Claudia Bombardella – Memoria degli alberi (Radici Music, 2024)

Polistrumentista, cantante, compositrice e didatta, Claudia Bombardella è un’artista eclettica, in continuo movimento, in grado di muoversi abilmente dalla world music alla musica tradizionale, passando per quella contemporanea. Nel corso degli anni, infatti, ha coniugato lo studio di diversi strumenti della tradizione (setar, bendir e daf) e non (sax baritono, clarinetti, violoncello e fisarmonica) con le ricerche sulla vocalità e la creatività che l’hanno condotta, nell’ultimo decennio, a tenere seminari in tutta Europa. Parallelamente molto intensa è stata tanto l’attività concertistica, quanto quella discografica con la pubblicazione di dieci album, tra cui ci piace ricordare “Un mondo fra le mani” del 2008 e il live “Il Risveglio” del 2013. La sua attività di compositrice si è focalizzata, negli anni, sulla scrittura di musiche per formazioni diverse come orchestre e cori, oltre ad aver firmato le colonne sonore per tre documentari. L’abbiamo intervistata in occasione della pubblicazione del suo nuovo album “Memoria degli alberi”, un viaggio sonoro attraverso stili espressivi e tradizioni differenti, ispirato al bisogno di riconnettersi alla Natura.

Ci puoi raccontare come nasce "La Memoria degli Alberi"? Quali sono le ispirazioni alla base di questo disco?
Il progetto “Memoria degli alberi” nasce da un intimo bisogno di ricollegarsi alla natura, alla sua intrinseca saggezza che ci riguarda perché ne siamo parte come qualsiasi animale, pianta o minerale. Nella loro apparente staticità pare che gli alberi osservino la vita, silenziosamente. Noi invece, perennemente attivi, ci perdiamo gran parte della bellezza su questa terra. Per cui l'idea è che… se ci fermiamo un attimo sotto ad un albero e stiamo in ascolto, possiamo forse ricevere in dono… la sua talvolta millenaria memoria.

Come si è indirizzato il lavoro di ricerca musicale per questo nuovo album?
A dir la verità quando creo un progetto attingo istintivamente al lavoro di ricerca sulla musica del mondo che porto avanti da ormai quasi quarant’anni. Certo non è forse un “caso” che gli strumenti siano tutti di legno e che brani di culture diversissime si intreccino come le radici degli alberi, da una parte all'altra del globo.

Quali sono le differenze sostanziali rispetto ai tuoi precedenti album?
Questo album è indiscutibilmente una specie di Inno alla gioia! È comunque sempre un lavoro di delicata introspezione, ma rispetto ai precedenti, la chiave è più leggera e giocosa.

Come hai lavorato sugli arrangiamenti?
Adoro la polifonia e gli intrecci ritmici, quindi anche qui, seppur con pochi musicisti, ho cercato di dare colori armonici ampi e sviluppare melodie vivaci, cangianti, con estrema libertà.  Anche i brani tradizionali che ho voluto inserire sono stati trattati con questo spirito, talvolta modificando le melodie.

Come si è evoluto, in questi anni, il tuo approccio ai tuoi strumenti di elezione?
Eh, di strumenti ne ho studiati e suonato talmente tanti che forse è arrivato un momento di “alleggerire” e semplificare il mio spazio esecutivo. Per cui in scena porto il clarinetto, il daf e il setar, mentre a casa studio il violoncello. Comunque, in tutto questo, domina la voce. Non pesa nulla ed è così duttile.

Come si è arricchita negli anni la tua gamma vocale?
Più che la gamma vocale che ho sempre avuto piuttosto estesa, si è arricchita la mia capacità espressiva,
sempre più libera a scavare nelle risorse più improbabili. Non ho mai avuto una voce potente, ma super duttile e creativamente imprevedibile si, una voce curiosa che si rinnova ad ogni istante.

Quanto è stato importante nella definizione del suono il contributo degli strumentisti che hanno lavorato accanto a te durante la registrazione del disco?
Direi essenziale. Persone e musici d'eccezione. Silvio Trotta con la sua tenace forza ed entusiasmo, un suono (dei mandolini, bouzouki e chitarra battente) che viene da lontano, che racconta e danza con “sabiduria”, Alessandro Bruni che con la sua chitarra classica ha creato una dimensione dai mille colori, dal sostegno dei bassi ai canti e controcanti virtuosissimi. Poi gli ospiti, Jessica Lombardi ai flauti traversi (classico e irlandese) e cucchiai, ha portato aria luce e giocosità, e Marzio Benelli (fonico illuminato) invece, in fase di mix ha dato l'ultimo tocco con percussioni e suoni vari che hanno impreziosito l'intero progetto.

Come hai scelto i brani da rileggere e reinventare nel disco?
Quando lavoro a un progetto seguo un filo che mi guida, pare la cosa più naturale al mondo, non scelgo, piuttosto è come se estraessi dal cappello, apparentemente a caso, poi in realtà sappiamo bene che l'atto creativo è un mistero.

Mi ha colpito molto la rielaborazione di "Passacaglia della vita" di Stefano Landi che nella tua versione diventa "Passacaglia della gioia". Ci puoi raccontare questo brano?
Si è un brano incredibile di cui mi sono innamorata al primo ascolto, ho provato anche a cantarla con il testo originale, ma non mi andava giù questo bisogno di pensare alla morte per godere dell'attimo, allora ho riscritto il testo in chiave decisamente gioiosa il che ha poi influenzato lo sviluppo strumentale/corale fino all'improvvisazione quasi afro alla fine. Come dire: la gioia porta alla libertà.

Altro gioiello è "Setar" con il canto improvvisato in stile iraniano che evolve nella "Tarantella di Sannicandro"...
Si tratta di una mia elaborazione della modalità di canto iraniano con il setar che mi divertivo a trasformare in Tarantella, sempre improvvisando. E’ stato un attimo che Silvio ha colto al volo infilando quel testo bellissimo con la sua voce ideale, perfetta.

Ci puoi raccontare la ballata "Canto del cinghiale innamorato"?
Il testo è un paradosso. L'immagine del cinghiale, selvatico, fortissimo, che non ha paura di nulla, e una
piccola voce piena di grazia che si manifesta quando dorme e gli indica la via tutta interiore di ricerca della luce che danza nel cuore e spazza via ogni dolore. Se la sente lui, allora l'umano ha speranza.

"Uzbekistan/Tarara" ci conduce in un viaggio che va dall'Asia all'Andalusia. Ci racconti questo itinerario sonoro?
Il canto iniziale è una specie di mugugno tipico dell'Uzbekistan, in una cadenza ritmica irregolare, che però ha una sorta di andamento di marcia che si intensifica e sfocia nella scatenata Tarara, come un'esplosione di quella interiorità uzbeka.

Cosa ti ha affascinato dello stile vocale sciamanico della tradizione Acuti?
In primo luogo, l'uso gutturale della voce in cui la laringe sobbalza o comunque si adatta alle esigenze espressive più estreme, senza limiti. Poi la giocosità nel raccontare attraverso i suoni della natura, degli animali, la loro imprevedibilità che rende questo tipo di canto vitalissimo.

In "Danza dell'anima" celebri l'incontro tra una dolce ballata con testo in francese e un canto mongolo...
Da un lato c'è il contrasto fra vocalità, dolcissima e durissima, sospesa e radicata. Da un altro lato il testo francese è molto poetico, contemplativo, come sono gran parte dei testi mongoli che parlano sempre di
natura e a lei si rivolgono per vedere oltre.

Ne "Il canto delle olive" citi Caterina Bueno ma nello stesso tempo la melodia disegnata dal mandolino rimanda alla Grecia. Ci racconti questo brano?
Adoro mescolare gli stili e le storie. Io vivo tra gli ulivi e ogni anno ne ascolto il canto durante la raccolta. Così, in questa avventura fra gli alberi non potevano mancare gli ulivi. Inizialmente il brano era solo strumentale, una sorta di ballata greca cantata da un'oliva, sotto al sole. Come non citare Caterina Bueno?

"Swing" è un brano improvvisato che chiude il disco. Quanto è importante per te l'improvvisazione?
Per me l'improvvisazione è forse la modalità espressiva più consona e naturale al mio essere, deve però avere un senso all'interno di un brano, se no adoro anche la chiarezza di intenti di una forma precisa, codificata.

Come si evolveranno i brani de "La Memoria degli Alberi" dal vivo?
Dal vivo il concerto è una grande avventura guidata da un testo che spiega e conduce attraverso l'incontro con gli alberi, che raccontano, evocano paesaggi sonori, immagini che ci fanno assaporare testi in lingue incomprensibili come l'armeno, l’iraniano. E’ un concerto pieno di sorprese, intensissimo, vivace e gioiosissimo, anche se non mancano momenti di struggente intimità. I musicisti sono straordinari, per cui… vi aspettiamo!



Claudia Bombardella – Memoria degli alberi (Radici Music, 2024)
Guardando in retrospettiva la produzione discografica degli ultimi vent’anni di Claudia Bombardella si comprende come il suo percorso di ricerca si sia indirizzato non solo verso l’approfondimento della vocalità o delle tecniche esecutive per strumenti tradizionali, ma si sia allargato anche verso il disvelamento di quel dialogo costante tra il suono e la Natura, fonte inesauribile ispirazione per la musica. Il suo nuovo album “Memoria degli alberi” nasce dal bisogno di ricongiungersi con la Natura, riscoprendo il legame fortissimo che c’è tra gli uomini e gli alberi, quest’ultimi testimoni delle umane vicende e, simbolicamente, in gradi di conservarne la memoria, i ricordi e le emozioni. Ne è nato un viaggio sonoro in diciotto brani che attraversano latitudini e longitudini sonore differenti, facendo dialogare stili espressivi solo in apparenza lontani, componendo una immaginaria foresta, in cui ogni albero racchiude un mondo intero e da cui risuonano, voci armene, canti sciamanici della tradizione Yacuti, danze rumene, tarantelle del Gargano e inni alla gioia. Ad accompagnare Claudia Bombardella (voce, clarinetto in do, setar, fisa, bendir, daf, nacchere) in questa nuova avventura è un ristretto gruppo di strumentisti composto da Silvio Trotta (voce, mandolino, buozouki, chitarra battente, tamburello, mandoloncello),  Alessandro Bruni (chitarra classica), Jessica Lombardi (flauto traverso, cucchiai) e Marzio Benelli (percussioni, chitarra elettrica, voce - recording, mix & Editing) i quali hanno contribuito in modo determinante alla definizione del suono, non solo arricchendo con i loro interventi i vari brani, ma anche contribuendo alla loro realizzazione. L’ascolto si apre con la brillante versione di “Passacaglia della vita” di Stefano Landi (sec. XVI) riscritta quasi fosse un inno alla vita come “Passacaglia della gioia” con il climax strumentale guidato dalla chitarra battente di Trotta ad avvolgere la vocalità intensa della Bombardella. Si prosegue con “Setar” un canto improvvisato nello stile iraniano che si evolve sorprendentemente nella “Tarantella di Sannicandro” e ci introduce al canto popolare armeno “Gago Mare” in cui spicca la bella coda strumentale. Arrivano poi due dolci ballate “Canto del cinghiale innamorato”, nella quale si apprezza la bella interpretazione della polistrumentista toscana, e “Del tuo mondo” su testo di Paola Ballerini dedicato all’importanza del radicamento umano. “What love can do” è elegante e raffinata nella sua costruzione melodica ad avvolgere un testo che arriva da “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare. La successiva “Uzbekistan/Tarara” mescola un tema uzkbeco con il ritmo trascinante di “Tarara” della tradizione andalusa, mentre “Loosin Jelav” è un canto alla luna della tradizione armena che, insieme “Shamana”,  canto sciamanico della tradizione Yacuti (Siberia), rappresenta il vertice interpretativo ed esecutivo di tutto il disco. Si torna alla ballata con “Danza dell’anima” con un testo in francese dedicato alla bellezza che si trasforma in un canto dal tempo irregolare che rimanda alla tradizione mongola. Se “Une jeune fillette” è una raffinata  rielaborazione del brano del sec. XVI di Jehan Chardavoine, la successiva “Il canto delle olive” evoca la tradizione greca con il dialogo tra mandolino e clarinetto e un piccolo omaggio a Caterina Bueno. Si tocca ancora l’Iran con il canto per la raccolta del grano “Gole gandom” che ci introduce alla gustosa sequenza in cui ascoltiamo la breve ma coinvolgente “Guardo il mondo”, la giocosa improvvisazione “Swing” e il travolgente brano jazzy “Io non smettero”. La ninna nanna “Per tutta la notte” ispirata da un racconto di Chandra Candiani e la solare “When I Sing” chiudono un disco di grande pregio che regala all’ascoltatore un concentrato di suoni e ritmi, ma anche tante buone vibrazioni. claudiabombardella.bandcamp.com/album/memoria-degli-alberi


Salvatore Esposito

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