Ninon Valder – En mi Corazon (Flying Penguins, 2025)

Il bandoneon, strumento idiomatico del tango argentino ha origini europee, il suo interprete più conosciuto al mondo, Astor Piazzolla, aveva origini pugliesi e molti maestri si sono formati a Buenos Aires, prima come pianisti, alla scuola del crotonese Vincenzo Scaramuzza. Non sorprende quindi che questo piccolo aerofono possa assurgere a simbolo di unità musicale del mondo. Non sorprende nemmeno che Ninon Valder, l’artista che presenta “En mi Corazon”, da poco pubblicato, sia francese e con una solida formazione accademica europea, costruita durante gli anni di studio con Cécile Daroux, Jacques Riou e Sylvin Marc in Francia, dove ha ricevuto i suoi primi premi come flautista ed ha conosciuto il bandoneon e il jazz. Si tratta veramente di un’artista poliedrica e atipica, ottima compositrice ed eccellente cantante, oltre che abile strumentista e improvvisatrice. Si è esibita nei più importanti festival e teatri di tutto il mondo, come il Covent Garden, Buckingham Palace e la Royal Festival Hall. Ha vissuto sette anni in Inghilterra e altrettanti in Argentina, nazione dove ha deciso di mettere a frutto tutte le sue esperienze e importanti collaborazioni pregresse ed è un esempio vivente di come si possa interiorizzare una terra che non è la propria, fino a percepirne e farne vibrare le corde più intime: è la musica, che dimostra che non si è di nessun posto oppure si può essere di ogni parte del mondo. Certo, i suoi compagni di viaggio conoscono bene il linguaggio della musica sudamericana, e come se lo conoscono, al punto da far suonare le loro chitarre come un bandoneon, ma anche in modo classico. L’intesa tra Ninon e i suoi musicisti – Carine Bonnefoy (pianoforte), Sebastian Cordero (chitarra, compositore e arrangiatore), Kevin Seddiky (chitarra e percussioni) e Raul Barboza (fisarmonica cromatica) è inequivocabilmente perfetta. Il lavoro si apre con “La Esperanza”, un brano pieno di saudade introdotto nel registro grave dal flauto in sol, poi l’aerofono diventa uno strumento a percussione e Ninon ci canta sopra. Entra la chitarra con un delicato e intenso tema a cui lei risponde in contrappunto con il flauto nel registro acuto questa volta, poi canta all’unisono con la chitarra nel tipico idioma argentino, infine si lancia in un’improvvisazione virtuosistica con echi andersoniani. Segue “A Maestro Saluzzi” in cui il flauto è suonato con tecniche contemporanee mentre e il bandoneon è suonato alla maniera di Saluzzi, suo amato maestro a cui è dedicato il brano, ma la sua presenza serpeggia in tutto il lavoro. Il brano si snoda poi con un breve e incisivo tema che sembra a tratti evocare le distese della Pampa, ma quando cerca di prendere quota ritmica, ritorna a momenti riflessivi e intimi cui la voce canta all’unisono con il bandoneon. “El corazon al sur” è un brano struggente il cui inizio chitarristico ricorda vagamente quello di “Capriccio arabo” di Francisco Tarrega, dopo si sviluppa su un basso discendente per quinte, evocando Piazzolla. Impossibile non pensare a Mercedes Sosa, altra musa ispiratrice di Ninon che attacca a cantare, passando dalla drammaticità al sorriso, alla recitazione con un salto infinitesimale del cuore e un ‘lalalalà’ che non dicendo niente dice tutto, dove la chitarra dona il meglio di sé nello stile argentino. Ancora effetti flautistici in “Milonga de Otona” mostrando la sua grande scuola occidentale e contrappuntata dalla sua calda voce. Della milonga tradizionale non resta che un lontano ricordo ma ne mantiene integro lo spirito originale e con qualche reminiscenza barocca nello stile improvvisativo. “A Los vigos” inizia la chitarra con l’effetto tambora e un sibilo di flauto, creando un’atmosfera sospesa tra la parte selvaggia dell’Argentina e lo stile porteno; di nuovo ci si allontana da Buenos per addentrarsi nella pianura in compagnia del grido dei gauchos con una improvvisazione tra il jazz e atmosfere del primo Ginastera. “Viento azu” è un breve brano che descrive con effetti flautistici e voce, vortici di vento nell’azzurro. Segue “Zampa para non morir”, dopo il tango la zamba argentina è la danza più conosciuta è, se il primo è un pensiero triste che si balla, la seconda lo è per due volte. Sicuramente uno dei brani più articolati e intensi del disco, armonicamente molto complesso e forse per questo ad accompagnare è il pianoforte. “Los saltos Guaira” è un tipico tango per bandoneon dal carattere molto vario che evoca le cascate di Guairà o di Sete Quedas che si trovano tra Brasile e Paraguay sul fiume Paraná. Il piazzolliano “Oblivion”, forse ormai il tango argentino per antonomasia, qui è presentato in una versione struggente con gli interventi del flauto soffiato in punta di piedi e una parte di chitarra di grande spessore musicale ed espressivo. Invece “Vientos” è un brano che evoca le distese della Pampa con il vento, l’artista suona e canta contemporaneamente. Segue “El Seclanteño”, che evoca invece la vita e lo spirito degli abitanti delle regioni montuose dell'Argentina, in particolare della provincia di Salta, dove ha origine la città di Seclantás. Parla di un uomo, il seclanteño, con il suo tempo scandito dalla lentezza, sotto il teatro andino delle pareti rocciose, simbolo della durezza della vita a quelle altitudini. La canzone utilizza la baguala, un genere musicale folkloristico della regione andina, per trasmettere il sentimento di solitudine e malinconia che accompagna il Seclanteño. “Vientos de Madrugada”, brevissimo brano, descrizione di una sorprendente alba ventosa e luminosa. Il vento è la tonica di questo bel disco, un vento che Ninon riesce a portare nella sua voce e nei suoi due aerofoni insieme ai suoi straordinari musicisti dandogli un senso di eternità. 


Francesco Stumpo

Posta un commento

Nuova Vecchia