Musicali si nasce o si diventa? Ci sono persone amusicali? Come può guarire la musica? Come la si ascolta e perché farla ascoltare? Come e quali animali la percepiscono? Perché un brano ci emoziona o ci spinge a muoverci? Sono domande apparentemente ingenue e alla portata di tutti alle quali, questo lavoro di Andrea Ravignani (Università “La Sapienza“ di Roma), Elvira Brattico (Università di Bari) e Alessio Surian (Università di Padova), appena pubblicato dalla collana Universale Laterza, fornisce puntuali risposte e documentate ricerche scientifiche consegnando anche gli strumenti per affrontare ulteriori domande. Il libro è pensato e scritto con una chiarezza espositiva e un linguaggio comprensibile sia agli addetti ai lavori, sia a chi con curiosità si approccia per la prima volta a queste complesse tematiche. La psicologia della musica, disciplina orami secolare, ha avuto in Italia un momento di urgenza negli anni Ottanta quando, esattamente nel 1985, durante un convegno a Bologna organizzato dal Dams, un gruppo di musicologi, semiologi e pedagogisti, da una parte lamentavano la mancanza strutturale della disciplina all’interno del mondo accademico italiano e, dall’altra, ponevano ad essa delle precise domande per cercare strade nuove nella ricerca. Da allora il campo si è molto allargato, nuovi corsi sono nati all’interno delle università nazionali, nuove discipline si sono affermate e nuove istanze sono state poste alla psicologia della musica. Tra queste, un ruolo fondamentale è quello della educazione speciale, della musicoterapia e delle nuove conquiste nel campo delle neuroscienze (si cita per tutte quella dei neuroni a specchio). Il processo percettivo aurale è universale e uguale per tutti gli esseri umani e non solo, proprio per questo illuminanti risposte all’antropologia e alla world music possono essere fornite dalla lettura del libro in questione. La complessa fruizione di un raga indiano, di un gamelan balinese, di una fuga di Bach o di una sinfonia di Mahler hanno, a livello percettivo, meccanismi molto simili, diciamo che sono musiche che stanno sotto lo stesso cielo e, grazie a lavori come questo, si può provare a superare ogni dicotomia tra concetti come oralità e scrittura o tra apprendimento accademico e contestuale. A nostro avviso, i tre autori sono riusciti benissimo nei loro intenti perché hanno orchestrato un lavoro che, oltre a colmare un gap esistente, si rivela come un utile strumento per una larga gamma di professionisti che va dagli insegnanti di musica a cui necessitano nozioni psicologiche, agli psicologi che si possono servire della musica come mezzo di indagine e ricerca, a chi scrive di musica e a che la analizza. Un libro che si legge agevolmente, ma che si può studiare e approfondire per confrontarlo con lo stato dell'arte di chi lo legge e fruisce. Il volume consta di nove capitoli ognuno dei quali affronta una precisa tematica grazie a ‘uno sforzo di sintesi della ricerca condotta nell’arco di decenni da psicologi e neuroscienziati’. In ogni capitolo si approfondisce un problema fondamentale della disciplina 1. Musica e musicalità: un approccio interdisciplinare e transculturale. 2. La psicologia della musica in 10 brani 3. Siamo tutti musicali: la psicobiologia della musica 4. Come siamo diventati animali musicali? E siamo gli unici ad esserlo? 5. Siamo tutti musicisti? 6. Quando diventiamo bravi, e perché? 7. Emozioni in musica, 8. Musica che cura, 9 Il cervello musicale umano. Il libro utilizza spesso una modalità induttiva che dal particolare arriva al generale. Può essere fruito perciò anche in modo modulare, oltre che lineare, con una tecnica simile a quella della ricerca sulla rete. Per fare un esempio, si può partire dalla lettura del secondo capitolo, in questa prospettiva vero cuore del lavoro e, a nostro avviso, elemento attrattore e originale. In esso si propone infatti una playlist di 10 brani tutti da ascoltare, ognuno dei quali affronta richiama concetti teorici del lavoro, rimandando con precisione ai relativi capitoli.
Nello specifico, il primo brano “Stir It Up”, Bob Marley affronta il tema del movimento in relazione al corrispettivo percettivo del fenomeno ritmico dell’off beat, ampiamente approfondito nei capitoli 3-5-6. Il secondo brano, “Birdland” dei Manhattan Transfer, ci pone davanti al potere del groove i cui schemi percettivi sono analizzati ancora nei capitoli 3-5. Il problema della stabilità fisica della regolarità ritmica viene sollevato nel terzo brano, “We Will Rock You” dei Queen, in riferimento soprattutto al capitolo 4, mentre la forza di aggregazione sociale della polifonia vocale si evince nel quarto brano di estrazione tradizionale “Yeli, Pigmei” (Congo Settentrionale) che trova giustificazione psicologica nel capitolo 4. Il quinto brano, “Ninna nanna”, di Riccardo Tesi & Giua-6-7 evidenzia il potere catartico e pedagogico delle ninnananne rimandando ai precetti teorici dei capitoli 5. Nel sesto brano, “Baby Shark Dance”, corroborato ancora nei capitoli 5 e 6, troviamo il principio della ripetizione, uno dei topos basilari della musica, che affascina e non annoia. Il settimo brano “Barbapapa’s Groove”, dei Barbatuques, rimanda all’aspetto educativo, a cui fa da sfondo l’intero libro, ed è dedicato, in particolare all’embodied cognition, oggi molto praticata sotto forma di body percussion, ma già teorizzata da Dalcroze. Come esempio dello sviluppo della memoria a breve e a lungo temine troviamo il “Preludio in Do maggiore” di Johan Sebastian Bach, argomento ampiamente trattato nel capitolo 5. L’argomento del nono brano “Desh Rāga”, Ranjani-Gayatri Vocal Duo è invece la capacità di rivivere e gestire le emozioni rimandando al capitolo 7. Nel decimo e ultimo brano proposto, emerge la capacità di guarigione della musica, base della musicoterapia, ampiamente trattato nel capitolo 9. Il lettore (o il recensore) di questa rivista troverà in questo libro sicuramente degli ottimi spunti di riflessione. L'approccio psicologico al fare e all'ascoltare musica, essendo di tipo meta musicale, è da sempre quello fondamentale, nel passato lo si applicava empiricamente dando vita a quelle che sono studiate come regole teoriche e grammaticali della musica grazie a lavori come questo, sappiamo che quelle regole sono basati su principi percettivi universali (vedi ad esempio l’armonizzazione dell’ottava). Il lavoro è corredato anche da esplicative tabelle e immagini, come quella sui corrispettivi significanti musicali dei sentimenti di p.154-155 o quella sui circuiti cerebrali musicali a p.204. Inoltre, parti integranti ne sono le biografie degli autori da cui emerge il loro percorso scientifico e anche i ringraziamenti, fondamentali poiché in un lavoro collettivo così ben coordinato si sente il bisogno di riconoscere chi a vari titoli lo ha sostenuto e promosso.
Concludiamo con le parole degli autori “La psicologia della musica, tema di questo libro, indaga la musicalità in tutte le sue sfaccettature. In altre parole, la psicologia della musica studia i processi mentali, (neuro)biologici e fisiologici che sottendono la percezione, l’emozione, la creazione, l’apprezzamento e l’interazione musicale”.
Francesco Stumpo
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