Nel 1993 per celebrare un secolo di vita del cinema, Le Quartz e il Festival del cortometraggio di Brest commissionarono a Kristen un commento sonoro originale dell’opera. È lenta descrizione di donne silenziosamente sedute sulle rocce costiere che aspettano con ansia il ritorno dei mariti pescatori usciti in barca nella notte, vestite di nero scrutano l’orizzonte e il mare in tempesta, livido e deserto sotto il vento che si leva. Le profondità cristalline dei suoni dell’arpa fluttuano come lunghissime alghe sospinte da maree nel descrivere il sentimento di attesa, prima dissonanti e magmatiche, infine ricomposte. Baz Valan è suite che inizia vivacemente sincopata e narra delle intermediazioni a base di abbondante sidro, di un sensale di matrimonio secondo antichi rituali e usi nuziali bretoni. La lunga cerimonia contemplava svariati avvenimenti legati alla vita contadina nell’organizzazione della quale questa figura intermediaria risultava spesso presente. Poteva trattarsi di un mendicante, un sarto o un ricamatore ovvero le tre figure che, frequentando molte case, erano maggiormente in grado di consigliare le unioni più opportune. Il “Messaggero Di Matrimonio Della Giovane” si presentava presso i suoi genitori munito di calze di vari colori e un bastone di scopa (“baz valen” in bretone) fiorito, simbolo d’amore e grazie a ciò veniva immediatamente riconosciuto. È un brano molto antico ma ricordato grazie all’esecuzione in quel di Elliant ad opera di Hervé Le Meur (fondatore della Keltia Musique) durante la Seconda Guerra Mondiale, in coppia (cornamusa-bombarda) con Pierre Le Beuz. Ricordiamo anche le riprese registrate da Jacky Molard o Dan Ar Braz. Kernow, unica composizione originale di Surman, visto il suo significativo titolo, appare di scaturigine etnica, in perfetta sintonia quindi con il progetto in questione; zigzagando raggiunge motivo all’unisono con l’arpa per poi sparire lentamente tra le brume. Meno di quattro mesi prima Surman lo aveva inciso in trio con Anouar Brahem all’oud e Dave Holland al contrabbasso; anche in quel caso si trattava della sua sola composizione contenuta in Thimar (ECM Records). Il tradizionale bretone Le Scorff rende dolcemente omaggio a questo piccolo fiume costiero che attraversa numerosi e differenti paesaggi del Morbihan, la cui sorgente si trova a nord-ovest di Lanwelan (Langoëlan) presso il villaggio di Saint-Auny (Mellionnec, Côtes-d'Armor). Il lungo e lento percorso scorre su un substrato granitico, attraversa due fasce scistose per terminare nell’estuario di Lorient dove, dopo essersi unito al Blavet, termina la corsa gettandosi nell’Atlantico del Finistère sud. La liricità del sax di John Surman guizza tra le sue onde purificando l’anima. Diriaou (giovedì) è stato il primo pezzo suonato insieme dai due musicisti, trattasi di una composizione sonora precedentemente utilizzata per la creazione de “Les Trois Nuits” messa in scena durante il Festival Des Tombées De La Nuit di Rennes 1983. La lunga introduzione solitaria di sassofono non fa intravedere inizialmente la melodia del secondo tradizionale armoricano Maro Pontkalek che poi irrompe in tutto il suo gusto eroico-romantico. Come risaputo la marcia è stata resa famosa in Italia da Alan Stivell ed è risalente ai tempi del Re Sole (Luigi XIV). Lenta e cadenzata, contempla arpeggi della memoria dove ogni nota è un filo legato a mito e rito. La narrazione è quella di una rivolta contadina antigovernativa bretone repressa nel sangue dal regime francese e celebra i funerali del nobile Marchese di Pontkalek che si schierò dalla parte del popolo insorto. Ferito, catturato e poi impiccato, divenne eroe popolare in Bretagna, al funerale centinaia di arpe suonarono all’unisono in suo onore, qui noi siamo altrettanto fortunati a goderne la melodica linea barocca direttamente dal sassofono. La finale Berçeuse (Ninnananna) origina dalla lettura di un testo in una raccolta popolare armoricana del XIX secolo sul quale Kristen compone gocce di arpeggi, onde sonore liquide e lancinanti che si propagano e si diradano. Si racconta la gotica storia tradizionale di un’insensibile servetta che, al fine di andare a ballare la domenica alla festa del paese, addormenterebbe il bimbetto che deve accudire, pure rompendogli la testa con un sasso. Oltre che da Kristen in Kernelec, verrà pubblicata anche dal trio Fresu/Pellen/Marchand su Condaghes (1998). Va sottolineato come, a differenza di Surman che vanta una discografia sterminata, la “carriera” di Kristen sia stata davvero assai avara di produzioni ufficiali. Aggiungiamo pure che tra il primo e il secondo disco (qualche 45 giri a parte) sono trascorsi una quindicina d’anni e che per godere di una ristampa cd del suo esordio si è dovuto attenderne ben...quarantasette. Nel frattempo, le matrici originali di Marc’h Gouez erano andate definitivamente perdute e nel 2023, la stessa oscura etichetta parigina Souffle Continu che l’ha realizzato ha dovuto accontentarsi di masterizzare una “duplicazione” da LP. Possiamo ben credere all’intervento divertito di qualche elfo dispettoso visto che comunque si trattava del disco leggendario di una vera “Alice nel Paese delle Meraviglie di Brocéliande”. A Kristen Noguès mancarono un’abile casa discografica alle spalle e mezzi di comunicazione che ne facessero conoscere l’opera fuori dalla Bretagna, crediti riservati solitamente a chi accetta qualche compromesso. Ma l’arpista era persona assolutamente integra e pura nell’animo, umile, lontana dai meccanismi del mondo dello show-business e per la quale parole quali “fusion” o “world music” risultavano prive di qualsiasi significato. Il bardo contemporaneo Myrdhin definirà le sue creazioni sonore “un’alleanza sottile tra musica erudita e sensuale”. Vive, vibranti o cogitabonde queste sonorità hanno assunto una moltitudine di aspetti prima di acquisire forma definitiva. Molto in anticipo sui tempi dimostrò di conoscere rotte non segnate, per passare da un’isola all’altra dei generi musicali, evitando di naufragare nelle secche delle comuni classificazioni. La seconda parte del suo percorso musicale è stata, per fortuna, più a sufficienza documentata: Kernelec (1990), An Evor (1999), L’Attente Des Femmes (2003) colto dal vivo a Berchidda (Sassari) in duo con Mauro Negri (grazie a un suggerimento di Paolo Fresu) al festival “Time in Jazz” 2000. Il primo di questi dischi era stato registrato a Northeim, nella Bassa Sassonia, grazie al collega creativo tedesco Rudiger Oppermann che l’aveva contemporaneamente voluta come cantante nel tradizionale bretone Margaritig (inserito nel suo Durchs Wilde Harfistan). Sempre poco, comunque, rispetto agli avvenimenti reali che contemplarono collaborazioni da Henri Texier a Rabih Abou-Khalil e delle quali ulteriori testimonianze si ritrovano nel prezioso cofanetto postumo Logodennig (2008) che documenta incontri anche con Ivan Lantos, Jenny Clark, Jacky e Patrick Molard, Peter Gritz, François Daniel. Vi si ritrovano pure un paio di tracce dell’incontro con Surman (che risale al 1991) registrate l’anno dopo alla sala da concerto Vauban, istituzione della vita culturale di Brest, grazie all’invito del pianista Didir Squiban (Diriaou in duo e Kerzhadenn in quartetto con l’aggiunta del batterista franco-algerino Joël Allouche e Jean René Dalerci al contrabbasso). Per qualcuno forse, potrà risultare una novità questa collaborazione con il celeberrimo John Surman, vera “istituzione” di jazz e improvvisazione europea. Ma non si trattò affatto di una situazione occasionale, verso la fine del millennio scorso, furono a più riprese le loro venute in coppia, a presentare questo repertorio anche sul suolo italiano. Li ricordo nel mantovano, la sera dell’11 ottobre 1997 alla “Rassegna Jazz” presso il Teatro Sociale di Castiglione delle Stiviere (con l’aggiunta di Jacques Pellen alla chitarra) e in duo il 23 marzo 1999 a San Lazzaro. In mezzo furono nostri ospiti per un indimenticabile concerto privato alla “House Of The Rising Folk” di Pesina (Verona) il 6 aprile 1998. Nel quale Kristen fece omaggio dei tradizionali bretoni Eliz Iza e La Marche De Brian Boru per sola arpa e Surman soffiò nel suo sassofono come si trattasse di una cornamusa, il trittico tradizionale The Wee Bonnie Lass (lamento scozzese), Killgroo (dal Northumberland) e The Mountain Road (dalla Contea di Kerry) chiedendo ai presenti di improvvisare per lui un bordone vocale collettivo di accompagnamento. Kristen aveva suonato e suonerà in un quadrilatero del Nord Italia anche in altre occasioni: in solitaria il 22 dicembre 1993 al Folk Club “Gli Zanni” di Ranica (Bergamo) e il 14 maggio 1994 alla Sala Civica di Malcesine (Verona) alla “Terza Rassegna di Musiche Acustiche”. In duo con Jacques Pellen il 16 maggio 1997 al Teatro Montegrappa di Rosà (Vicenza) per “Primavera in Folk” e il giorno dopo al Folkfest presso il Palazzetto dello Sport di Cerese di Virgilio (Mantova). Qui a Verona l’arpista bretone si esibirà infine ulteriori tre volte: il 12 ottobre 1997 al Posto Music Club in trio con Jacques Pellen e Salvatore Majore al contrabbasso (all’interno della rassegna “Musicasfera”), il 25 marzo 1999 in duo con Majore e l’11 ottobre 2001 con Pellen, entrambe alla rimpianta Fontana Dine Music di Avesa. Per completezza di informazione va aggiunto che alcuni brani a suo tempo uditi nei concerti “italiani” sono rimasti oggi esclusi da questo postumo cd, quali An Evor, Maenkuzh, Feunteun Gwenn, An Herol Teuzete. John Surman ricorda: “Un giorno avevo tra le mani una busta ingiallita con soprascritto unicamente la parola “arpa”, visto che conteneva la musica che suonavo con lei, Kristen mi chiese il motivo per il quale non avevo contrassegnato la cartellina con il suo nome e io risposi: perché sei l’unica arpista della mia vita e non potrei mai fare confusione”. Le corde scintillanti, pizzicate con parsimonia da Kristen prendono per mano la leggendaria e lirica lievitazione minimalista sassofonistica del Surman di quegli anni, i suoi suoni sospesi, trasparenti e lustrali, per condurli su terreni in parte nuovi. Ne esce un folklore immaginario e celebrale, dall’andamento lento e meditativo, che abbina elementi apparecchiati da una minoranza culturale sulla tavola onirica di uno spirito panceltico. Il sassofonista inglese non è di origine cornica, è nato infatti a est del fiume Tamar che forma la linea di confine tra Devon e Kernow (la Cornovaglia inglese è una delle sei nazioni celtiche). Il suo jazz solitario e vernacolare è stato però abbondantemente nutrito da richiami della tradizione irlandese già nel pionieristico Westering Home del 1972. Lo stesso accadrà in Road To Saint Ives (ECM 1990) titolato alla punta estrema britannica ricca di leggende e folklore dove vennero rinvenuti numerosi segni dell’Uomo Paleolitico (o Età della Pietra Antica). Il luogo in cui un tempo si parlava il “cornique” (kernewek/kernowek) simile al breton vannetais, la lingua originale che la Signora Dorothy Pentreath, abitante di Mousehole (nei pressi di Penzance) fu l’ultima a conoscere al punto da venirne celebrata in canzone. Surman si muove su sassofoni e clarinetto basso con l’agilità di un cetaceo in mezzo ai flutti melodici delle corde ancestrali d’arpa, improvvisa tra variazioni di tempo e finezze armoniche disegnando suoni futuribili in sospensioni di lustrale trasparenza. Kristen, “stella filante” in uno spazio immaginario tra Satie e folk celtico, fest-noz e vagabondaggi notturno-meditabondi, come tanti altri improvvisatori jazz non si soffermava a mettere per iscritto le proprie partiture, impegnata a distillare soffi nuovi con, come sostenne Alan Stivell “una energia in contrasto con l’immagine consueta della eterea donna-arpista”. Questo sentiero di petali incandescenti servì a Kristen anche per scappare dal proprio mito infantile senza tradirlo, poiché oramai la realtà culturale bretone si era allontanata troppo dalle leggende del passato. Nata il 14 marzo 1952 a Versailles da madre del Trégor e padre del Pays Vannetais, fu una delle prime a dedicarsi allo studio dell’arpa a partire dagli otto anni, con Denise Mégevand (1917-2004) la stessa che precedentemente aveva insegnato al giovane Cochevelou. Una professoressa classica, senza dubbio ma ugualmente celtica. Di madrelingua bretone, dopo gli inizi al pianoforte Kristen (allora ancora Cristine) era stata indirizzata all’arpa, in voga in tutti i circoli degli emigranti armoricani fin dagli anni ‘50 e ‘60. Il genitore era un militante politico costretto a lasciare la Breizh-Izel, uno dei molti bretonanti della diaspora a causa della Seconda Guerra Mondiale. Vi tornerà nel 1972 senza la figlia, rimasta a proseguire gli studi di greco-latino alla Sorbonne parigina dove incontrerà un’altra straordinaria maestra d’arpa Lily Laskine (Aimee Émilie Laskine) (1893-1988). Poco tempo dopo una vacanza in Bretagna scatenerà tutta la passione covata dalla ventenne ragazza, unitamente al successo di Stivell all’Olympia, l’ascolto di kan ha diskan e tragici gwerziou grazie a Yann Poëns, i fortunati incontri con altri coetanei appassionati quali Gérard Delahaye, Melaine Favennec, Patrick Ewen (che sostenne lei “avesse già uno stile sacro”). Nel momento preciso in cui Surman esplora le radici etniche col free jazz del sopracitato Westering Home, Kristen torna alle sue istallandosi a Morlaix, vicino ai Monts d'Arrée dove, secondo le leggende, si trova lo Youdig, una delle porte che mettono in comunicazione il mondo dei vivi con quello dei morti e superata la quale si viene condotti dall’Ankou in luoghi gelidi e nebbiosi. In tutto l’Occidente sorgeva l’epoca delle utopie collettive, si unì alla pionieristica Cooperativa Musicale Névénoé, unione autogestita di artisti bretoni che così acquistava un creativo cuore femminile: Kristen Noguès e Annkrist. L’angelica voce da soprano quasi elfico, candida e priva di ricchezza timbrica, sortiva letteralmente dall’acqua al pari di quella della Dama del Lago “ho viaggiato con voi fino all’isola Rossa, degli strani uccelli ci seguivano dietro al battello, straziavano delle stelle docili nel cielo, accarezzavano l’onda quieta e indifferente…” La tradizione scomposta, le note cristalline, le accordature non convenzionali misero in moto un intenso e fecondo dinamismo. Con sonorità originali rallentate riusciva ad evocare il folk quanto l’impressionismo di un Ravel o Debussy. La sua arpa resterà sempre una tela astratta, futuribile, densa di suoni aritmici, atonali, seducenti quanto scintillanti, il contrabbassista Riccardo Del Fra (emigrato italico in Bretagna) parlerà di “tempo sospeso, gesto ridotto all’essenziale, tempo arrestato”. I suoi innovativi cromatismi partivano dalla tradizione di una gavotta arcaica per giungere in un battibaleno alla poesia contemporanea di Per Jakez Hélias, (An Heol Teuzete, Ar Mên Du, Marh An Noz/Riblou Dall), Yvon Le Men (An Evor), Manu Lannhuel (Les Amants De Pierre). Le sue composizioni erano ambientazioni mistiche della sacralità di questa Terra oceanica. A Brest aveva seguito corsi di composizione e armonia di Pierre-Yves Moign (che fu insegnante pure di Didier Squiban), il suo urgente cammino verso l’assoluto la chiamerà a partecipare, a più riprese, anche al percorso della collettiva Processione Celtica del compagno di vita, il chitarrista Jacques Pellen, orientandosi negli anni ‘80 e ‘90 verso ambientazioni più jazzate e sperimentali. Sarà presente alla registrazione dell’esordio di Denez Prigent nel 1996 “Ar Gouriz Koar” e non sarà l’unica volta che questi due giganti della musica bretone contemporanea collaboreranno discograficamente. Uno stimolante dibattito internazionale si stava aprendo tra la musica contemporanea e quella folklorica e, come aveva fatto un tempo Rimbaud con le parole, anche lei tentò di stabilire corrispondenze tra suoni e colori. L’onda sollevata da Stivell era stata epocale per l’arpa celtica, quella di Kristen Noguès illustrerà l’oceanico viaggio di una musica da camera moderna capace di far mormorare le pietre. Gli anni 2000 saranno purtroppo, gli ultimi della sua breve vita terrena che tristemente si spegnerà all’ospedale di Brest. Prima di soccombere a sua volta al covid-19 tredici primavere dopo, Jacques Pellen inserirà quasi sempre nei propri dischi futuri, una composizione della compianta compagna. Ancora dieci anni dopo la scomparsa, la voce e qualche nota d’arpa di Kristen apriranno l’inedita Pajenn Wenn “Kristen avrebbe dovuto scavalcare l’asticella ma la gente non ama le asticelle troppo alte, così passò sotto” (Melaine Favennec). soufflecontinurecords.bandcamp.com/album/diriaou
Flavio Poltronieri
Tags:
Suoni Jazz