Con l'aria di un distinto ed elegante signore, Andrés Belmonte, questo eccellente e raffinato musicista si affaccia dalla sua finestra valenciana guardano al dirimpettaio mondo arabo per regalarci questa perla. Mestiere, intelligenza e sentimento si uniscono per far dialogare musicalmente oriente e occidente in modo fluido e senza nessun tipo di forzatura, superando barriere sia geografiche che storiche. L’omaggio di un occidentale che riconosce la presenza orientale nella sua città, Valencia, e le restituisce i valori con onestà e delicatezza, avvolgendo l'ascoltatore in un mondo irreale che dalla realtà prende le mosse. Questa sedimentazione e compenetrazione profonda è presente in ogni traccia che già nei titoli usa ossimori culturali che fondono i due mondi. Già nella prima traccia, “Albà Xarquia”, troviamo questa dualità poiché compare una melodia valenciana alla maniera orientale (A-Xarq), attraverso una miscela di ritmi Baladi e Masmudi Kabir e il maqam (modo) Rast. Anche “Suite Yemena” utilizza un ossimoro culturale dato dal termine ‘suite’, di ascendenza seicentesca europea, e ‘Yemena’ che è di matrice chiaramente orientale. Il brano è in tre movimenti (Dasa’a, Wusta e Sari’) e utilizza tre ritmi diversi, è noto come qawma in Yemen. Nella prima parte della suite è usato il ritmo 11/8 del Dasa’a a cui è stata abbinata la melodia di un ‘cant de batre’ (trebbiatura) in una variante del maqam Hijaz, tipico della musica valenciana e che all’ autore piace definire ‘maqam Balensí’. Questa costruzione continua anche con il secondo movimento (Wusta) che contiene una semplice melodia all'unisono: flauto, tromba e sackbut, una sorta di piccolo trombone a tiro di origine centroeuropea. Qui in effetti la forbice semantica è molto più stretta poiché si basa su una modalità andalusa che Belmonte collega alla migrazione dallo Yemen ad Al-Andalus nei suoi inizi: siamo perciò in clima decisamente arabo-andaluso. Infine, il ritmo della terza parte è anche noto come Khaliji, un ritmo tipico dei paesi del Golfo Persico. In “Samai Nahawand” è stata accettata la sfida di sviluppare una forma classica in 10/8 tipica della musica classica ottomana e ereditata anche dagli arabi, in cui il taslim (o coro) riappare spesso per sfociare in una sezione veloce. Si nota in questo brano il gusto per l’improvvisazione in senso jazzistico. Arriva poi “Quddam Rasd” che è un tawshiya, ovvero una sorta di preludio strumentale a un Nuba andaluso, conservato grazie alla tradizione orale del popolo di Al-Andalus nel Marocco settentrionale. Si nota in questo brano una forte connessione modale tra la Rasd andalusa con la modalità sacra del nostro medioevo, a ricordarci come sia impossibile decretare con certezza la provenienza di alcuni stilemi musicali o di tutta la musica. Taqsim è un'improvvisazione in un dato maqam, Bayati nel caso di “Taqsim Bayati”, un’improvvisazione tra percussioni e nay, suoni di terra e di aria si congiungono in un unico maqam. La metafora dell’ossimoro può continuare anche nei due brani successivi, in “Al Wahid”, che letteralmente significa “l'uno”, in cui i dei temi sono tratti delle ‘valencianes de l'u’, varianti del fandango. Tali temi sono infatti utilizzati in un maqam della musica modale che si confronta con degli accordi della musica tonale. In “Sufi Balensí” si uniscono ritmi e melodie tradizionali valenciane -tra l’atro presenti diffusamente nel cd – e ritmi iracheni che non sono misurabili all'interno del sistema metrico europeo. L’ultimo brano, “Andhan de Batre” come ci indica lo stesso artista “è una chiamata alla preghiera cantata da un muezzin siriano in maqam Hijaz e trascritta nota per nota. Ho modificato il testo e ne ho inserito alcuni da cants de batre. Se ascoltiamo la musica in arabo è un adhan, ma se la ascoltiamo in valenciano è un cant de batre. È la musica, come linguaggio universale, che ci avvicina grazie al suo viaggio, da Gharb a Xarq e da Xarq a Gharb”.
Il cd proposto contiene un’operazione musicale-culturale che vorremmo sentire sempre più spesso poiché indica una strada che apre dei sentieri estremamente affascinanti e auspicabili per il futuro. Come conclude lo stesso artista “Il mio viaggio attraverso il mondo arabo si è riposato nell’occidente del mediterraneo. Da questa parte del Mare Nostrum il mondo arabo è visto da una prospettiva singolare; il passato si trasforma nel presente nel modo in cui riscopriamo la musica delle radici. Io sono l'occidentale (Al Gharbí) che viaggia attraverso il mondo arabo da Valencia, lo osserva, lo ama e mette in risalto l'eredità araba presente nella nostra cultura. Ci muoviamo qui attraverso il Mediterraneo, dall'Occidente (Al Gharb) all’Oriente e viceversa, un flusso secolare”.
Francesco Stumpo
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