The Bongo Hop – La Pata Coja (Underdog Records, 2024)

La storia avvincente è quella di Étienne Sevet, francese originario di Bordeaux, giornalista di professione “trotamundo”, che si trasferisce in Colombia per realizzare un documentario musicale (“La Voz”, sull’iconico cantante di salsa Hector Lavoe, diretto da Benoit de Vilmorin ed Étienne Sevet ). Durante le riprese, rimane catturato dal sound di Nidia Góngora (una delle voci più importanti della cultura afro-colombiana) e del suo Grupo Socavón, al punto da decidere di trasferirsi a Cali, capitale della salsa nel sud-ovest del Paese, per otto anni. Lì impara a suonare la tromba, lavora come DJ, promotore e giornalista musicale, entrando a far parte della vivacissima scena locale neo-tropicalista. Tornato in Francia, a Lione, fonda una band, The Bongo Hop, il cui nome è ispirato all’eroe di un fumetto che leggeva da bambino (“Les aventures de Keubla & Kebra” di Jano), un marinaio africano avventuroso in viaggio attraverso un continente travagliato negli anni post-coloniali. “Bongo”, che in swahili e in altri idiomi bantu significa “roba forte”, “erba” o “soldi”, è associato all’idea di saltare, di passare da un piacere all’altro, da un luogo all’altro. Un personaggio che è “una sorta di Corto Maltese africano, spiega Étienne, che aggiunge: “Il fumetto dà un’importanza significativa alla musica, all’architettura, agli atteggiamenti, al paesaggio e al vocabolario, un aggancio immediato per me. E soprattutto, l’idea che la meta o la destinazione non abbiano nessuna o poca importanza; ciò che conta è quello che si fa, e chi e cosa si incontra durante il viaggio. Perdersi come modo per ritrovare sé stessi”. The Bongo Hop non poteva che farsi promotore di un métissage tropicale che fa scuotere i fianchi, contemplando un profluvio di suoni afro-colombiani-caraibici-afrobeat-jazz e molto altro nel quale ci si perde gioiosamente, lasciandosi trasportare da un groove emozionale che sfugge a categorizzazioni precise. Dopo “Satingarona Pt. 1” (2016), “Satingarona Pt. 2” (2019) e l’EP “La ňapa” (2022), “La Pata Coja” (La gamba storta) è il quarto album del combo, che accanto al direttore-autore-trombettista Sevet vede Setounkpatin Gnanho (batteria), Marc Pujol (percussioni), Riad Klai (chitarra), Jean Tchoumi (basso), Félix Marret (tastiere) e Laure Fischer (sax/flauto). In più, collaborano come ospiti Nidia Góngora, Lucas Santtana, Francy Bonilla, Laurène Pierre-Magnani, Moonlight Benjamin e Kephny Eliacin. Aperto da una dichiarazione di intenti “De Cali para el mundo”, l’iniziale “Mi Olla” (featuring Francy Bonilla, eccellente cantante timbiquireña, nipote di Nidia) è un elogio della Colombia servito in un formidabile afrobeat jazzato, che usa la “olla”, la pentola come simbolo di condivisione comunitaria ma anche di resistenza sociale (“hacer olla” significa pure “farsi sentire”). La Colombia è un Paese dalla grande ricchezza culturale, come un “sancocho”, lo stufato tipico latinoamericano di cui si parla nella canzone, ma che per anni ha sofferto violenze e ingiustizie ed è troppo spesso bistrattato e ridotto a stereotipo negativo. Nella seconda traccia, “Magica Bonita”, la voce di Lucas Santtana veste di elegante e tenero pop carioca la matrice colombiana. La già citata Nidia Góngora entra nella formidabile title track, una riflessione sugli insegnamenti della vita che si acquisiscono pur nelle avversità (la buccia di banana in copertina simboleggia l’oggetto su cui si può scivolare, sia concretamente che metaforicamente) e nella incalzante “meMento”, dove la cantante Nidia Góngora racconta i luoghi e i piaceri della vita su un ritmo di mento giamaicano che si mischia con un’ambientazione da dancefloor afro-colombiano. In “L’oubli Mauve” prende la guida la voce della francese Laurène Pierre-Magnani, alle prese con un testo bilingue (francese e spagnolo) appoggiato su un andamento che si sviluppa come ballata dalle tinte latin-jazz e afrobeat, con percussioni leggere, basso profondo, fluidità di fiati e un bel solo di chitarra. Nei brani successivi sono protagonisti due voci haitiane: il timbro caldo, rauco e potente di Moonlight Benjamin in “Eko Eko”, motivo che fa trapelare cadenze antillane (siamo in ambiente carnevalesco con il ritmo vidé martinicano), e quello baritonale di Kephny Eliacin, il quale in “Dekonekte”, fondendo elementi di kompa e beguine, canta lo smarrimento di un haitiano a Parigi che si alza per andare a lavorare all’alba e di notte canta nei locali. Invece, il trascinante soukous “Ah! Kumana” vede il bassista camerunense Jean Tchoumi assumere il ruolo di voce principale. “Ecco che arriva Akumana”, il pescatore che di solito cattura solo avannotti suscitando l’ilarità della gente del suo villaggio. Questa volt, però,a torna con pesci grandi e belli e si fa gran festa. La canzone alterna il bangangte locale e il francese, per distinguere tra la prospettiva della comunità e quella di Akumana, che guarda con ironia e disincanto a quanto gli succede intorno. L’uso del francese fa riferimento allo stile narrativo ironico del grande Francis Bebey. L’album propone anche due bonus track, registrate appositamente per le radio (“Magica Bonita” e “La Pata Coja”). Salite a bordo per vivere le contagiose avventure sonore di The Bongo Hop!


Ciro De Rosa

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