Folk Holidays Festival, Náměšť nad Oslavou (Repubblica Ceca), 27 luglio – 2 agosto 2025/Maraton hudby Brno (Music Marathon Brno), Brno (Repubblica Ceca), 7 - 10 agosto 2025

Festival estivi nel cuore dell’Europa

Negli ultimi dieci anni, l’attenzione del pubblico e degli operatori della world music si è spostata verso l’Europa Centrale e dell’Est. Nel 2015, il Womex – il World Music Expo – si è svolto per la prima volta al di là della ex Cortina di Ferro, a Budapest, in Ungheria. Da allora, sono nati decine di nuovi festival e eventi showcase, come il Pin di Skopje o il Czech Music Crossroads a Ostrava. Forse vi starete chiedendo: vale davvero la pena attraversare il continente per partecipare? Se ne ricaverà un’esperienza che giustifica il viaggio e la spesa? Proverò a rispondere, concentrandomi su due eventi che si svolgono in Moravia, la regione orientale della Repubblica Ceca. E sì, è una buona idea esplorare anche le regioni fuori da Praga, la capitale. C’è una ragione molto concreta per farlo: a Praga, la concorrenza spinge i programmatori dei festival a orientarsi verso proposte più mainstream. Nelle regioni, invece, la scena è più varia e ti permette di uscire dai sentieri battuti. Iniziamo il nostro viaggio da Náměšť nad Oslavou (letteralmente: Náměšť sul fiume Oslava), una cittadina pittoresca a circa 20 minuti in auto a sud di Brno, il capoluogo della Moravia.
Una strada tortuosa sale sopra il paese e porta a un castello con parco, dove dal 1986 si tiene il festival Folk Holidays. Per decenni, l’evento ha mantenuto un formato intimo, con una platea di 800–1300 persone per concerto, che riempie il parco in modo equilibrato. Il fatto che la programmazione sia poco commerciale contribuisce a mantenere le dimensioni ridotte del pubblico: sono gli ascoltatori più curiosi e avventurosi a scegliere di passare le vacanze a Náměšť. 
Con un budget limitato, non è facile portare artisti del calibro di Sam Lee, Amsterdam Klezmer Band o Habib Koité nella campagna morava, ma il direttore artistico, Michal Schmidt, ha sviluppato alcune strategie efficaci: “Il nostro festival dura otto giorni, da sabato a sabato. Ma dal lunedì al giovedì, le band in tour sono meno impegnate e i cachet più bassi rispetto ai weekend, quando suonano nei grandi festival”.

Vacanze al castello
Il programma si fonda su un bilanciamento attento tra artisti internazionali e locali, includendo anche la vicina Slovacchia, un paese disegnato da valli e catene montuose, dove le tradizioni musicali si sono conservate più a lungo che a ovest. Uno dei gruppi slovacchi più ispirati, Dis is Markéta, propone arrangiamenti intelligenti con violoncello e pianoforte e melodie originali. Il loro brano più potente, “Hrajžemi”, suona come un successo senza tempo. Ricordo che alcuni colleghi internazionali hanno paragonato le loro strutture melodiche uniche al repertorio dei Beatles, due generazioni fa. Un’altra artista speciale dalla Slovacchia è Júlia Kozáková, cantante non Rom che si dedica alla tradizione musicale rom dell’Europa dell’Est, accompagnata dagli strumenti chiave del genere: cimbalom, contrabbasso, violino e viola. È un’artista con un futuro brillante: dopo gli studi alla SOAS (School of Oriental and African Studies) di Londra, proseguirà la formazione al Berklee di Valencia nel prossimo semestre. Una delle sorprese più belle del lunedì sera è stata Mandé Sila, un superquartetto dell’Africa Occidentale con il virtuoso del balafon Aly Keïta e Habib Koité, che ha chiesto di essere indicato come
sideman e non headliner, per esprimere il suo rispetto per l’eredità musicale Mandé. Ogni sera, il set principale di tre concerti nel parco del castello è seguito da un’esibizione più intima in una venue raccolta. Il trio Gilgul, insolita combinazione di chitarra, batteria, flauto e voce, si è esibito nella sala multifunzionale “Vecchio Opificio Tessile”. Il loro repertorio nasce da antichi testi ebraici, trasposti in linguaggi musicali contemporanei, creando incantesimi sonori. Il loro “Lekha Dodi”, poema liturgico del XVI secolo, ha mantenuto il suo messaggio spirituale, ma oggi sembra appartenere alla stessa famiglia del gospel del profondo sud americano. Altri spunti in breve: Muireann Bradley, giovane chitarrista e cantante irlandese di 19 anni, proveniente dal Donegal, che rivisita standard di ragtime e blues storicamente cantati da uomini; Tcheka, tra i più noti cantautori di Capo Verde, in duo con il pianista cubano Rolando Luna: un incontro tra due maestri più che un dialogo vero e proprio. Il momento culminante degli otto giorni è stato il duo Justin Adams & Mauro Durante. So che “BlogFoolk Magazine” li ha elogiati tante volte. Posso solo aggiungere, da non italiano, quanto sia unica questa collaborazione tra due culture diverse: la pizzica del Salento e il blues anglofono. Funziona non solo musicalmente, ma dimostra anche come le emozioni si traducano facilmente da una cultura all’altra. Il duo si è esibito mercoledì, e poi è tornato in quartetto venerdì con “Trance nad Oslavou”, insieme a Alessia Tondo (Canzoniere Grecanico Salentino) e Yousra Mansour (Bab L’ Bluz). Quest’ultima suona uno strumento a
doppio manico costruito su misura, che unisce guimbri gnawa e mandola algerina, con il nome del gruppo scritto in caratteri tamazigh. Questo è stato il debutto mondiale del progetto, nato da una serie di e-mail dopo il Womex 2024, e che si spera continuerà l’anno prossimo. Entrambe le cantanti avevano già collaborato all’ultimo album del duo, “Sweet Release”. Il festival è un’esperienza completa, che offre molto più della musica: mostre, attività diurne articolate, laboratori (tra cui lezioni di tango e passeggiate nel bosco con canto, guidate da Sam Lee), giochi per bambini, e un colloquio di due giorni con interventi accademici successivamente pubblicati. Tra gli ospiti principali di quest’anno, il conduttore radiofonico e produttore norvegese Sigbjørn Nedland. Oltre al suo intervento nel colloquio, ha presentato il suo libro “Kultur-Retur”, che racconta la storia della world music non per regioni, ma per rotte migratorie. La sua presentazione di 60 minuti, ricca di immagini e clip musicali, si è intitolata “Music in Motion – 15 Viaggi Musicali attraverso 5 Continenti e 100 Secoli”.

Maratona in città
Il secondo festival, Music Marathon Brno, si è svolto esattamente una settimana dopo a Brno, la seconda città più grande della Repubblica Ceca, con 400.000 abitanti. È molto diverso nella forma, ma simile nell’obiettivo: creare un ponte tra il pubblico generale e artisti che meritano maggiore attenzione. Come 
format, si tratta di un festival urbano, simile a tanti eventi estivi in Europa, come il Bardentreffen di Norimberga, attivo da quasi cinquant’anni. A guidare il team del festival ci sono l’imprenditore musicale David Dittrich e Milan Tesař, segretario attuale dei World Music Charts Europe, subentrato al fondatore Johannes Theurer. Il festival si svolge in varie location cittadine: alcune gratuite, altre a pagamento; alcune nel centro in aree per buskers, altre più periferiche come il grande Velodromo di Brno, altre ancora in spazi raccolti e raffinati del centro storico. Con decine di artisti che si esibiscono in contemporanea, questa è solo una selezione: per un report dettagliato servirebbe una vera “squadra” di giornalisti. Partiamo dai momenti salienti. Sväng è una superband finlandese tutta di armonicisti. Le foto promozionali potrebbero far pensare a un’operazione ironica, ma dal vivo è tutta un’altra storia. Fin dal primo brano – un pezzo balcanico dedicato alla leggenda Rom Taraf de Haidouks – è chiaro che qui siamo lontani anni luce dalla routine. Da lì, passano a sonorità americane, in un mix sorprendente. L’ultimo album è ispirato al tango nuevo e si intitola “Svängo Nuevo”. In Finlandia, il tango ha una seconda vita (con la fisarmonica al posto del bandoneon), e Sväng continuano a romperne le regole. “Suonerete Satumaa, il tango finlandese più famoso, rifatto anche da Frank Zappa?” “No, è troppo mainstream,” ha risposto Eero Turkka, che ha un passato davvero variegato: ha iniziato nel blues (imitando Little Walter), e poi ha vissuto dodici anni in Bulgaria. Anche l’armonica, a quanto pare, cambia completamente significato a seconda del contesto. Una
parte importante del Music Marathon è la residenza artistica. Per il 2025 è stata assegnata al maestro delle percussioni indiane Trilok Gurtu, pioniere nell’integrazione del ritmo “tala” indiano nella musica occidentale, noto per le sue collaborazioni con gli Oregon. A Brno ha tenuto un workshop e tre concerti molto diversi tra loro: con il quartetto d’archi italiano Arké, con un quartetto jazz europeo, e infine da solo, in un concerto che ha ripercorso la sua carriera, dai tributi a Don Cherry all’ironico “Like Popcorn”, un incontro immaginario tra Miles Davis e Bollywood. La musica balcanica è uno dei grandi richiami del festival, e la Balkan Night al Velodromo ha visto sul palco prima i Dumai Dunai, punk-party band di Montreal, nati dalla scena balcanica-slava canadese, poi i Dubioza Kolektiv, storica band bosniaca che mescola punk e impegno politico autentico. Tra le voci più forti della diaspora ex-jugoslava c’è Jelena Popržan, compositrice e violista nata in Serbia e residente in Austria, che si esibisce come one-woman band, tra tecnica sopraffina e racconti intensi. Dalla Slovacchia arriva invece Ildiko Kali, vincitrice del prestigioso Radio Heads Award nella categoria World Music. Rom di origine, ma lontana dagli stereotipi: il suo album “Jore Jore” gioca con melodie provenienti da culture diverse, che si incastrano in modo quasi magico. Il filo conduttore? Il feeling – l’equivalente Rom del duende andaluso.
 
Da segnare in agenda per il 2026:
Folk Holidays a Náměšť: 26 luglio – 1agosto
Music Marathon Brno: 6–9 agosto, con Džambo Aguševi Orchestra e Fanfare Ciocărlia insieme sullo stesso palco.


Petr Dorůžka

Foto di Davy Sims (1-2) e Barka Fabianova (3, 4, 5, 6, 7)

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