Africa Express – Africa Express presents… Bahidorà (World Circuit Records, 2025)

Il progetto Africa Express non ha bisogno di molte presentazioni, anzi di nessuna. Damon Albarn, che lo ha inventato (certo non da solo ma dandogli una spinta fondamentale), si è distinto, come sappiamo da un po’, anche nei settori delle musiche di ispirazione popolare non occidentali, lasciandosi permeare, ormai una ventina di anni fa, dai suoni e dalla cultura musicale del Mali. L’idea di Albarn fu, al tempo, semplice ma anche articolata in varie direzioni. Che potevano portare a infinite soluzioni. Comunque fu semplice perché si configurò – nella forma di un treno vero, pieno di musicisti, che attraversò per un lungo periodo l’Inghilterra – come uno spazio di convergenza di musicisti per gran parte africani e europei, accomunati dallo sguardo lungo sulle collaborazioni musicali e su una scrittura molto performativa, i cui primi effetti si sono avuti (con risultati straordinari) con gli album “Egoli” e “Molo”. L’idea, però, è anche articolata perché Africa Express reclama una serie di elementi sociali e culturali (insomma anche politici). Perché è divenuta un’organizzazione non profit, con l’intento di facilitare le connessioni tra musicisti e artisti africani, mediorientali e occidentali, a cui hanno aderito anche alcuni grandi star della musica internazionale: da Paul McCartney a Tony Allen (con il quale Albarn ha collaborato al geniale progetto The Good, the Bad & the Queen), Brian Eno e Fatoumata Diawara. Come ci dice infatti Giovanni Ansaldo su “Internazionale” – nello spazio di un dettagliato articolo pubblicato in occasione del concerto degli Africa a Ostia lo scorso luglio – questo progetto è sostanzialmente “un gruppo di persone che ogni tanto si riunisce per condividere momenti di vita quotidiana, mangiare, bere e suonare. E che registra album, fa concerti e aiuta persone in difficoltà”. L’album che qui presentiamo, e che i media internazionali hanno ampiamente trattato negli ultimi mesi, è il risultato di tutte queste cose. Più la volontà di ampliare lo scenario di riferimento. Difatti è stato concepito e realizzato in Messico, a seguito di un’esibizione al festival Bahidorá. I musicisti sono rimasti lì qualche tempo, hanno suonato spostandosi in diversi luoghi e registrato “Africa Express presents… Bahidorà”, un album profondissimo e denso, che raccoglie oltre venti brani che richiamano in pieno quella dimensione performativa di cui si diceva all’inizio e che vede la partecipazione di musicisti di varia provenienza, che sperimentano, attraverso rap, pop e suoni percussivi con varie forme espressive tradizionali sudamericane: dalla cumbia alla salsa. Il percorso dell’album è quanto di più eclettico si possa immaginare, sia sul piano timbrico che esecutivo. Da un lato perché, come detto, i musicisti che intervengono sono numerosissimi e diversissimi (Mare Advertencia, La Bruja de Texoco, Eme Malafe, Luisa Almaguer, Joan As Police Woman, Nick Zinner e Baba Sissoko). Dall’altro perché la natura stessa del progetto non permette omologazione né ripetizione: tutto deve scorrere nella sperimentazione e tutto deve rigenerarsi in un confronto fuori dagli schemi, da cui emerge una sintonia musicale trascinante e, soprattutto, una sovrapposizione rigenerante e generativa. Seguendo i partecipanti – tutti sulla stessa lunghezza d’onda in quanto a energia e partecipazione – si realizza che, come ha detto qualcuno, questo non può che essere considerato uno dei migliori esempi di world music contemporanea. E perché no? Non solo vi sono tutti gli elementi per considerarlo tale (lo diciamo con l’ormai usuale e non del tutto scevra di noia diffidenza nei confronti di quel termine lì), ma abbiamo una finestra spalancata sul mondo contemporaneo di quei tratti per nulla scenografici che assumono l’interpretazione e la sperimentazione sulle musiche un tempo (o forse anche ora?) tradizionali. Affidiamoci allora ai grandi musicisti presenti per comprendere appieno quanto sia vasta la scena su cui possiamo affacciarci: oltre ai già citati e ad alcuni altri che non possiamo per ragioni di spazio citare, vi è Seye Adelekan al basso (sodale di Albarn ormai da anni), Bootie Brown, che compare in “Otim Hop” con l’ugandese Otim Alpha, Los Pream e le due percussioniste del Burkina Faso Melissa e Ophelia Hié, che sostengono una buona parte della splendida tensione dell’album. 


Daniele Cestellini

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