Grandi dischi che hanno fatto la storia del rock e della canzone d’autore negli anni Settanta stanno arrivando a festeggiare il cinquantesimo anniversario dall’uscita, rimanendo sempre nel cuore degli appassionati, dando lo spunto per molte riedizioni discografiche e tour, dalle celebrazioni per i cinquant'anni del capolavoro di Patti Smith “Horses” e di “Wish You Were Here” dei Pink Floyd, a molti cantautori italiani. Non si sottrae ai festeggiamenti Francesco De Gregori, il cui disco “Rimmel” arriva anch'esso a spegnere le 50 candeline, e lo fa con un lunghissimo tour che sta toccando tutta l'Italia diviso in tre parti, iniziato nei teatri e nei palasport, per proseguire nei club. Ma il cantautore romano ci tiene a precisare a inizio serata che la parola celebrazione non gli piace molto, “non c’è niente da celebrare” dice, preferendo parlare di compleanno. Un compleanno molto atteso dal pubblico, per uno dei dischi più importanti e più amati della sua discografia.
Accompagnato dalla una band che lo segue da anni (Guido Guglielminetti basso e contrabasso, Carlo Gaudiello pianoforte, Primiano Di Biase hammond, tastiere, fisarmonica, Paolo Giovenchi chitarre, Alessandro Valle chitarra, pedal steel, mandolino e Simone Talone
batteria e percussioni, con le coriste Francesca La Colla e Cristina Greco), De Gregori inizia la serata con” Cercando un altro Egitto”, un brano dal forte impatto che cattura subito il pubblico, proposto in una versione rock in cui si esibisce anche all’armonica a bocca. Un inizio coinvolgente, a cui fa seguire “Via della povertà”, la sua traduzione di “Desolation Row”, con cui paga il tributo a Dylan, e sorridendo ammette: “le malelingue dicono che ho rubato molto a Dylan, e hanno anche un po’ ragione”. Atteggiamento sorridente e affabile e con un po’ di autoironia, che manterrà per tutta la serata, e quasi si scusa per aver parlato troppo. Dopo questo inizio rock arriva una parte più acustica del concerto, con brani come la bellissima “Atlantide”, con cui, dice, si entra nel territorio delle canzoni d’amore infelici, “Compagni di viaggio” e “Deriva”. Se “La leva calcistica della classe '68”, uno dei pochi momenti del concerto in cui imbraccia la chitarra acustica, è uno dei suoi brani più conosciuti, “Pittori della domenica” è il suo omaggio a Paolo Conte, autore del brano che evidentemente De Gregori apprezza molto avendolo più volte inserito nelle sue scalette, qui eseguito in una versione acustica con fisarmonica e contrabbasso.
Chiusa questa parentesi acustica arriva “Piano bar”, e si entra così nel mondo di “Rimmel”, eseguito per intero con le canzoni riproposte in maniera quasi filologica, dando prova anche di ottime interpretazioni vocali, tanto che sembrerebbe cantarle meglio oggi di allora. Da “Quattro cani” all’emozionante “Pezzi di vetro”, introdotta con la prima strofa cantata a cappella e continuata solo con l’accompagnamento del piano, all’acustica “Piccola mela”, al quasi country swing de “Il signor Hood”, alla fine della quale scherza col
pubblico: le sto facendo quasi uguali al disco, dice alludendo all’accusa che lo ha seguito per tanti anni di stravolgere le sue canzoni nelle riproposizioni live. Dopo Le storie di ieri, brano quanto mai attuale eseguito in una versione acustica introdotta da un solo al contrabbasso di Guglielminetti che cita “Eleanor Rigby” dei Beatles, arrivano infine i due capolavori tanto attesi dal pubblico, “Rimmel” e “Pablo”. L’impressione è che queste canzoni, a distanza di cinquant’anni, non abbiano perso niente del loro valore, riuscendo ancora a emozionare il pubblico, e che De Gregori, come interprete, sembra quasi migliorare col passare del tempo.
Lo dimostra anche con “La valigia dell'attore”, una delle canzoni più belle scritte sul mestiere di salire sul palco, che sia per fare l’attore o il cantante, e con l’intensa “San Lorenzo”, introdotta col racconto della foto del papa Pio XII nel quartiere San Lorenzo dopo il bombardamento, foto che gli diede lo spunto per
la scrittura del brano. Lo sguardo lucido sul presente della guerra in medio oriente de “Il panorama di Betlemme” apre al tris d’assi finale con tre capolavori accolti da grandi applausi: “Alice”, “Generale” e “Bufalo Bill”. Chiusura perfetta di un concerto impeccabile, a cui mancano però ancora tre piccoli gioielli eseguiti nei bis: se “Sempre e per sempre” e “La donna cannone” sono, in modo diverso, due brani molto intensi e profondi, la conclusiva “Buonanotte fiorellino”, con il suo andamento da valzer, diventa un modo per chiudere con un tocco di leggerezza, invitando il pubblico a scendere sotto il palco per ballare, regalandoci un altro momento di divertimento con un De Gregori che per tutta la serata ha mantenuto un atteggiamento sempre sorridente e affabile.
Giorgio Zito
Foto e video di Giorgio Zito
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