Duo Ruut – Ilmateade (Autoprodotto, 2025)

Nel recensire e nell’ascoltare album provenienti dai paesi del Nord Europa è evidente l’importanza, se non la centralità, della natura e delle sue mutevoli espressioni, nella musica e nella cultura di quei paesi. Così è anche nel caso del duo estone Duo Ruut, che al tempo meteorologico ha dedicato il suo nuovo album, il cui titolo in estone significa appunto “bollettino meteorologico”. In “Ilmateade” Ann-Lisett Rebane e Katariina Kivi non si limitano però a suggerire, attraverso forme musicali, il solo mutare del tempo, ma descrivono e raccontano le sensazioni, le emozioni e le relazioni che sussistono tra l’esperienza umana e le condizioni meteorologiche. Relazioni che nelle dodici tracce dell’album a volte sono evidenti, a volte sottintese, o per meglio dire sottese. Così in “Udu” (“Nebbia”) si racconta delle emozioni che prova un viaggiatore che si muove in un paesaggio avvolto dalla nebbia. “Vastlalaul” (“Canzone da slitta”) è una metafora della vita: dopo una spinta iniziale la slitta scivola sulla neve, guadagnando mano a mano velocità. Certo incontrerà ostacoli e impedimenti, ma con la perseveranza la corsa potrà continuare. Attraverso la descrizione di un Abete rosso (“Kuuse koht”) caduto nella foresta si parla di un viaggio nell’anima, innescato dal dolore dovuto a una perdita, che diventa anche un momento di crescita. In “Hobuse mäng” (Gioco del cavallo), attraverso un gioco pieno di riferimenti alla natura sono svelate verità nascoste, viene mostrato il potere della parola, e quanto sottile sia il velo che divide il reale dall’immaginario. “Pulmadeks” (Canzone per il matrimonio) è un canto d’augurio, in cui gli elementi naturali sono chiamati a farsi messaggeri e custodi dell’amore tra gli sposi. “Suvi rannas” (“Estate sulla spiaggia”) parla delle ore passate su una spiaggia spazzata dal vento dal tramonto fino al sorgere del sole, che tutto colora, mentre “Prima del crepuscolo” (Enne ööd) racconta di quel momento della giornata in cui, tornando verso casa, c’è spazio per i ricordi, con la consapevolezza che ogni passo che si sta compiendo riporta verso i luoghi a cui si appartiene. “Vilud ilmad” (Tempo uggioso) spinge a guardare nelle vite degli altri, che nell’intimità delle proprie stanze con resilienza attendono il ritorno del bel tempo e della luce. La pioggia di “Saja, lase” (Pioggia, diluvio) porta via le vecchie tracce e fa prendere coscienza di un qualcosa che termina, ma una volta passata ci si rende conto che la strada verso casa e verso una nuova condizione si è fatta più ampia e luminosa. Aperto e chiuso da due brani senza parole, in cui le voci si fanno puro suono, l’album è un viaggio nella natura e nelle emozioni da essa generate con il suo cambiare nel corso dei giorni e delle stagioni. E come tutti i viaggi anche in questo caso c’è un momento di sosta. Accade a metà dell’album, con il brano intitolato “Interlude”, in cui un delicato motivo porta l’ascoltatore a immaginarsi su una panchina ombrosa ai bordi di una strada, dove si può riflettere sul tragitto percorso e su quello ancora da compiere. La musica di “Ilmateade” ha un carattere crepuscolare (o aurorale), cioè di quei momenti di passaggio tra giorno e notte, tra buio e luce. Momenti quasi sospesi, in cui tutto è più intimo, le parole sono essenziali e sussurrate, il tono della voce è dolce e pieno d’umanità. Queste atmosfere sono condivise dai musicisti ospiti, che pur colorando con il proprio stile i brani a cui partecipano si adattano con naturalezza ai suoni di Rebane e Kivi: il duo Puuluup e il suo folk occhieggiante a sonorità anche molto lontane dall’Estonia in “Vastlalaul”; il cantautore Erki Pärnoja in “Interlude” e, infine, in “Enne ööd”, EiK, giovane musicista e cantante al confine tra hip hop, punk ed elettronica. Elettronica che è l’ordito su cui i suoni acustici (in primis quelli della cetra a 42 corde), quelli sintetizzati e le voci costruiscono affascinanti trame sonore, trasmettendo vibrazioni e suggestioni perfettamente in linea con lo spirito dell’album. I testi sono tradizionali estoni e ben si mescolano a una musica che è sì contemporanea, ma le cui radici affondano nel fertile terreno della cultura popolare. 


Marco G. La Viola

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