Con una formazione roboante – e degna di un’opera magna – il sassofonista Simone Alessandrini conclude un progetto articolato, composto da tre tomi. Attraverso cui si sezionano fenomeni complessi, con lo spirito dell’analista e l’approccio del ricercatore. Di chi vuole vedere compiersi il processo che va dall’indagine alla rappresentazione (in musica ovviamente) dell’insieme di sensazioni che il percorso ispira. La trilogia porta il nome complessivo di Storytellers e ha costituito – dal 2017, anno di uscita del primo capitolo omonimo – un’immersione nella selva della dimensione umana, in cui sono stati individuati e trattati i temi della guerra, attraverso storie di personaggi più o meno comuni, e della follia, indagata in “Mania Hotel” del 2021. “Circe” chiude il cerchio e propone un terzo viaggio dentro la natura umana. Detta così, la storia che si racconta potrebbe sembrare un po’ pretenziosa. Invece no: la si elabora con attenzione, con cesellature millimetriche, e la si inquadra in riferimenti che, attestandosi a una distanza precisa l’uno dall’altro, portano l’album oltre l’ascolto e la bellezza del racconto musicale che racchiude. I piani narrativi si guardano per penetrarsi là dove è necessario: la mitologia, la storia, la letteratura, la scrittura, l’improvvisazione jazz, la traccia narrativa che le ispira. E definiscono lo spazio di un’azione multiforme che, dal racconto stratificato dei fiati (a partire dal sassofono del nostro autore), conducono all’Odissea e all’incontro tra Omero e Circe, passando per Giovan Battista Gelli, filosofo e scrittore fiorentino del sedicesimo secolo. Insomma, almeno tre poli narrativi, intorno ai quali Alessandrini intercetta una strada, che percorre nell’intento di individuare una traiettoria definita di racconto musicale. Individuare il centro di questi tre poli non è proprio facilissimo. Perché ognuno dei tre potrebbe, a ben vedere, cambiarsi di posto con l’altro. Però, per facilitare un primo approccio all’album, possiamo intercettare il centro nell’opera letteraria di Gelli, nell’elemento mediatore, cioè, tra l’elaborazione musicale e l’episodio omerico (elemento incardinato, come vedremo, su un tono fantastico e, come si può immaginare, riflessivo). Ora, andando verso quest’opera, intitolata “Circe” come l’album in questione, riconosciamo la forza che viene dal contesto e dalla sua necessaria riappropriazione. Questo è un altro merito dell’album e del suo autore, che propone un elemento (se non di resistenza) di controtendenza: non spingendo fuori il presente, a favore di una pur benemerita cornice di significato storico, ma inventandone uno nuovo, definito nei tratti della sua evidente complessità. Nella “Circe” Galli lavora sulla natura e sulla cultura, su un mondo al contrario da cui emergono riflessioni significative sullo stato degli uomini: Ulisse parla coi suoi compagni trasformati in animali e scopre che questi preferiscono restare tali, perché si sentono liberi dalle miserie umane (ad eccezione di uno che è stato filosofo e non può rinunciare alla ricerca della verità). Niente male – ci dice Alessandrini, qui si apre uno spiraglio su qualcosa che somiglia alla libertà creativa (non scomodiamo altre categorie). E proprio per questo il suo “Circe” prende la forma di un’opera musicale che, nella registrazione live, mantiene la forma della performance che dialoga, attraverso l’improvvisazione, con la determinazione del contesto di riferimento. In questo quadro il significato dell’album diviene chiaro proprio nell’esecuzione dei dodici musicisti. Come si legge nelle note di presentazione dell’album, ogni musicista è un animale che alterna passaggi densi e sezioni minimali, parti di improvvisazione radicale e sezioni di scrittura verticale fitta e rigorosa. L’intento della sceneggiatura musicale è rappresentare gli stati d’animo dei vari animali, raccontando malesseri del genere umano. Formidabile.
Daniele Cestellini
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Suoni Jazz