Eugenio Bennato – Musica del mondo (Sponda Sud/iMusician, 2025)

Eugenio Bennato è un artista che certo non ha bisogno di presentazioni, difficilmente inquadrabile nel panorama musicale, oppure facilmente definibile come il cantore di ogni Sud del Mondo. Un artista molteplice, dalla voce inconfondibile, capace di toccare una grande varietà di temi privati e sociali, come la giustizia sociale e la lotta per i diritti, l’apertura alle contaminazioni, il senso storico e l’attenzione verso l’attualità, il rispetto sincero verso i sentimenti umani più profondi. Tutti temi che emergono lucidamente in modo maturo e autentico anche in questo suo ultimo lavoro il cui titolo è già esplicativo “Musica del Mondo”. Il tema del viaggio poi, fin da quando nel 1958 fece insieme ai suoi fratelli, Edoardo e Giorgio, la sua prima tournée in Venezuela, lo accompagna, sia come dato reale che come metafora, dice a proposito anche di questo disco: “Tutte le cose che ho scritto nel mio cammino le collego al senso del viaggio…che sia un breve tragitto in motorino sul lungomare di Napoli, o un viaggio in treno tra il nord e il sud dell’Italia, o un volo per tappe europee o un volo o intercontinentali…” In questo nuovo viaggio discografico, oltre a egli stesso (voce, chitarra classica e chitarra battente), troviamo Mujura-Stefano Simonett (basso, chitarre acustiche, classiche, elettriche, mandola, cori e coordinamento produzione), Ezio Lambiase (chitarre classiche ed elettriche), Francesca Del Duca (voce e percussioni), Sonia Totaro, Mohammed Ezzaime, El Alaoui, Edoardo Cartolano, Zena Chabane, Eugenia Bennato (voci e cori). “Musica del mondo” è anche il titolo del brano di apertura che sintetizza, come una ouverture di un’opera lirica, i contenuti di un album basato su contaminazioni tra Oriente e Occidente. È stato registrato con la Yar Mohammad Group presso The Sound Lab a New Delhi con Farukh Khan Langa (voce) e Yasin Khan Langa (voce harmonium), Iklash Khan Langa (sarangi) Rafik Khan Langa (khadtal) Kiran Kumar (flauto) Sakir Khan Langa (dholak) Khan Langa (tabla) e Marco Castaldo (batteria). “Luna” è un brano delicatissimo che ci rivela il volto più intimista e ottimista di Eugenio; è cantato da Pietra Montecorvino (“la nonna più felice e rock del mondo”, la definisce) ed è dedicata alla loro nipotina: un commovente ritratto di famiglia, insomma. Per chi come me, è calabrese e quasi un suo coetaneo, parlare di Eugenio diventa una sfida che potrebbe rischiare di diventare autoreferenzialità. Molti infatti sono i momenti della mia (ma non solo) formazione che mi legano a questo artista e i suoi rapporti con la mia Terra. In più di un’occasione ha dimostrato di amare La Calabria profondamente, collaborando spesso con validi artisti del luogo e aprendo su questa Regione una finestra sul mondo che si allarga sempre più. A cominciare dai suoi primi passi nella musica, insegnata ai tre fratelli Bennato da un maestro calabrese, ai suoi esordi come fondatore della Nuova Compagnia Popolare che inorgogliva i giovani del Sud, me compreso, quando negli anni Settanta ci recavamo nel Settentrione. Ben due brani sono dedicati alla Calabria: “Mongiana” e “Torre Melissa”, due nomi di paesi che rievocano la storia. Il primo racconta la vicenda delle “Reali ferriere di Mongiana” fiorenti durante il periodo borbonico pre-unitario e chiuse nel 1861 dal regno savoiardo e oggi sede di un visitato museo. In questo brano gli archi sono eseguiti dall’ Orchestra Sinfonica Brutia di Cosenza, diretta dal M° Francesco Perri e con Manuel Arlia come primo violino. “Torre Melissa” narra un avvenimento di cronaca a lieto fine accaduto nel gennaio 2019, quando cinquanta naufraghi che erano su un battello di migranti sono stati salvati da alcuni abitanti del paese calabrese. “W chi non conta niente” comincia con una spola armonica dal sapore brasiliano che sfocia nel ritornello nella progressione per quinte, memore forse della tradizione settecentesca napoletana, diventando un inno agli “ultimi della terra”. Da una stanza d’ albergo di San Francisco, Bennato scrive “Tammorra song” per rievocare la sua città del cuore in cui il suono di una tammorra unisce e supera ogni sorta di barriera fisica o mentale. “Grande minoranza” è un brano multilinguistico, come altri, che comincia come una veloce danza balcanica. Usando un ossimoro speculare a “Grande Sud”, con delicatezza si autocita senza nessuna autocelebrazione e con grande rispetto per il suo pubblico che insieme a lui è cresciuto, una minoranza rumorosa che non si piega al pensiero unico sempre più imperante. Un’operazione molto divergente e acuta è quella di usare in “Noi persi nel sentimento” sonorità elettroniche, sia pure nel suo inconfondibile stile, per sostenere invece un mondo ancora semplice e naturale e lontano da quello sciame digitale di cui ci ha avvertito il filosofo Byung-chul Han e che ci sta conducendo verso un’intelligenza artificiale basata comunque sul modello antropocentrico. Un marranzano metonimicamente rappresenta la Sicilia in “Limoni A Varsavia”, un brano nato come colonna sonora di una favola cinematografica di Bruno Colella. Racconta di un cuoco siciliano che riesce a innestare una pianta di limone in un giardino di Varsavia, portando un po’ di colore mediterraneo nel profondo Nord Europa. “Canzone per Beirut” è una canzone contro la guerra scritta nel 2007 e purtroppo sempre attuale, reinterpretata qui con voce pura e toccante da Eugenia, la sua figlia più piccola. Comincia con un loop nel metro 3+3+2, poi sovrapposto dal ritmo in 4 della batteria. “Notte del giorno dopo” è una filastrocca dal sapore popolare e di una danza tarantata, scritta per esorcizzare la chiusura durante lockdown. In “Welcome to Napoli” lo slapping del basso in stile reggae e contrappuntato dalle tastiere di Gino Giovanneli, parla della Napoli di oggi che forte del suo passato (rappresentata dalla voce vesuviana di Dario Mogavero)” accoglie ancora umanità di ogni dove a suon di musica. Una vera e propria dichiarazione d'amore incondizionato per la sua città. Una musica che muove da Napoli ma si espande in ogni latitudine e angolo del mondo, per poi tornarvi. Un cantautore al pieno della maturità e che promette ancora delle belle sorprese, che si sempre è saputo rinnovare nel tempo ma senza mai allontanarsi dalla sua poetica originaria. Questo è oggi Eugenio Bennato, al qual vanno i complimenti per questo ottimo lavoro pieno di nuance che vi consiglio di ascoltare, in uno dei suoi seguitissimi live o intimamente in cuffia. 


Francesco Stumpo

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