Federico Sirianni – Il Santo (Nota, 2017)

A quattro anni dal bellissimo “Nella Prossima Vita”, confezionato con Gnu Quartet, ritorna Federico Sirianni, una delle migliori penne della sua generazione, legato al cantautorato italiano classico e alle influenze americane, sempre decisamente e piacevolmente distante dall'universo indie che tanto stuzzica l’interesse e l’affetto di media e operatori del settore distratti e compiacenti. Senza ulteriori preamboli, “Il Santo” è un disco intrigante, lucido e poetico nella scrittura, ricco di influenze di autori che Federico ha masticato, digerito e assimilato (da Waits a Dylan e persino alcune atmosfere alla Calexico) ma rielaborati in maniera che la cifra della scrittura (l’uso così attento e consapevole della rima baciata è merce rara) e dell’esecuzione sia sempre personale e riconoscibile. Il resto lo fa la voce, bella e urgente come al solito, e intinta di ironia, di esperienza, di dolore, proprio come i personaggi di Buster Keaton raffigurato in copertina. L’ultimo lavoro del cantautore genovese («ma adottato da Torino in età adulta», come recita il comunicato stampa) non contiene alcun brano che possa essere classificato come un mero riempitivo, con almeno tre capolavori e una successione di canzoni di fattura incredibile. Alcuni brani (fra cui la title-track e la stupenda “Ascoltami o Signore”) erano già parte del repertorio degli spettacoli di Sirianni (solo o nel “No-Genova Tour” insieme a quel fuoriclasse che corrisponde al nome di Max Manfredi). Il disco si apre con “Il Santo”, testo magnifico con una musica solo apparentemente leggera e suoni che, con archi e slide guitar in bella mostra, ricordano le migliori produzioni di Nashville. Segue, la surreale “L’Iguana sulle Scale”, con l'arpa e la voce di Cecilia Lasagno. Dopo il parlato de “Il Campo dei Miracoli”, che profuma di cactus e di deserto, arriva la prima perla, “A Chi Serve” melodia vagamente dylaniana, bella introduzione degli archi e un piano che accompagna in maniera ricca e gentile allo stesso tempo e – ça va sans dire – un testo che rimane impresso. “Santa Maria dei Mesi” apre ai tre brani più belli del disco, le emozionanti “L'Amore in Fondo”, “Ascoltami o Signore” cantata insieme a Giua, brava cantautrice genovese, primo seme di questo disco, e “Con Te”. Il privato di un amore che finisce e la straripante felicità per una storia che comincia sono inframezzati da una preghiera laica e struggente che è anche un impietoso squarcio sui mali del mondo. La track-list procede con “L’Ultimo Blues dell’Umanità” (con l’inserto di “Last Blues, To Be Read Some Day” di Pavese), con un ambientazione sonora che riporta a New Orleans, le waitsiane “Dove” e “Dentro Questa Canzone”. A chiudere il lavoro, il gustosissimo duetto con Arturo Brachetti di “Mia Madre sta su Facebook”. Il disco, ben curato anche nel suono e negli arrangiamenti, è stampato dalla Nota, etichetta di rilievo anche in ambito etnomusicologico, nel bel formato CD-book, e contiene delle bellissime illustrazioni di Riccardo Cecchetti e un breve racconto di Giorgio Olmoti. 


Gianluca Dessì

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