Francesca Prestìa – Mare nostrum (DM Produzioni, 2016)

Tra passato e presente, Francesca Prestìa canta le donne coraggiose che sfidano i soprusi e i poteri criminali

Francesca Prestìa, catanzarese, costantemente in giro per la penisola per far conoscere le sue figure di donne valorose, combattenti, coraggiose, che sfidano il potere, la ‘ndrangheta e osteggiano i soprusi, è uscita in CD con “Mare nostrum”. Cantante, flautista, insegnante, Francesca compone le musiche e i testi delle sue canzoni in dialetto calabrese ed anche nell’antica lingua grecanica che è ancora parlata in diversi centri del reggino.

Come nasce questo lavoro "Mare nostrum"?
È frutto del lavoro degli ultimi sette anni. I brani da me composti, si potevano ascoltare solo durante i miei concerti. Viste le richieste, ho iniziato a registrare, poco per volta, brano per brano, con la collaborazione di eccellenti fonici e musicisti calabresi. Non trovavo però nessuno che credesse nella mia musica e il progetto è stato chiuso nel cassetto per tanto tempo. Un giorno mi è stato presentato da un amico calabrese il produttore Danilo Mancuso, manager di Roberto Vecchioni e Toto Cutugno, originario della provincia di Catanzaro. 
Gli ho chiesto di investire su questo mio sogno e, chissà forse per ‘solidarietà calabra’, ha scommesso ed è nato il disco con DM Produzioni. Lo ringrazierò sempre per questo ed anche per avermi dato la possibilità di conoscere e duettare con lo straordinario cantautore italiano Roberto Vecchioni con il brano in lingua calabro-greca “I Agàpi pirìa tu Thiù!” (“L’Amore è fiamma di Dio”) durante la serata finale di Musicultura 2015 a Macerata. Inoltre, devo a lui, l’incontro e la collaborazione con Lucio Fabbri, che ha curato il coordinamento artistico del CD, con Alessandro Marcantoni fonico del Metropolis Mastering di Milano e Massimo Germini, mitico chitarrista. Ho imparato molte cose durante quei momenti, artistiche e umane. Confesso che non ho provato particolari paure e timidezze. Mi sentivo a mio agio, lì tra gli artisti conosciuti e famosi. La forza delle mie idee teneva ben salde le mie gambe sui palcoscenici.

Il disco si apre con la title track, ispirata alla storia dolorosa di una donna africana in fuga… Il Mediterraneo è un mare che lascia spazio alla speranza?
Il Mar Mediterraneo è vita! È speranza!  I marinai lo amano e lo temono. Nei canti è il luogo degli addii e la strada dei ritorni. Il fatto che lo si possa attraversare in pochi giorni e che qualsiasi punto di questo “grande girotondo” possa essere raggiunto sia via terra sia via mare, ha consentito e facilitato movimenti e mescolanze di culture, lingue, tradizioni e sensibilità. Tutto ciò durante le guerre, i commerci, gli scambi, i racconti, i concerti, gli spettacoli, la cucina .... La civiltà europea è il prodotto delle contaminazioni mediterranee. Nella mia composizione si sente questo battito vitale, le dita del bravissimo pianista italoargentino Natalio Luis Mangalavite la rievocano; i colori della chitarra battente di Salvatore Familiari e del bouzouki e del mandolino di Giuseppe D’Agostino raccontano in musica i colori e gli odori e i sapori di tutta la vita e la speranza che pulsa nel e intorno al Mar Mediterraneo. Anche Nijat, la donna che racconto, è espressione di questa vita e di questa speranza, racchiusa nella frase che mi ha insegnato e che canto: “Ezi win yihalif yu! Ezi win krwiew yu! (“Tutto passa! Tutto passerà!”) Nijat, giunta dall’Etiopia ha sperato, ha resistito, ora, vive felicemente in Italia. Si è sposata e ha una figlia. La gioia dei loro sorrisi, postati su Facebook, ci dice che ancora c’è tanto spazio per la speranza.

Alcuni dei brani che proponi nell'album, per esempio “I Agàpi pirìa tu thiù”, Nciotata, “Fuja”, “Ballata di Antonuzza” sono ispirati a testi lirici dell'antichità come Cantico dei Cantici e la poetessa Saffo oppure a scrittori contemporanei calabresi, Alvaro e La Cava. Qual è il rapporto tra la tua composizione e questi scritti?
Nel canto d’amore in lingua calabro-greca (traduzione del Cantico dei Cantici curata dal poeta Salvino Nucera) è stata la lingua a guidarmi, il suono delle parole. Mentre le leggevo ho sentito la melodia e il ritmo. Per “‘Nciotata” è stato il mal d’amore che provavo per un uomo. I versi di Saffo, che pativa le stesse sofferenze più di duemilacinquecento anni fa, li ho trasformati in dialetto calabrese.  “Fuja” è la Pigiatrice d’uva di Corrado Alvaro in ritmo e musica. La “Ballata di Antonuzza” è la dolcezza e l’animo nobile di Mario La cava e dei calabresi. Tutti questi scritti mi hanno ispirato e li porto con me sempre. Li cunto e li canto, così come vuole la tradizione dei cantastorie che si perde nella notte dei tempi.

La figura femminile portatrice di fierezza e coraggio è centrale nelle tue canzoni: donne che sfidano la ndrangheta, testimoni di giustizia, brigantesse… cosa vuoi comunicare con queste scelte?
Che la donna del Sud è come un’olivara. Che è forte. Che dona. Che resiste. Che è bella. Che fa ombra. Che abbraccia. Che purifica l’aria. Che danza nel vento... 

Hai scritto una canzone, con la quale hai anche vinto un premio, ispirandoti alla figura della cantatrice mantovana Giovanna Daffini, figura chiave di “Bella Ciao” e del primo folk revival. In particolare cosa ti ha colpito in lei?
La sua semplicità. La sua umiltà. La sua determinazione alla vita. Il suo attaccamento alla terra. Lei, prematuramente orfana di madre, che per necessità, era diventata mondina in giovane età. Lei, che con la sua chitarra e il suo canto popolare, ha vinto la partita di una vita difficile.

Ci sono modelli canori che ti accompagnano in questo disco?
Nella mia voce c’è tutto il mio percorso musicale: la musica leggera, il canto corale del Conservatorio, il tango argentino dei maestri Beatriz Lozano e Hugo Einsemberg, il gospel della maestra Marcella Amoruso, Rosa Balistreri, Gabriella Ferri e Maria Carta.

Come si è indirizzato il lavoro in fase di arrangiamento?
Solitamente quando compongo un brano ho già in mente gli strumenti da utilizzare, la velocità metronomica e le dinamiche. Arrivo in sala d’incisione con le idee già abbastanza chiare; comunque, sempre, mi confronto con gli altri musicisti, con i loro gusti e i loro suggerimenti. Voglio ringraziare, a tal proposito, Lucio Ranieri della YARA Record, Saverio Garipoli  e Fortunato Serranò, che mi hanno affiancato per le registrazioni effettuate in Calabria, e Lucio Fabbri, per il lavoro svolto negli studi Metropolis di Milano.

La lingua che utilizzi è il dialetto e talvolta la lingua calabro-greca: come si sposa con l'utilizzo di sonorità più moderne? Ad esempio in una delle tracce interviene il rapper Mad Simon e l'ultimo brano del CD è un remix in chiave elettronica del tuo brano, per così dire, storico, che è “Nciotata”. Come concili queste scelte con le tradizioni della Calabria?
Ogni cosa evolve nel tempo. Anche le tradizioni. Io provo a sperimentare alcuni amàlgami musicali e timbrici, se piaceranno l’evoluzione andrà, anche, in quella direzione.



Francesca Prestìa – Mare nostrum (DM Produzioni, 2016)
Le tredici tracce di “Mare nostrum”, oltre un’ora di ascolto, arrivano con una grande forza comunicativa. Francesca Prestìa, cantautrice catanzarese, ha una voce dinamica che si muove tra il jazz e la musica leggera e guida l’ascoltatore con sicurezza. La title track racconta di una donna africana che fugge dal dolore e dalla violenza attraversando il Mediterraneo, in cerca di libertà: dopo le prime, raffinate, lievi note del pianista e compositore di origine argentina Natalio Mangalavite (che in bilico tra jazz, pop, folk e canzone d’autore, ha suonato e arrangiato per oltre vent’anni per Ornella Vanoni), partono gli accordi ritmati sulla chitarra battente e le note del bouzouki; poi arriva il canto, con un testo che è un inno al coraggio dei migranti in cerca di libertà. Seguono “Fuja”, ritmata tarantella calabrese per chitarra, organetto e tamburello e, in ottava posizione, “Comu l’ortica”: entrambi attingono a due racconti dello scrittore calabrese Corrado Alvaro. Nella “Ballata di Antonuzza”, liberamente ispirata al testo di un altro scrittore calabrese, Mario La Cava, il glockenspiel suonato dalla Prestìa insieme al ritornello che intona Jocamu, crea un’atmosfera quasi da sogno. “Mo sugnu brigantessa” si apre con la melodia della zampogna e si riferisce alle vicende di quattro donne, dalla Calabria e dalla Campania: Generosa Cardamone, Francesca La Gamba, Filomena Pennacchio, Michelina De Cesare; sono storie di sangue e di massacri, di donne stanche di subire soprusi. Nella “Ballata di Lea”, importante composizione, si racconta della storia di Lea Garofalo, atrocemente uccisa dalla mafia per la volontà di tirarsene fuori per salvare la figlia Denise. Con questo brano, in cui la voce di Francesca è accompagnata dalla chitarra classica e battente, dalla fisarmonica e dal mandolino, la Prestìa è stata anche premiata nel 2012 con una menzione speciale nel contest Musica contro le mafie. “I agàpi pirìa tu thiù”, uno dei più toccanti brani dell’album, è un canto d’amore ispirato al Cantico dei Cantici tradotto in lingua greco calabrese in cui la cantante duetta con Paolo Sofia. Anche in “Lu bene re la mamma si tu, figghia” il testo scritto in carcere da una collaboratrice di giustizia si fonde con una ninna nanna tradizionale calabrese. ”Nciotata” esprime il patimento d’amore ed è la libera traduzione in dialetto calabrese del sonetto Ode alla gelosia di Saffo, poetessa dell’antichità greca. Qui La Prestia canta accompagnata dalla lira calabrese e dal violoncello. Con “Si cca fusse Giovanna iddha cantèra” la cantautrice ha reso omaggio alla cantante popolare mantovana Giovanna Daffini, immaginando che ella si schierasse a favore della difesa dell’ambiente per proteggere la produzione di alimenti sani e non inquinati; questo brano fu premiato nel 2014, in occasione del 1° Centenario della nascita della Daffini. “Panaghìa mavri” è un brano a cappella –tra i più toccanti del CD- cantato in lingua calabro-greca, dedicato alla Madonna nera, i cui versi sono ispirati a quelli dei riti greco-ortodossi durante le feste dedicate alla Madonna. “Tantu nui simo e cchiù”, a ritmo di marcia, è stato composto pensando a sei figure di donne forti: Rita Atria, Lea Garofalo, Maria Concetta Cacciola, Rossella Casini, Ilaria Alpi e Francesca Morvillo e vede l’intervento del rapper reggino Mad Simon; in conclusione, la rekombinant version di “Nciotata” con apporti elettronici. Valenti musicisti accompagnano Francesca Prestìa in questo suo viaggio: Salvatore Familiari alla chitarra battente e chitarra classica, Sergio Uccello alla chitarra, Massimo Germini alle chitarre e mandolino, Andrea Bressi a zampogna, pipita e organetto, Alessio Bressi al tamburello, Federica Santoro al tamburello e alla lira calabrese, Salvatore Fiorentino alla lira calabrese e violoncello, Giuseppe D’Agostino a mandolino e bouzouki, Danilo Scopelliti alle percussioni, Vittorio Romeo alla fisarmonica, Alfonso Montagnese al sintetizzatore e Manuela Romeo ai cori. La voce appassionata e impavida di Francesca Prestìa, accompagnata dalla chitarrina battente, sua inseparabile compagna nei recital, sta a “Mare nostrum” come la sua figura, esempio di cantautrice di impegno civile e sociale, sta alle storie di resistenza e di riscatto di quelle donne e di quegli uomini che credono ancora, fortunatamente, che il mondo possa girare in modo diverso. “Mare nostrum” esce dopo “Mina ventu” del 2003, con le voci di alunni e alunne catanzaresi e testi popolari e dopo “Dedicato a Lea”, realizzato nel 2013 con il Ministero dell’Università e della Ricerca (Francesca, infatti, tra le tantissime qualità e riconoscimenti di cui è costellato il suo curriculum artistico e personale, è referente per il MIUR del progetto “Dedicato a Lea e a tutte le donne calabresi”, che promuove sul territorio nazionale la cultura della legalità e delle pari opportunità). Il CD – che non ha una distribuzione –, può essere richiesto a DM produzioni.


Carla Visca

Foto di Totò Musolino (6) e Alessandro Lo Piccolo (5)

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