Padova Jazz Festival, Padova, 6 - 23 novembre 2025

La 27a edizione del Padova Jazz Festival 2025, organizzato dall’Associazione Culturale Miles guidata da Gabriella Piccolo Casiraghi, ha offerto oltre due settimane di concerti e mostre invitando ad ascoltare diversi filoni sonori: la musica fusion afroamericana (Stanley Clarke), la rilettura della tradizione (Cécile McLorin Salvant), afrofuturismo e giustizia sociale (Camilla George), i recenti sviluppi del piano jazz di matrice afrocubana, (Roberto Fonseca e Alfredo Rodriguez); diverse declinazioni del jazz italiano (da Max Ionata al duo Taufik-Beccalossi). Ad aprire le danze giovedì 6 novembre all’auditorium del Centro Culturale Altinate è stato il superlativo trio di Uri Caine con Mark Helias e Ben Perowsky, seguito venerdì 7 novembre dal la perizia del New Quartet di Roberto Gatto, con Alessandro Presti (tromba), Alfonso Santimone (pianoforte, tastiere), Gabriele Evangelista (contrabbasso). Il festival si è poi snodato attraverso vari palcoscenici del centro cittadino: il Teatro Verdi, la Sala dei Giganti al Liviano, il Caffè Pedrocchi, la Nuova Sant’Agnese, ed alcune aule dell’Università di Padova. Per esempio, l’Aula Rostagni del Dipartimento di Fisica e Astronomia dove il trombonista Matteo Paggi (per Top Jazz il miglior “Nuovo Talento” 2025) ha presentato il suo quintetto. Come da tradizione locale, il festival sa intercettare un fedele pubblico anche la domenica mattina, per esempio nella Sala Rossini del Caffè Pedrocchi dove Il 9 novembre si è accesa la magia del dialogo fra le voci e la chitarra acustica di Roberto
Taufic e la fisarmonica a bottoni di Fausto Beccalossi in un felice andirivieni fra Brasile e Italia, sia interpretando composizioni proprie, fra chorinhos e ritratti di amici e familiari, sia rivisitando classici scritti da maestri che spaziano da Guinga a Henry Mancini. Ad attingere al meglio del repertorio jazz è anche il sassofonista e compositore Max Ionata che a Padova è di casa, insegnando al Conservatorio Cesare Pollini. Per l’occasione ha proposto il repertorio pubblicato l’anno scorso con l’etichetta Nuccia “Four Groovin’ One” in compagnia di Daniele Cordisco (chitarra), Elio Coppola (batteria) e Antonio Caps, con l’organo Hammond aB3 caratterizzare un sound molto lirico e coinvolgente, sia quando rilegge classici meno conosciuti, da “Caminhos Cruzados” (Jobim) a “From Day To Day” (Marcus Miller) a “Just Enough” (Hancock), sia quando propone i brani originali come “Via Del Corso” (M. Ionata, D. Cordisco), “Honey Bee” (E. Coppola) e “Looks Beautiful” (D. Cordisco). In sima al cartellone del festival campeggia la silhouette del bassista Stanley Clarke, protagonista di uno dei concerti conclusivi al Teatro Verdi il 20 novembre) in compagnia del vigoroso e torrenziale Mike “Black Dynamite” Mitchell, alla batteria,
Cameron Graves, al synth, e Beka Gochiashvili al pianoforte a coda e alle tastiere, con cui aveva già registrato nel 2018 “The Message” per la Mack Avenue Records. Il concerto ha fatto il tutto esaurito e ha proposto liriche versioni di brani di Mingus (“Goodbye Pork Pie Hat”, al basso elettrico) e Chick Corea (“Fiesta”) alternate a soli di contrabbasso, e, più spesso, a magistrali groove di accompagnamento su cui si scatenano, per la gioia del pubblico, i tre colleghi musicisti. L’attenzione per le immagini, tratto caratterizzante del festival, si è concretizzato nel concerto multimediale col pianista Emanuele Sartoris e il fotografo Roberto Cifarelli (il 12 novembre, Nuova Sant’Agnese) e nella mostra “Live Jazz” che nelle Scuderie di Palazzo Moroni – dal 30 ottobre al 30 novembre – ha presentato un’antologica del fotografo Michele Giotto, raccontando cinquant’anni (1975-2025) di scatti. Una seconda mostra, nella Sala Verde del Caffè Pedrocchi, dal 21 ottobre al 23 novembre, ha visto protagoniste le fotografie di Giuseppe Cardoni, mentre Anna Piratti ha dato vita al “happening “Toys?”, dal 5 al 9 novembre a Nuova Sant’Agnese. 


 Alessio Surian

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