Olden – La fretta e la pazienza (Vrec Music Label/Audioglobe, 2024)

Nuovo tassello discografico per Olden, dopo l’ottimo “ Cuore nero” e la parentesi “ Questi anni” dedicata agli inediti di Gianni Siviero. Prodotto da Olden con Ulrich Sandner (chitarra acustica ed elettrica), “La fretta e la pazienza” contiene nove brani inediti scritti dal cantautore. Apre il disco “Cinema” (“Ma avevi gli occhi troppo azzurri che neanche il cielo ci ha capito più niente, sei stata il tuono, il temporale, un libro senza un buon finale, il letto vuoto di un ospedale, sei stata la voce che di colpo è mancata, l’esercito stanco e ferito che non va più avanti, la paura dei principianti” ) con il pianoforte di Olden in primo piano che si intreccia al violoncello suonato da Simona Colonna e alla chitarra elettrica. “Fidati di me” (“Sei tu che mi hai insegnato a non godere per primo, sei tu che mi hai toccato dove neanche mi conoscevo, sei tu che mi hai lasciato stremato e senza respiro, sei tu l’improvviso che non mi aspettavo”) è sostenuta da una ritmica di chitarra acustica e dai fraseggi pianistici. Un riff di violoncello dialoga con gli arpeggi di chitarra a ritmo di tango in “ Libellule” (“E ci ritroveremo aquile, con le ali leggere, spiegate, come vele gonfiate a libeccio costante e senza voglie né destinazioni, soltanto figli di una bellezza labile”); di ampio respiro è “La Fretta e la Pazienza” (“Ma i tuoi silenzi addormentati erano lividi che se li sfiori fanno male, lo sai ci sono inverni che non riesco neanche più a ricordare, se abbiamo avuto mai fortuna, prima di perderla un giorno da qualche parte, come si perde la pazienza, un tempo, un dolore , senza capire quando né come”) dove la voce di Olden si sovrappone a quella di Paolo Benvegnù creando una bella alchimia. Echi battistiani si colgono in “ Gioia negli occhi” (“ Gioia negli occhi alba senza rimpianti è quello che sei, che in fondo trovarsi è stato come svegliarsi e adesso è come non svegliarsi più, hai aspettato tanto tempo puoi tornare a risplendere, la paura è solo un muro nero da abbattere” ), malinconica e stralunata è la successiva “Ho sognato Jannacci” (“Se solo sapessi che brutte canzoni ascolta oggi la gente, poi ho aperto gli occhi e già non c’eri più e non ti ho visto più e non ho fatto in tempo a dirtelo, a prendere l’iniziativa, ah ma allora mica è vero che sei morto eh se me lo dicevi prima, pensa che ridere, è meglio ridere che il troppo piangere fa male a me”), un atto d’amore verso il grande cantautore milanese. “Il cuore sbaglia sempre” (“Ho seguito le tue ombre sulla sabbia che ha portato via l’inverno e poi ti ho visto che piangevi, quando ti sei ricordata che eri molto più felice, che il cuore sbaglia sempre e ha sempre ragione”) ha un intrigante atmosfera nebulosa, “Improvvisamente un giorno” (“O nella nebbia che come un respiro ci nasconde l’estate e le nostre valige immaginate, nel richiamo consueto delle nostalgie spietate, delusioni non ancora masticate” ) è cullata dal violoncello e dal pianoforte. Veramente toccante è “La natura leggera delle cose” (“Ma onestamente non mi importa, ho regalato fiori a sconosciuti, ho attraversato deserti e li ho capiti e almeno per un po’ non ci ho pensato, ma in fondo, amore, è la natura leggera delle cose, come pioggia caduta e asciugata dal sole, come la bellezza breve delle rose, come noi” ), perfetta per chiudere questo lavoro. Olden si conferma un fuoriclasse della musica d’autore italiana con un disco intenso e minimale, dominato da una scrittura raffinata e da una voce tagliente che brucia le pieghe dell’anima. “La fretta e la pazienza” è pura bellezza che fa bene al cuore, quindi lasciatevi catturare. 


Marco Sonaglia

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