Micaela Tempesta, cantautrice napoletana di grande esperienza e intelligenza artistica e dalle doti vocali potenti - eppure piene di grazia (anche nei momenti in cui denuncia rabbia e disappunto) - si è aggiudicata con merito il Premio Bianca d’Aponte 2025, grazie al suo brano “Veleno 2.0”.
E anche il Premio “Fausto Mesolella”, assegnato dalla giuria critica, ex aequo con la genovese Nove (Roberta Guerra), oltre che un anno di assistenza legale e manageriale da parte di Siedas: in realtà sono stati tanti i riconoscimenti assegnati, come sempre, sul palco. Molto premiata è stata ad esempio Chiara Ceccatelli (Malto), cantautrice senese che ha ottenuto la Targa “Oscar Avogadro” al miglior testo e il Premio “Na stella” assegnato dal Virus Studio, che le consentirà l’incisione di un brano con la produzione di Alessandro Guasconi e Ferruccio Spinetti; quest’ultimo è, ricordiamolo, il direttore artistico del Premio Bianca d’Aponte. A Malto anche il premio dell’etichetta “Maieutica dischi” di Veronica Marchi, mentre alla friulana Momi (Monica Comisso) il riconoscimento per la migliore composizione musicale; alla sicula Indelicato (Giorgia Maria Indelicato) il premio per la migliore interpretazione. Alla piemontese Giglio la proposta di una collaborazione artistica con l’etichetta “Suoni dall’Italia” di Mariella Nava. Inoltre, alla vincitrice, o, se non disponibile, a una delle finaliste, andrà la proposta di un anno di consulenza manageriale e ufficio stampa da parte di Freecom.
Che i maggiori riconoscimenti siano arrivati a queste artiste è – a parere di chi scrive – giusto; non ce ne vogliano le altre: un’esibizione collettiva in un Teatro autorevole e in un contesto emotivamente forte, un confronto aperto con un pubblico, che per quanto non sia ostile è comunque necessariamente giudicante, non è facile per
nessuno. Ci vuole passione e dedizione, è necessario inciampare, sbagliare, riprovare, farsi delle domande. Tentare magari nuove strade. Se a qualcosa sono utili questi contest è proprio nel proporre il confronto, l’incontro, lo scontro se necessario (con se stesse, gli errori, le testardaggini, i confini, le presunzioni), e l’intenzione di guardare con coraggio al futuro.
L’ambiente del Premio d’Aponte è familiare per natura, accoglie, ti fa dormire con una ninna nanna, ti coccola, ti riscalda e ti fa da mangiare. Poi però la vita va intrapresa al di fuori. Esiste comunque la possibilità sempre di fare un passo indietro, di chiedere aiuto a uno qualunque della famiglia per un consiglio, una spinta e scarpe nuove per andare in altra direzione.
Chi torna indietro per un attimo troverà di certo Gaetano d’Aponte, il patron del Premio ma anche il padre di tutte le concorrenti di oggi e del passato. Troverà Gennaro Gatto e Giovanna Vitagliano. E un buon consiglio artistico di Ferruccio Spinetti, o di Alessandro Crescenzo, che come sempre ha diretto, con dedizione e serenità, la Resident Band del Premio.
Su questo possiamo garantire noi che siamo rimasti catturati e irretiti in questa magia e malìa che è il Premio d’Aponte nella sua proposta musicale di certo, ma anche nel mistero dell’armonia. Peccato che questo non lo riescano fino in fondo a capire proprio gli aversani, i concittadini di Bianca.
L’ultima sera, dopo un legittimo sfogo sul palco di Gaetano - che non ha potuto assicurare l’appuntamento all’anno prossimo per le difficoltà oggettive, di logistica e di accoglienza che comunque garantisce sulle sue sole spalle ogni anno - c’è stata un po’ di maretta.
Ma il Premio va aiutato. Quella sera stessa chi scrive ha avuto modo di
scambiare due parole con gli amministratori locali, di cui comprendiamo le difficoltà oggettive a livello economico. Sappiamo che quando possono danno un piccolo contributo in servizi, ma occorre altro; laddove non ci sono soldi, c’è però la possibilità politica di agire. Di aiutare a trovare sponsor, per esempio, di aiutare con il settore alberghiero, soprattutto di fare da ponte con la Regione Campania che sembra ignorare l’esistenza di questo Premio, così essenziale al futuro. Di tutti.
Un piccolissimo gruppo di persone volenterose, infatti, consente e ha consentito in anni e anni la presenza in città di nomi straordinari della musica italiana, dai tempi in cui era direttore il mai abbastanza compianto Fausto Mesolella, fino all’era Spinetti.
Che una volta venuti, ogni anno fanno carte false per tornare, innamorati di questa famiglia che non aspetta altro che accogliere dentro anche i concittadini di Bianca d’Aponte: perché rimanete fuori a guardare? Venite anche voi. Vi aspettiamo.
Questa è stata un’edizione ricca di momenti pieni di commozione e bellezza. Ne citiamo alcuni. Durante la serata di venerdì sera (Il premio ha visto la conduzione professionale, piena di acume e anche di allegria e coinvolgimento sincero dell’insostituibile Ottavio Nieddu), ricordiamo l’esibizione di Manuela Zero e quella di Carolina Bubbico, da sola e poi accompagnando Cristiana Verardo, già vincitrice del Premio e fresca dell’uscita del suo nuovo album. Bel momento anche quello dell’irlandese Naomi Berrill, vincitrice del Premio d’Aponte International, dopo la sua esibizione al gemellato Premio Parodi (dove ha vinto anche il Premio della critica). È poi stato il momento del Premio alla carriera della città di Aversa a
Carlo Marrale, che ci ha fatto cantare tuffandoci nel passato e nelle note dei Matia Bazar, insieme con una splendida Silvia Mezzanotte. Ma a chi scrive l’emozione più grande è arrivata dai giovani allievi del Liceo Domenico Cirillo, che hanno interpretato una delle canzoni tra le più intense di Bianca d’Aponte: “Cose lontane”. Bellissima anche l’apertura della vincitrice del Premio 2024 Valentina Lupi, con il brano “7 minuti”, dedicato idealmente a tutte le donne che vivono momenti di estrema fragilità e vulnerabilità, di fronte a una società che non lascia possibilità, di fronte alle guerre, di fronte ai genocidi, di fronte alla mancanza di pietà.
Nella serata di sabato 25, l’apertura ha però lasciato segni nell’anima di chi ha ascoltato. Ha iniziato Brunella Selo accompagnata dal contrabbasso di Ferruccio Spinetti, con un omaggio meraviglioso a Fausto Mesolella e Stefano Benni. I due, infatti, avevano scritto insieme un album di grande intensità poetica: “CantoStefano”: Brunella e Ferruccio hanno interpretato “Tulipani”, forse il brano più bello.
Standing ovation per il secondo momento della serata: Ferruccio e Mimì Ciaramella hanno accompagnato idealmente Bianca, nel suo brano “Anima Scalza”; la sua voce è arrivata da ogni angolo del Teatro. Era sopra, intorno e dentro di noi. I musicisti hanno fatto il resto, come il resto è stato fatto nell’album “Ensemble per Bianca d’Aponte”, uscito il 24 ottobre, che è a tutti gli effetti l’opera prima di Bianca, dopo l’opportuno restauro da parte di Tommy Bianchi - con il supporto di Foffo Bianchi - e di Alessandro Guasconi. Gli amici del Premio (“Noi siamo un arcipelago”) si sono divisi i compiti e un ensemble di musicisti ha prodotto brano per brano. Ma questo sarà raccontato da Blogfoolk in un altro articolo.
Dopo la gara, è stata poi la volta di Veronica Marchi e di
Valentina Lupi: Veronica è stata la prima vincitrice del Premio, Valentina ormai la penultima. Hanno scelto di scrivere un pezzo insieme: un esempio delle sinergie straordinarie che nascono durante i giorni aversani.
Momento di grande delicatezza è stato quello del violinista Edoardo Amirante che, accompagnato da Alessandro Crescenzo al piano, ha suonato “E qualcosa inventerò” di Bianca.
È poi arrivato sul palco Bungaro con un set delicato e poetico e infine, dulcis in fundo, la madrina, Levante. Chi scrive ce l’ha avuta vicina durante il contest. Ha ascoltato le finaliste con grande attenzione, prendendo appunti, partecipando di cuore. Era arrivata il giorno stesso ma si è capito che ci ha messo pochissimo a entrare in sintonia, a diventare della famiglia, a comprendere - mettendoci il cuore - il senso del tutto. Mentre interpretava con coraggio, forza e stile, “Via da me” di Bianca, i suoi occhi erano pieni di lacrime, Non solo i suoi. Il suo set è stato coinvolgente, la sua partecipazione commovente.
Blogfoolk Magazine, nato in terra campana, vuole il Premio d’Aponte e lo vuole ad Aversa. Lo vuole con le sue mozzarelle di bufala, con le polacche a colazione, con le madrine che ogni anno vogliono tornare per sempre e sono sempre di più, con gli spettatori che arrivano dall’Italia e diventano fan abituali, e anche con le stonature che qua e là le finaliste ogni tanto ci regalano con gli occhi pieni di emozione e paura. E con Bianca d’Aponte, che era un’anima scalza e nomade e andava in giro col corpo e con la mente. Ma poi - come facciamo tutti noi, dopo un viaggio alla ricerca delle nostre radici e delle nostre poche certezze – ritornava a casa sua: ad Aversa.
Elisabetta Malantrucco
Foto di Elisabetta Malantrucco
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