Mirko Onofrio, Carla Bley, La ragazza che urlò “Champagne!”, Le Pecore Nere Editore, 2023, pp.151, 12,00 euro

Nel 2007 il giovane Mirko Onofrio, oggi direttore artistico del quarantacinquesimo Festival Jazz di Roccella Jonica, vede da lontano Carla Bley seduta su una panchina del bellissimo lungomare della città calabrese, la osserva ammirato da lontano, reprime l’ardore e non ha il coraggio di avvicinarsi per la paura di ardere, perché "se ti avvicini troppo, il fuoco ti può bruciare" dice. Nella serata del 27 agosto 2025, nello stesso luogo, racconta pubblicamente questo episodio, segno che lo ha metabolizzato regalando all'artista e al suo pubblico una serata musicale tematica dedicata proprio a Carla Bley, durante la scorsa edizione del festival. Da quell'episodio e da una grande ammirazione, Onofrio ha approfondito gli studi sull'artista che è diventata oggetto della sua tesi di laurea e di un libro che è stato presentato nel corso della stessa serata. Senza mezzi termini dice di avere da sempre un particolare ascendente per quest'artista. Di fatto il lavoro che presentiamo è un autentico atto d’amore per l’artista. Ha un titolo curioso "Carla Bley, la ragazza che urlò “champagne", altrettanto curioso è il nome della giovane casa editrice calabro-argentina Le pecore nere e curiosissimo anche il nome della sua collana musicale, “Il fonicottero", dato dal suo curatore Carlo Cimino, intervenuto anche durante la presentazione e autore dell’introduzione del libro. Tra l’altro egli scrive nella presentazione del libro “Dal Microcosmo al macrocosmo, da anonima Cigarette Girl a musicista capace di gestire e di comporre per un’intera orchestra, dal jazz alle avanguardie europee, da Lovella May Borg a Carla Bley, questo libro vi guiderà amorevolmente nel mondo di una grande protagonista della musica del ‘900 che fortunatamente ha sempre conservato dentro di sé lo spirito della “ragazza che urlò: champagne!”. Con Cimino erano presenti, oltre all'autore, la responsabile calabrese della casa editrice Maria Pina Iannuzzi, Giuseppe Rossi, grande cultore di jazz, e, addirittura, la figlia di Carla, Karen Mantler, anche lei musicista, dal caschetto d'oro uguale a quello della madre. Nella stessa serata, successivamente, si è esibita in trio eseguendo musiche della eclettica madre. Un eclettismo quello di Carla Bley dettato anche da motivi biografici e che si muove tra surrealismo poetico (si pensi della collaborazione con il poeta Paul Haines), e un’ascendenza barocca, nel senso più nobile del termine, ovvero come recupero dei primi insegnamenti ricevuti da suo padre, probabilmente basato su partimenti e improvvisazioni alla tastiera, tecnica che ritornerà nella scrittura di alcuni suoi brani in cui lascia all’esecutore una certa libertà di interpretazione. Probabilmente questo l’eclettismo questo ha a che fare la scelta di Onofrio come direttore artistico, di impostare l’edizione 2025 del festival tra sperimentalismo e canone, proprio com’è nello spirito di Carla Bley. Nei primi due capitoli vene narrata la vita artistica di questa grande artista dalla nascita agli esordi e in cui sui evince che essa è strettamente legata alla sua vita privata, l'entrare e uscire da situazioni sentimentali e private fa il paio con l'entrare e uscire da un linguaggio jazzistico free e intimo, tradizionale e innovativo. La prima fase della sua vita, come si diceva, è sicuramente contrassegnata dalla figura paterna, il pastore protestante californiano di origini svedesi Emil Borg che la inizia alla musica. In questo periodo ha la sua prima formazione musicale legata soprattutto alla musica sacra, scrive le sue prime composizioni e comincia a guadagnare qualcosa suonando come pianista per una scuola di danza di Berkeley. Si trasferisce poi a New York dove incontra Paul Bley che sarà il suo primo marito prendendone il cognome. In un primo momento vive alla sua ombra ma ben presto il suo istinto di pianista e compositrice comincia a farsi spazio componendo i deliziosi “Early schort pieces” in cui il suo originale stile tra l'ironia, il graffio, l’enigma e il sentimentale è già ben presente. Si tratta appunto di brevi brani, spesso di poche misure, però dal profondo tratto espressivo e interpretativo di cui nel secondo capitolo de libro sono riportati con perizia esempi pentagrammati e attente e intriganti analisi. La storia con Paul finisce e un nuovo amore è alle porte: si tratta del compositore austriaco con forti connotazioni manageriali Michael Mantler che è il padre di Karen. In questo periodo potrà dare sfogo a tutto il suo essere creativa, continuerà a compiere per pianoforte, dirigerà orchestre e comporrà musica, sia per big band, sia per orchestra classica. Composizioni parossistiche di questo periodo sono “Jazz realities” in cui emerge la presa di coscienza di essere una musicista bianca, rivalutando così le sue radici europee, poi la dark opera “A Genuine Tong Funeral” con musicisti di eccellenza come il quartetto del vibrafonista Gary Burton e una sezione fiati con nomi come Gato Barbieri, Steve Lacy e lo stesso Mantler, e “The Liberation Music Orchestra” che la vide anche nella veste di arrangiatrice con un’orchestra guidata dal grande Charlie Haden. Il rapporto con Michael è destinato ad esaurirsi e comincia così una nuova avventura con il bassista Steve Swallow e in quel periodo realizzerà quattro importanti produzioni discografiche: in quelle opere Carla Bley si attesta come una delle fondatrici del free jazz. Come nota Onofrio, ella non sarà solo una delle voci più sperimentali e innovatrici del Novecento ma ne sarà in assoluto la prima importante compositrice, in quanto donna, della storia del jazz. Compone per orchestra, borderline con il classico, “3/4” con al pianoforte addirittura Keith Jarret che non ebbe però una buona accoglienza. Da questa delusione la Bley prova la strada dell’easy listening, facile per chi ascolta ma non certamente per lei che quella musica ha pensato e composto. Il terzo capitolo del libro è diviso in due parti, nella prima viene preso in esame “The Eternal Return of the Same” e nella seconda “Escalator Over Then Hill”. Come emerge anche dall' intervista finale all’artista, forse sarebbe riduttivo considerare alcuni suoi lavori maturi dei concept album ma piuttosto, viste le vaste e varie dimensioni di questi lavori, piuttosto un “work of art inclassificabile e impenetrabile allo stesso tempo" che l'avvicinerebbero al concetto, a quei tempi ben metabolizzato, di 'opera aperta' di Umberto Eco. Un libro, disponibile anche in formato Ebook, che si legge facilmente come un racconto, da consigliare sia a chi si occupa in modo approfondito di jazz, sia a chi si voglia avvicinare da profano alla musica di questa geniale artista. 

Francesco Stumpo

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