BBDS – Backup Before Destroying the Society (Materiali Sonori, 2025)

“Un progetto aperto e un laboratorio di idee che si articola per accumulazione, il cui intento è quello di trasformare il lavoro artistico individuale in un organismo a più voci, portando ognuna il proprio contributo alla riflessione sulla stessa materia e nel tentativo di ridisegnare un perimetro ogni volta in modo più definito. Un incontro tra quattro decadi generazionali con approcci, personalità ed esperienze musicali diverse che spaziano dal trip-hop al jazz, passando attraverso world music, progressive, ambient, art-rock. Ma perché sprecarsi con le definizioni. È musica necessaria. Un’operazione e una galassia sonora che tende a far perdere i riferimenti canonici dei vari generi musicali”. Così Arlo Bigazzi ci introduce a “Backup Before Destroying the Society” opera prima del progetto BBDS, nato in occasione dell’invito del bassista, compositore e produttore fiorentino a prendere parte a “Return To Acapulco - Music for Hotels Vol. 1”, compilation curata dal giornalista. In quell’occasione, Bigazzi mette insieme un quartetto di strumentisti che, ruotano intorno alla Cooperativa Materiali Sonori, Cosimo Boni alla tromba, Marzio Del Testa alla batteria e l’italo-spagnolo Ulrich Sandner alla chitarra, dando vita ad un quartetto dalla sorprendente alchimia sonora, complice anche la medesima visione aperta della musica. L’approdo ad un esperimento più articolato in studio è stato naturale e, così ha preso vita l’album “Backup Before Destroying the Society”, pubblicato anche, in serie limitata, in formato musicassetta dalla Ölocaust Recordings e sostenuto con il contributo “Nuove produzioni discografiche 2023-24” da NuovoImaie. Il disco mette in fila sette brani, di cui due cantati da Frank Bramato, nati dalle improvvisazioni del quartetto e che, sotto il profilo sonoro, spaziano attraverso jazz-rock, afro-beat, trip hop, elettronica e post-rock, il tutto permeato da un approccio anarchico e da una costante tensione verso la sperimentazione. Dal punto di vista concettuale il disco racchiude la sua essenza nel titolo che rimanda all’esigenza di salvare ciò che resta della ricchezza della musica, delle culture e del mondo, prima che l’omologazione più fredda ed asettica ci conduca verso l’azzeramento della fine. Ad aprire il disco è la tessitura cinematografica di “Mordera l’aria mordere i sassi” che si dipana attraverso latitudini e longitudini sonore differenti con il suo sound urban in cui giganteggia la tromba di Boni. Si prosegue con l’introspettiva “Quand Le Silence Se Fait” la cui linea melodica acustica è sorretta da una cornice ambient nella quale si muove il basso di Bigazzi. Uno dei vertici del disco è “Sono il responsabile”, tratta da uno spettacolo teatrale su testi di Giampiero Bigazzi, fratello di Arlo, e alla quale è affidata una profonda riflessione sulla necessità di tornare a mettersi in discussione e a non subire passivamente quello che ci accade intorno (“Sono io il responsabile perché non prendo mai posizione, sono io il responsabile, non mi metto mai in discussione (…) chi vi arma, chi vi paga, chi vi regala l'incoscienza del delitto (…) La maleducazione logora le coscienze (…) Banche e mercati le piramidi del nostro tempo”). Se “Genealogìa De La Descomposiciòn” sorprende per la sua brillante architettura sonora, la successiva “Dove corre il crepuscolo” è una composizione dal tratto noir nella quale spicca il dialogo tra la chitarra di Sandner e la tromba di Boni. “Manifesto (centinaia di parole)” è uno spoken word potente, firmato da Frank Bramato e messo in musica magistralmente da Bigazzi, nel quale la distruzione del sistema capitalistico pare essere l’unica soluzione possibile per la salvezza: “La soluzione non può esistere se non evita confusione, e questo è esattamente il gioco del sovrano capitale. Il capitale non ha bandiera, partito o nazione (…) Mi dichiaro morto, al netto di ogni obiezione (…) Mi dichiaro morto e sepolto ogni volta che vado a dormire (…) lasciate che sia l'arte a seppellire l'arte (…) senza alcuna pretesa di una possibile illuminazione”. “Breath Me Close” con la sua atmosfera sospesa, quasi onirica, chiude un disco di assoluto fascino da ascoltare dalla prima all’ultima nota, lasciandosi rapire dai suoi suoni e dalle sue suggestioni liriche. 


Salvatore Esposito

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