Sassofonista e compositore milanese, Daniele Cavallanti vanta un percorso artistico ultraquarantennale, intrapreso agli inizi degli anni Settanta, e nel corso si è segnalato nella scena jazz nazionale ed internazionale per la sua visione del jazz totalmente libera, ma anche per la sua indole sfrontata nel muoversi costantemente sulle linee di confine, spinto dalla costante tensione verso la sperimentazione, seguendo i numi tutelari Archie Sheep, John Coltrane e Ornette Colemann. Basta ascoltare i dischi dei Nexus con il batterista Tiziano Tononi, o quelli con la straordinaria ed irripetibile Italian Instabile Orchestra per comprendere la sua capacità di sovvertire gli schemi, mettere in discussione ogni stilema, per dare vita ad una cifra stilistica inconfondibile nella sua unicità. Non fa eccezione “The Dreamtime”, album che vede il suo sax guidare una formazione atipica, una sorta di dream team, composto da sette eccellenti strumentisti Roberto Ottaviano (sax soprano), Alessandro Castelli (trombone – canale destro), Tony Cattano (trombone – canale sinistro), Roberto Frassini Moneta (basso – canale destro), Andrea Grossi (basso – canale sinistro) e Tiziano Tononi (batteria). Registrato al Real Sound Recording Studio di Milano tra il 5 e il 6 novembre 2022, il disco mette in fila cinque brani inediti, di cui quattro a sua firma e uno composto da Tononi, regalandoci sessantasette minuti di jazz ruvido, venato di blues, attraversato da una vibrante creatività e costellato da aperture all’improvvisazione. Si tratta di un album di free jazz magmatico dalla travolgente intensità ritmica con i fiati che trascinano l’ascoltatore in un turbine sonoro e non è casuale è la scelta di ripartire su due canali diversi i due tromboni e i due contrabbassi, un accorgimento che la dice lunga su come Cavallanti abbia ben chiari gli insegnamenti dei grandi maestri. Per comprendere a pieno lo spirto del disco basta immergersi nell’ascolto dell’iniziale “The Dreamtime (To The Native People Of Australia and Bruce Chatwin”, un viaggio sonoro che si dipana tra le storie degli aborigeni dell’Australia e i romanzi dello scrittore britannico, nel quale non mancano cambi di ritmo improvviso, deviazioni di percorso, in un climax vibrante nel quale spiccano i soli di Cavallanti e di Ottaviano. Si prosegue con la superba “Black Leo (To Pharoah Sanders ed Angelo Tarocchi)”, un’avventura sonica alla scoperta di una ardita costruzione musicale nella quale fanno capolino riferimenti all’opera di Sanders, ma anche a Charles Mingus. Se “Mbizo (To Johnny Dyani)” con le sue suggestioni afro è dedicata all’indimenticato contrabbassista sudafricano, scomparso a quarant’anni, e già al fianco di Steve Lacy e Don Cherry, “Sean Tones (For Sean Bergin” è un omaggio al sassofonista e flautista sudafricano, e spicca per la ricercatezza ritmica con i fiati che spingono sui due canali in un crescendo di grande potenza evocativa. Chiude il disco la suite “Stalking Moon” firmata da Tiziano Tononi e articolata in tre sezioni “Capture”, “Ambushes” e “Conclusion” nella quale ritroviamo echi di Mingus, e che sorprende per l’alternarsi continuo tra fasi in cui viene sviluppato il tema melodico e frammenti in cui viene scomposto fino alla dissonanza. Insomma “The Dreamtime” è un album di alto profilo musicale con le radici ben piantate nel free jazz, ma lo sguardo rivolto al futuro, verso i territori della sperimentazione e dell’avanguardia. danielecavallanti.bandcamp.com/album/the-dreamtime
Salvatore Esposito
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