Vivere alle latitudini più alte, dove la natura nelle sue manifestazioni stagionali assume caratteri estremi, con lunghi mesi durante i quali la vita sembra nascondersi, impegnata in una silenziosa e invisibile resistenza, che si alternano a un’apparentemente più breve stagione di luce, colore, vitalità, fa sì che il rapporto tra gli umani e il mondo naturale sia qualcosa di forte e profondo. In un processo di contemplazione, comunicazione, immersione dentro e con l’ambiente si arriva alla identificazione e personificazione con esso, in tutte le sue componenti, il cui valore non è più solo materiale o utilitaristico, ma anche fortemente simbolico. Gli alberi come i licheni, i grandi predatori come i più minuti uccelli del bosco, le singole rocce come le catene montuose, il mare ed il cielo sono di volta in volta dimora di divinità, manifestazioni differenti di vita, messaggio e tramite tra passato, presente e futuro. In tale contesto è facile che la maggior parte delle persone sviluppi attenzione e amore verso la natura, e che vi sia cura e apprensione di fronte a problemi come il cambiamento climatico e il sovrasfruttamento delle risorse. A questi sentimenti ha dato voce Charlotta Hagfors, chiamando alcuni dei nomi più prestigiosi della musica folk finlandese contemporanea per dare vita a “Nouse Luonto – lauluja monimuotoisuudestat”, cioè “Viva la natura – Canzoni sulla biodiversità nordica”. Un progetto, dichiara Hagfors nella presentazione dell’album, “per fare qualcosa e diventare una forza contro l’apatia”. Ad ognuno degli artisti coinvolti è stato chiesto di scrivere o interpretare secondo il proprio stile e lingua principale (finlandese, svedese, sámi settentrionale o romani) un brano che rappresentasse o descrivesse il loro rapporto con la natura nordica, in alcuni casi raccontando l’ecocidio in atto. E se la loro attenzione si è rivolta soprattutto verso la Finlandia, il messaggio lanciato da “Nouse luonto” vale ovunque l’ambiente sia minacciato o ferito. Dei dodici brani dell’album alcuni hanno un carattere naturalistico, o comunque fortemente evocativo di elementi naturali: il medley di polche proposto da Piia Kleemats, il cui violino imita efficacemente e a ritmo danzante il canto degli uccelli; il minimalista “Ikiliikkuva”, un brano sul ciclo della vita di Akkajee, cioè Iida Savolainen e Meriheini Luoto, in cui i suoni elettronici si mescolano a una viola e una nyckelharpa; il vasto e acquatico “Sadejärvi” (“Lago della pioggia”), con cui Maria Kalaniemi e Maija Kauhanen inaugurano una collaborazione che assicurano continuerà nel tempo. Per altri autori e interpreti di “Nouse luonto” lo svolgimento del tema da loro scelto è invece affidata alla parte testuale e/o alle descrizioni riportate nel libretto, che spesso superano la dimensione locale e assumono un valore universale, con forti richiami al rapporto tra la specie umana nel suo complesso e il mondo naturale. È il caso di “Vid Stormyren”, strumentale dei Frigg il cui titolo invita a guardare ed amare l’aspra e immobile bellezza delle zone paludose, nicchie ecologiche che, oltre a trasmettere un senso di pace venato di malinconia, hanno un’enorme capacità di immagazzinare la CO2. Oppure di “Laulu luonnolle”, una “Canzone per la natura” per voce e organetto di Antti Paalanen, il cui testo si basa su poesie di Vihtori Vesalainen e Taavi Uutela. “Suden tuutu”, cioè “Ninnananna per il lupo” è dolce e notturna; un tributo ai grandi predatori delle foreste finlandesi, composto e interpretato dalla grande Maria Kalaniemi. E se “Evighetens ocean” della chitarrista e cantante Désireé Saarela si rivela semplice, ma nel contempo ricca di sfumature come il mare che ne è protagonista, musicalmente straniante, ma affascinante, è “Panjako neer” (“Vicino all’acqua”), in cui Anette Ȧkerlund riversa la sua frequentazione con il flamenco. Non manca poi il riferimento alla distruzione della natura causata dai conflitti, tema quasi inevitabile se si pensa alle tensioni e ai timori che in Finlandia suscita la prossimità al vicino russo, espressi in “Unelma”, un brano dal tono distopico, scritto e interpretato da Kimmo Pohjonen, che ha unito il suono del suo accordeon a campionature e distorsioni vocali. Per i forti riferimenti alla tradizione, pur se declinata secondo stilemi contemporanei, si possono poi porre “Sammal” e “Háldi – Haltija”. Il primo, del gruppo Kusvo, celebra i licheni (“sammal”) fondamentali nell’ecosistema nordico, che appaiono immortali nel loro perire e rigenerare continuo, ma che in effetti sono organismi vulnerabili, tanto che delle 900 specie presenti in Finlandia, un terzo è estinto o in pericolo di scomparire. “Háldi – Haltija” invece celebra le fate protettrici della natura, in cui il kantele, l’harmonium, i cimbali e le campane di Maija Kauhanen accompagnano Ánnámarét, il cui yoik non solo racconta, ma diventa tramite per la trasformazione di sé stesso e della interprete nell’oggetto cantato. Degna conclusione di questo bellissimo album “Vaskilintu”, una composizione di Maija Kauhanen in cui i musicisti coinvolti nel progetto cantano tutti insieme un testo basato su antiche canzoni careliane e racconti popolari. Un pezzo che trasmette e invoca coraggio e forza (nel difendere la biodiversità e la natura), come la antica formula magica di cui l’espressione “Nouse luonto” è un frammento.
Marco G. La Viola
Tags:
Europa