Loya – Blakaz Antandroy (LZ Records, 2024)

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Nato in Francia, Sébastien Lejeune è cresciuto a La Réunion per poi andare a studiare informatica a Bordeaux e coltivare la sua passione per la musica elettronica col nome di Loya. Nel 2015 sceglie di rinunciare a guadagnarsi la vita con l’informatica e di dedicarsi alla musica, cominciando col tornare a La Réunion. A ottobre dello stesso anno pubblica il suo primo album, “Eruption” cui fa seguito nel 2018 “Corail”. Nel frattempo, ha cominciato ad incontrare e interagire con musicisti locali. Già ne 2016, collabora con il cantante Menwar con cui co-produce un brano: “''Menwar è stato il primo musicista dell’Oceano Indiano con cui ho lavorato, amo molto il suo universo e la sua visione, molto personale, delle cose. È lui stesso a costruire gli strumenti che suona, una pratica cui mi sento affine”. Nel 2018, Loya si trasferisce a Pointe aux Sables dove vive Menwar per registrare insieme “Sagaï”, il primo album del progetto dedicato alle musiche dell’Oceano Indiano intitolato “Blakaz” (che significa “catramare” nella lingua creola reunionese), con cui ha raccolto anche varie testimonianze registrate in video. L’album intreccia la musica elettronica di Loya con lo stile séga di Maurice. Per Loya: “è una fusione che mi assomiglia, essendo nato a La Réunion in una famiglia tamoule, mio nonno era un sacerdote tamoul. In quella tradizione ho nuotato una ventina d’anni prima di andar via per poter studiare. Ora ho voluto legare questi due mondi, quello dell’elettronica e quello della tradizione”. Una tradizione che in quel caso abbracciava anche il canto indiano konnakol, praticato da Menwar così come da Ti frère, Georges Armelle, Fanfan e Paul Mounawah. Per Loya: “‘Blakaz’ nasce dal desiderio di percorrere l’Oceano Indiano per far conoscere al mondo musicisti tradizionali e per provare a
capire cosa ci lega tutti quanti all’interno dell’Oceano Indiano. Quali sono i ritmi, le canzoni, gli strumenti comuni?”. All’origine del secondo capitolo “Blakaz” c’è la richiesta del Musée du Quai Branly di produrre un concerto per una mostra dedicata al Madagascar, traendo ispirazione dai materiali raccolti negli archivi sonori del museo. Per Loya è stata l’occasione per conoscere Remanindry. Nel 2019 è volato ad incontrarlo a Tuléar nel Madagascar meridionale. Lì è nato “Blakaz Antandroy” che sposa la musica elettronica a quella della famiglia Remanindry: papà Remanindry, i figli Samba e Nindry, le figlie Isabelle e Adeline che coltivano la tradizione sciamanica Antandroy e le invocazioni agli antenati Kukulam e ai loro poteri curativi. “Lomalilaty” è paradigmatica della chiamata da parte della voce solista di Remanindry e delle risposte corali che riceve e che la cui tessitura è progressivamente arricchita da variazioni e interventi strumentali. L’album è anche un’occasione per ascoltare il violino malgascio lokanga, suonato da Nindry, che accompagna i canti e fin dal secondo brano, “Be Sadia”, sa scatenare il suo potenziale propulsivo e ulcerante. Le percussioni sono in rilievo in “Zilikala Ekarety” che sa trasmettere l’alta carica ipnotica del mix di poliritmi nel registro grave e voci intrecciate in modalità antifonale. Nell’uso della voce spiccano gli stili remotsy, tecnica vocale che trae accenti percussivi da suoni gutturali come quando capita di schiarirsi la voce, e Poa Keliky, l’arte di trasformare i fischi in scansione ritmica. A Loya il compito di amplificare e riverberare queste onde sonore già perfettamente intrecciate. loyaproject.bandcamp.com/album/blakaz-antandroy 


Alessio Surian

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