Autrice del libro che vi presento è Hiram Salsano, musicista, cantante e studiosa del canto di tradizione orale, il cui album d’esordio, “Bucolica”, è stato disco dell’anno di BlogFoolk Magazine (2023) e ha ricevuto il Riconoscimento al Premio Loano per la Musica Tradizionale Italiana (2024) come migliore album d’esordio di una giovane artista. Salsano riveste anche un ruolo istituzionale come docente di “Canto popolare” nel Dipartimento di Musiche Tradizionali del Mediterraneo presso il Conservatorio “Tchaikovsky” di Nocera Terinese (Cz).
Il titolo “Chi fa ammore va camminanne” deriva da uno strambotto, localmente denominato “barzelletta”, utilizzato durante l’esecuzione dei canti sul tamburo (le cosiddette tammurriate).
Il sottotitolo “I giovani e la ricerca dei canti di tradizione orale in Campania” esplicita l’obiettivo della pubblicazione che si configura come resoconto articolato di un’esperienza etnografica pluriennale (2004-2009) di analisi delle pratiche vocali e strumentali, condotta da un gruppo di giovani cultori e musicisti organizzati sotto il nome di La Tammorra dei Monti Lattari. Il riferimento è alla dorsale montuosa dell’Antiappennino campano, che costituisce l’ossatura da cui si originano la penisola sorrentina sul versante nord e la Costiera amalfitana su quello sud. L’origine del nome, il “Lactarius mons” dei Romani, sembra sia riconducibile alla produzione di latte del bestiame allevato in quest’area.
Il testo si caratterizza per uno stile di scrittura volutamente non aderente a formule accademiche, improntato alla descrizione diretta, alle note di campo e alla rievocazione aneddotica, scelta che se da un lato ne facilita la fruizione, dall’altro sacrifica talvolta la sistematicità metodologica e l’inquadramento teorico rispetto alla letteratura etnomusicologica di riferimento. Tuttavia, la scelta autoriale risponde a una chiara intenzione comunicativa che privilegia l’esperienza vissuta sul campo, valorizzando il dato umano ed emozionale connesso all’incontro con i cosiddetti “portatori della tradizione”.
Dopo aver attraversato alcune delle cittadine dell’area che dai Monti Lattari si spinge in prossimità dei paesi Vesuviani (San’Antonio Abate, Casola, Lettere, Gragnano, Pimonte fino a Castellammare di Stabia), accompagnando le informazioni con citazioni di testi di strambotti, canti a dispetto e voci di venditori, si entra nel cuore della trattazione.
L’attenzione si rivolge ai contesti performativi, rituali e festivi, nei quali il canto sul tamburo si esplica come pratica sociale condivisa, regolata da codici esecutivi impliciti e strutturata secondo modelli di partecipazione comunitaria. L’analisi si estende alla ricostruzione delle estetiche locali e delle modalità di trasmissione orale dei repertori, in particolare alla funzione sociale della performance. Si dà conto dei luoghi d’elezione: feste religiose legate alle celebrazioni mariane, ricorrenze di santi della chiesa cattolica e feste private. Non meno importanti, dunque, i riferimenti agli spazi nei quali si produce l’azione performativa.
Nei capitoli successivi sono raccolte le visite ai contesti rituali e festivi del canto sul tamburo; sono richiamati i nomi di cantatori e cantatrici, suonatori e suonatrici, molti dei quali ormai considerati interpreti storici – figure autorevoli per molti ricercatori, già a partire dagli studi di Roberto De Simone – e musicisti di fascia urbana. Sono personalità che incarnano “saperi” riconosciuti, qui restituiti nella loro dimensione viva e relazionale. L’elenco compone un vero e proprio pantheon della tradizione orale di questo territorio del napoletano: Salvatore Donnarumma, Giannino Del Sorbo, i “Scalioti”, Anna Rosanova, Francesco Todisco, Fedele Avino, Francesco Avitabile, Raffaele Inserra, Sabatino Albano e Nonno Catello. Un apparato iconografico è un ulteriore tassello della lunga ricognizione e dei tanti incontri tra giovani e anziani, segnati nella narrazione dall’enfasi sulla dimensione collettiva del fare musica, dal forte stato emozionale e di tanto in tanto dal tratto nostalgico o forse dalla consapevolezza della scomparsa di conoscenze di repertori e di prassi esecutive distintive a fronte della “spettacolarizzazione della tradizione”.
Di grande rilevanza è la sezione sonora del volume, che raccoglie le registrazioni sul campo, parte della ricerca sonora di Catello Gargiulo, diplomato in fisarmonica, polistrumentista, costruttore di tammorre, ricercatore indipendente e fine cantatore dall’ampio repertorio che spazia perlomeno dall’entroterra napoletano all’area cilentana, arrangiatore del progetto “Bucolica” di Salsano, partner musicale, tra gli altri, di Raffaele Inserra e di Gianluca Zammarelli. Ascoltiamo, mediante codice QR diciassette tracce, di cui sono riportati, oltre agli interpreti e al contesto di fissazione, anche i testi originali (con la consulenza di Pino Lodato) e la traduzione in italiano. Gli esecutori sono i magnifici suonatori di cui si è detto sopra. Ne merge uno spaccato musicale di grande interesse: si tratta di fronne aulive, canti sul tamburo, canti a dispetto, canti sul lavoro, fronne ‘e limone, un canto a’ figliola, canti alla carrettiera. La raccolta ci consegna suonate imperdibili per la caratura dei performer.
In definitiva, il volume di Salsano si presenta come una testimonianza che unisce documentazione e coinvolgimento personale in un’opera che, pur non ambendo a una sistematizzazione teorica esaustiva restituisce la ricchezza del patrimonio musicale orale campano, con un dispositivo narrativo che combina testo, immagini e suono. Lettura e ascolti da non farsi mancare: che si sia cultori o studiosi di musiche di tradizione orale o si sia musicisti che si rivolgono a “fonti sonore” dalla cui sapienza farsi permeare a fondo, per poi trovare e sviluppare la propria autonoma voce.
Ciro De Rosa