Artisti Vari - Ez Kurdistan im (Nota, 2016)

#CONSIGLIATOBLOGFOOLK

Per Kurdistan si intende la vasta area abitata in prevalenza da popolazioni di etnia curda. Parliamo di un territorio di circa 450 mila kq. Il Kurdistan è una nazione, ma non è uno Stato indipendente l’area riconducibile alla nazione curda è divisa fra Turchia (la maggior parte del Kurdistan è situato all’interno dei confini turchi), Iran, Iraq e Siria. Comunità curde si trovano anche in Armenia e Azerbaigian, così come massiccia è la diaspora curda in Europa. «Io vengo dal Kurdistan, il paese che non c’è, come sapete. Esiste ma non c’è», così esordisce Hevi Dilara, nativa di Urfa, l’Edessa degli antichi romani, che è la curatrice, con Sandro Portelli, del CD-book. Quella della poetessa e cantante, rifugiata politica e attivista culturale, è una delle “Quattro storie parlate” (le altre sono quelle di Serhat Akbal, Cahide Ozel e Mem Alan) fissate in questo disco e trascritte nel booklet di 66 pagine che lo accompagna. Parliamo di “Ez Kurdistan im”, il cui sottotitolo è “Musica dal Kurdistan in Italia”, nuovo capitolo della collana Crossroads, prodotto del progetto “Roma Forestiera”, che documenta il fare musica dei nuovi italiani, realizzato dal Circolo Gianni Bosio e pubblicato dall’editore Nota. La musica curda utilizza i modi tradizionali (makam) della musica mediorientale; i canti sono monodici, a carattere strofico, con uno strumento, quasi sempre un cordofono a manico lungo, a sottolineare il messaggio del testo. 
Tra gli altri strumenti, alcuni dei quali presenti nelle tracce del CD, ci sono flauti, clarinetti, salteri e tamburi a calice e a cornice. Tra canti, storia orale, registrazioni sul campo raccolte durante manifestazioni e rituali, “Ez Kurdistan im” documenta ventisei testimonianze di resistenza esistenziale e culturale, di diritti calpestati e di criminalizzazione di settori di popolazione curda. Si ascoltano musiche tradizionali di matrice popolare, poesie entrate nella tradizione orale e canti d’autore provenienti dal canzoniere politico del celebre cantautore Şivan Perwer, rifugiato in Europa fin dagli anni Settanta, dal repertorio di Seid Yûsiv, Hozan Diyar e Mikail Aslan. Materiale di grande intensità lirica, che non può che produrre emotività nell’ascoltatore. Notevole il timbro di Serhat Akbal, interprete che ritroviamo più volte nel disco (segnaliamo “Dilè min behra wané”, “Adarê”, che si canta al Newroz, il Capodanno curdo, e la title track composta da Aram Tigran); il canto di Hevi Dilara splende nella ninnananna “Lori Iori”, con l’accompagnamento strumentale di Idris Kaya, e “Dayé Dayé”, incisa nel 1980 da Şivan Perwar, 
dialogo tra una madre e un ragazzo nello scenario del genocidio di Dersim perpetrato nei confronto degli aleviti curdi durante il primo periodo repubblicano turco, e interpretata dalla cantante con Mahmet Emir al saz e Ali Can alle percussioni e alla voce. Altro interprete che non passa inosservato è Younes Sade, il quale si impone con la voce nuda in “Canê”, canzone popolare in stile arabesco della regione del Kurdistan iracheno e in “Ez kive biçim”. La metafora della bellezza della donna accomunata a quella del Paese natio è un topos del canto di emigrazione e di quello politico: qui ne canta Abdurrahman “Mamoste” Ozel, che si accompagna al saz, (“Felek cibkim”). Altro interprete di cui tenere conto è il cantautore e pluristrumentista Mubin Dunen al flauto in “Perifer”. Non poteva mancare il gruppo AgirêJiyan (Il Fuoco della Vita), con un brano che fa parte della colonna sonora del film “L’albero” di Dagmawi Yimer. 


Ciro De Rosa

Posta un commento

Nuova Vecchia