una nuova collaborazione tra Folkest e Rai Radio Techeté, sul tema “Il Friuli raccontato in Radio” attraverso i documenti sonori degli archivi. All’incontro hanno partecipato Andrea Del Favero ed Elisabetta Malantrucco della Rai. Come già accennato, si sono esibiti anche i sei artisti partecipanti alla
fase finale del Premio Alberto Cesa, la cui serata conclusiva è stata ospitata nell’Auditorium delle Fratte (a causa del maltempo che imperversava). Purtroppo, in questa occasione, quando ciascun artista, tra quelli selezionati in giro per l’Italia in session itineranti del festival (Suonare a Folkest), propone due brani dal proprio repertorio e un motivo in friulano selezionato tra una manciata di temi tradizionali proposti dalla direzione artistica, c’è stata la defezione dei Dimotika, tra i possibili favoriti con la loro proiezione balcanica, per seri motivi di salute di un membro del quartetto. Un vero peccato, in quanto l’esibizione al Castello dei giorni precedenti aveva convinto i presenti. Protagonisti, dunque, della serata conclusiva, presentata da Duccio Pasqua (Radio 1 Rai e Rai Stereonotte) e Martina Vocci (TV Koper/Capodistria), cinque gruppi. Si è iniziato con il duo Femina Ridens: Francesca Messina (voce e chitarra) e Massimiliano Lo Sardo (santur), in bilico tra medievalismo e sonorità folkloriche rilette in chiave più visionaria che filologica. Sempre dalla Toscana le voci e le corde dei Luarte Project, duo dalle coloriture carioca che hanno raccolto il secondo posto. Meno incisiva è apparsa la proposta dei friulani Yerba Buena Trio alle prese con un repertorio latino-americano. Bello il progetto in duo di Grama Tera, formato da Ricky Avataneo (voce, chitarra e armonica) e Umberto Poli (plettri), già fondatore de Lastanzadigreta, con un repertorio di ballate tradizionali e d’autore in dialetto piemontese (ma talvolta anche in italiano e francese) che assumono un’ambientazione folk-blues dal tratto scuro che fa andare a braccetto paesaggi del 
nord-ovest e juke joint del Sud degli States. A loro è andato il terzo posto, mentre il Premio Cesa è stato conquistato dai tarantini Yaràkä, che lavorano su materiali sacri e profani del sud Italia, con un occhio di riguardo verso la loro città d’origine combinato con timbri e ritmi afrobrasiliani. Seppure necessiti di accorgimenti nella dimensione live, il progetto pugliese è apparso in fase più avanzata rispetto ad altri. Hanno appena pubblicato il secondo album, “Curannera” (Zero Nove Nove), che sta ottenendo lusinghieri riscontri dalla stampa internazionale della world music. L’immagine della guaritrice tradizionale appartenente a culture orali apparentemente lontane diventa il ponte culturale su cui agisce il trio (voci, berimbau, chitarre, saz, doromb, flauto armonico, tamburi a cornice), che si discosta consapevolmente dalla proposta di “pizzica e dintorni” che purtroppo imperversa nel folk contemporaneo anche al di fuori della Puglia. A conclusione, occorre dire che si ha qualche riserva sulla formula dei contest giocati su 2-3 brani. Perché, se da un lato è vero che l’artista deve avere la capacità di andare a segno nel breve spazio di un set di 15 minuti, dall’altro non sempre la validità di un progetto può essere espressa in un tempo così sparuto, poiché alcuni progetti necessitano di costruire un’atmosfera in tempi più dilatati. Certo ciò è stato in parte possibile in Friuli nel corso dei tre giorni, quando gli artisti hanno proposto i rispettivi set nella cornice del Castello di San Daniele, ma poi, alla fine, è la serata finale che conta per la composita giuria di musicisti, giornalisti e operatori di settore convenuta nella località friulana. Folkest prosegue fino ad agosto con nomi di punta in programma, tra i quali Xavier Rudd, che ha suonato a Udine l’11 luglio, Enrico Ruggeri (Capodistria 15 luglio) e Randy Brecker con l’Orchestra dell’Accademia Musicale Naonis diretta da Valter Sivilotti (7 agosto, Udine). www.folkest.com


Elisabetta Malantrucco e Ciro De Rosa 

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