La pubblicazione dell’edizione italiana de “La musica che gira. Memorie dell’età d’oro discografica” di Fred W. Gaisberg con la curatela di Dino Mignogna, colma una nella bibliografia musicologica, rappresentando un prezioso documento storico su uno dei più importanti passaggi di civiltà del Novecento: la nascita della musica riproducibile. Pubblicato originariamente nel 1942, il libro non è un semplice memoir, ma piuttosto un diario di viaggio, una cronaca in prima persona della nascita della registrazione fonografica moderna. Come sottolinea Mignogna nella sua densa prefazione, si tratta di un libro “una lettura ineludibile se si intende penetrare la storia dell'industria musicale nel suo periodo autorale”, conducendo il lettore alla scoperta della figura di Fred W. Gaisberg ancora sorprendentemente poco conosciuta nella storia della fonografia. Eppure, fu lui, con un coraggio quasi da esploratore, a portare l’apparato di registrazione in ogni angolo del mondo, a contatto con artisti, popoli e tradizioni musicali diverse. Quella del curatore non, però, è una semplice introduzione, ma offre al lettore una approfondita disamina che consente di contestualizzare Gaisberg nel grande affresco dell’“età d’oro” discografica ne pone in luce le connessioni con l’Italia, dove il disco trovò una delle sue prime e più fervide piazze di diffusione. Americano di nascita ma cosmopolita per vocazione, Fred W. Gaisberg fu ingegnere, produttore, impresario e osservatore della cultura globale del suono e divenne un personaggio chiave per la Gramophone Company, poi EMI, avendo contribuito in modo determinante all'affermazione del disco come medium culturale e commerciale. Come rimarca Mignogna, il valore di questo volume non è meramente documentario ma svela la sorprendente capacità narrativa dell’autore con aneddoti, descrizioni vivide e riflessioni sul potere del suono registrato. Attraverso i suoi occhi, si assiste alla trasformazione della musica da esperienza effimera a prodotto permanente, da rito aristocratico a bene di consumo accessibile, seppur inizialmente riservato a un’élite borghese. Siamo alle origini del disco, quando la riproduzione della voce e degli strumenti non era ancora un’industria, ma una scommessa visionaria. È un mondo di macchinari artigianali, tecnici itineranti e voci leggendarie fissate su cera a mano, spesso in condizioni precarie. La sua testimonianza attraversa luoghi, tempi e stili, con una lucidità documentaria che sorprende per precisione e prospettiva. Gaisberg racconta con straordinaria lucidità tecnica le difficoltà delle prime incisioni: dalle limitazioni meccaniche – l’assenza di elettricità, l’impossibilità di registrare intere orchestre – ai compromessi artistici imposti dalla durata dei dischi a 78 giri. Eppure, proprio da questi limiti nacque una nuova estetica dell’ascolto, più intima, più selettiva, che aprì la strada all’individualizzazione dell’esperienza musicale. Mignogna sottolinea come Gaisberg non fosse un semplice tecnico ma un mediatore tra l’arte e il pubblico e ciò che colpisce è la sua consapevolezza precoce dell’impatto sociale del disco. La prosa di Gaisberg, asciutta ma ricca di dettagli, rende ogni pagina immersiva. Dai primi esperimenti con Emile Berliner, all’espansione della Gramophone Company, fino agli incontri con figure centrali della vita musicale del XX secolo da Arturo Toscanini a Wilhem Furtwängler, passando per Edward Elgar, Sergej Reachmaninoff, Arthur Rubinstein, Fritz Kreisler e Yehudi Manuhin. La figura di Enrico Caruso occupa un posto centrale nel libro, non solo come artista, ma come spartiacque nella storia della registrazione musicale. La celebre seduta di incisione al Grand Hotel di Milano nel 1902 viene narrata con dettagli vividi: “Un pomeriggio soleggiato Caruso, entrò nel nostro studio e in due ore esatte cantò dieci arie con l'accompagnamento pianistico del Maestro Cotttone (...) Non una stecca, né un imperfezione o abbassamento di voce disturbarono la registrazione”. Caruso rappresenta, per Gaisberg, l’archetipo del “divo fonografico”: la sua voce fu la prima a conquistare il mercato globale, e più ancora, fu il primo cantante a capire il potere del disco come mezzo artistico e promozionale. La sua partecipazione alle registrazioni non fu mai svogliata o secondaria. Quella “voce che gira” – il suono inciso su disco – non solo rivoluzionò la fruizione musicale, ma modificò profondamente il rapporto tra artista e pubblico. L’arte vocale, fino ad allora effimera, divenne patrimonio durevole, replicabile, commerciabile. È il passaggio dal concerto all’ascolto privato, dalla sala alla stanza, che aprì la strada all’odierna cultura musicale globale. Insomma, il libro non è solo cronaca: è racconto, è teatro dell’ascolto. Nel pieno del XXI secolo, in un’epoca dominata dalla musica digitale e dall’intelligenza artificiale applicata al suono, "La musica che gira" conserva una sorprendente attualità. Gaisberg, pur operando con mezzi meccanici e rudimentali, anticipa molti dei dilemmi contemporanei relativi alla riproduzione artistica: l’autenticità, il controllo creativo, la mediazione tecnica. In tempi in cui l’editing digitale consente correzioni illimitate, e la perfezione tecnica è diventata routine, il rispetto “sacro” per l’atto dell’incisione di cui parla Gaisberg appare come una lezione etica e professionale ancora valida. Mignogna sottolinea anche un aspetto spesso trascurato: la dimensione antropologica del lavoro di Gaisberg. Le sue spedizioni in India, in Giappone, in Russia, non erano solo imprese commerciali, ma veri e propri tentativi di ascoltare il mondo, di catturare voci altrimenti destinate a scomparire. La sua opera precorre, in qualche modo, l’etnomusicologia, e si inserisce oggi nel dibattito contemporaneo sulla conservazione del patrimonio immateriale. Gaisberg, pur operando con mezzi tecnici rudimentali, mostra un rispetto sacrale per la materia sonora, una dedizione al dettaglio che oggi – in un’epoca in cui tutto può essere editato, manipolato, filtrato – risuona come una lezione etica. “La musica che gira” è, dunque, un libro necessario, non solo per gli storici della musica o gli appassionati di fonografia, ma per chiunque voglia comprendere come nasce e si diffonde una tecnologia che ha cambiato la cultura moderna. L’attenta curatela di Dino Mignogna, che accompagna il lettore tra le pieghe storiche e culturali dell’opera, rende giustizia a un protagonista spesso rimasto nell’ombra. Gaisberg ci restituisce la meraviglia del primo ascolto, il brivido della voce umana che – finalmente – “gira”.
Salvatore Esposito
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