Si sono poi esibiti la Bumbe Orchestra, che nel suo rap mescola diversi dialetti sardi; e Andrea Andrillo, omone barbuto di infinita dolcezza e raffinata poesia che con la sua chitarra, splendidamente suonata, ha incantato il pubblico presente; e infine Claudia Crabuzza, accompagnata dall’organetto di Dilva Foddai. La serata è stata l’occasione di presentare due splendidi cortometraggi: “Nodas. Launeddas in tempus de crisi”, di Andrea Mura e Umberto Cao, prodotto dall’Associazione culturale Iscandula, protagonista le launeddas, strumento tradizionale sardo che richiede una tecnica complessa e sofisticata, tramandata di generazione in generazione; e “Un gramme de terre au jardins de Francis”, di Cyrille Claus, prodotto da Jean Jacques Torre, racconto di un laboratorio di scrittura di una canzone in diverse lingue minoritarie per la cui realizzazione è stato chiamato a raccolta un folto gruppo di straordinari musicisti e cantanti provenienti da diversi Paesi. La serata centrale ha visto protagonisti i finalisti del Premio Mare Llengua su cui, quale giurato che ha operato le scelte, sento il dovere di ribadire qui, come già su quel palco, la considerazione – condivisa espressamente da tutti i giurati – di aver dovuto affrontare una selezione estremamente impegnativa, dato il livello delle canzoni in gara: splendidi esempi di artisti, musicisti, poeti, veri narratori della contemporaneità e dei sentimenti che questo mondo complicato sta generando nell’animo umano. La giuria aveva già decretato la vincitrice assoluta del Premio: Agathe Catel, cantautrice di Montpellier, con la sua "Només" (ovvero “Solo”), canto struggente sul lasciare andare e l’assenza, che accoglie in sé l’universalità di quel sentimento in una frase che acquista, in questo contesto, un significato particolare: “So che chiunque capirebbe questa canzone”. Per la serata in teatro, i giurati sono stati chiamati a esprimere il proprio voto per l’esibizione dal vivo e, con l’occasione, per il testo. Il
maggior numero di preferenze per la Migliore esibizione è andato a Elisa Carta grazie a un’Interpretazione molto suggestiva e intensa della sua "Efisio Concas"; a Rusó Sala, cantautrice di Barcellona, è stato assegnato il Premio per il Miglior Testo: per chi scrive e segue l’artista da molti anni, la sua canzone "Deixa'm viure en Pau" (“Lasciami vivere in pace”), piccolo gioiello di scrittura in perfetto equilibrio tra cantabilità e raffinatezza melodica e armonica a dar voce a parole capaci di grande originalità su un tema usato quale è il desiderio di libertà, è la conferma di un talento davvero straordinario. Gli altri finalisti sono stati Noemi Balloi con Ànima Dannad (“Anima dannata”) e Silvia Pilia con la bella e nostalgica Occi tristhi (“Occhi tristi”). Tra gli ospiti, hanno deliziato il pubblico il duo corso-provenzale Liame (composto da Liza L’Occitane e Lionel Giacomini), il cantautore e musicista valenciano Joan Peiró Aznar e Federico Perantoni Marras. Ospite d’onore della serata il cantautore Setak, talento della Terra d’Abruzzo, già vincitore lo scorso anno, con “Assamanù”, della Targa Tenco per il Miglior album in Dialetto e Lingue minoritarie, e prima ancora, nel 2020, del prestigioso Premio Città di Loano con “Blusanza”. È un cantare intimo, il suo, una voce poco più che sussurrata nella sua lingua madre, appunto, che è il dialetto abruzzese: una scelta dettata dal bisogno profondo di esprimersi in modo autentico, pienamente emotivo. E così nascono anche le canzoni portate sul palco algherese, struggenti di amore per le semplici cose di ogni giorno, del sentirsi perduti quando si è lontani: “E mó fa ciele di ferre e d’argende/[…] famme curagge e huardeme ‘nfaccje/nin ‘mma lassà ‘nna vije/Corre corre corre corre pi
ndi pinzà/[…]ca’ sti parole gnove nimmi vuje ‘mbarà/ecche ngi stà paese, nin ci sta città” (“E mo il cielo è di ferro e d’argento/[…] fammi coraggio e guardami in faccia/non mi lasciare in mezzo a una via/[…] E corro corro corro corro per non pensarti/[…] queste parole nuove non me le voglio imparare/qui non ci sta paese, non ci sta città”, Curre curre); sapori e profumi mischiati assieme a comporre una poetica del quotidiano: “Gire vende e mi 'ggire stu córe che pane e ‘ccicorje e pinzijre m’ arportane a ‘tte/cagne lu tembe e lu Sole mi scacce lu sonne e ‘ddumane ti pozze abbraccià” (“Gira il vento e gira il cuore mio che pane e cicoria e pensieri mi riportano a te/cambia il tempo e il sole mi scaccia via il sonno e domani ti potrò abbracciare”, Pane e ‘ccicorje). Così, tra lontananza e bisogno di tornare, Setak trova qui una casa perfetta per il suo modo di intendere le radici: cercarle, trovarle, e da esse riemergere con un linguaggio personale e solido, nuovo e antico insieme. Oltre ai tanti appassionati delle sue canzoni, Setak ha conquistato anche il cuore dell’imprenditore conterraneo Alberto Leonardis, che con generosità e passione lo supporta e lo segue, e che – invitato sul palco – ha avuto parole di profonda stima per lui e di aperto apprezzamento per questo Festival, che riporta la poesia in musica al centro dell’incontro tra culture. La serata finale, aperta da Joan Aznar e Claudia Crabuzza, è stata riservata al Premio Pino Piras: inaugurato nel lontano 2008 e dedicato alla canzone in catalano algherese, torna oggi in questa rinnovata veste, ancora radice di nuovi germogli. E ha decretato quale vincitore assoluto il numeroso e colorato gruppo Arbre del Peix, composto da Andrea Donapai (voce e chitarra), Michelangelo Corbia (chitarra),
Ignazio Caruso (basso), Sergio Intelisano (batteria) e Angelo Salaris (Tastiere) con "És llumera o és alba" (“È luce o è alba”). Enrico Ceravola si è aggiudicato il Premio per il Miglior Testo di "Com passa el temps" (“Come passa il tempo”), nostalgica di pianoforte e voce, e Stefano Pinna con Franca Masu per la Migliore Interpretazione di "Somni d’amor" (“Sogno d’amore”), deliziosamente giocata su atmosfere d’antan. Gli altri finalisti del Premio sono stati Eleonora Peana con "La coorga i la gerra", ovvero “La cornacchia e la brocca”, ispirata a una fiaba di Esopo, e Gabriella Caria con la commovente ninna nanna "Bella mare" (“Bella madre”). Il pubblico ha inoltre potuto ascoltare molti ospiti, tutti davvero interessanti: dall’occitano Renat Sette in duo con Gianluca Dessì alla chitarra, ad Antonello Colledanchise, a Davide Casu e a Manuel Attanasio. Nel corso della serata è stato consegnato un premio a Paola Mura, maestra di scuola primaria e persona amatissima e acclamata da tutta la comunità di Alghero, per la sua fondamentale attività, all’interno delle istituzioni scolastiche, a supporto del mantenimento e della tradizione della lingua algherese. Un sontuoso inizio, dunque, per questo nuovo Festival al quale auguriamo lunga vita e, intanto, un arrivederci al prossimo anno.
Alessia Pistolini
Foto di Mauro Madau
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