Les Mécanos – Usures (L-EMA/InOuïe Distribution, 2024)

In occasione del loro primo concerto italiano, tenutosi il 2 agosto scorso in Trentino, abbiamo incontrato Les Mécanos, ensemble transalpino di Saint-Etienne, per raccogliere, attraverso un’intervista, un po’ di notizie su questo progetto nato solo nel 2018 e già ospite a WOMEX nel 2022 nell’edizione di Lisbona. La cornice del nostro incontro è il festival di arte nella natura “Arte Sella”, che si tiene in una splendida valle alpina che sale da Borgo Valsugana (Trento). Luogo tranquillo che fu il buon ritiro di Alcide Degasperi e oggi culturalmente assai vivace per merito di questo festival internazionale. L’idea di invitare Les Mécanos è stata di Mario Brunello, direttore artistico della “Fucina Arte Sella” che oltre al mondo della musica classica in questa occasione si è fatto ispirare dalle voci dei dieci meccanici francesi per ambientare un live all’interno di un’installazione di grandi pietre (una sorta di arena primordiale) realizzata dall’artista Ivan con il titolo “Fonda-menti”. A causa di un temporale passeggero lo spettacolo si è svolto in parte all’interno di Malga Costa, un antico ricovero per le mucche riadattato a spazio espositivo e per eventi, in parte presso l’istallazione all’aperto (dove era stato immaginato inizialmente), senza alcun ausilio tecnico di amplificazione ma con risultati di ascolto senza dubbio efficaci. 
Un live act semi-teatrale, quello all’interno della Malga, con un fondale che richiama il quadro elettrico di un’officina e numerosi attrezzi 
percussivi attorno ai quali si muovono scambiandosi i ruoli o in sincrono i dieci cantori/percussionisti rigorosamente in tuta blu e canottiera che sprigionano quell’energia e fisicità capace di coinvolgere qualsiasi pubblico. Un’estetica operaia forse fuori moda, così come il tema del lavoro e dei diritti dei 
lavoratori, centrale in tante canzoni che nel clima attuale, almeno da noi, farebbe storcere il naso a molti. E invece qui possiamo finalmente riparlare di folk e considerarlo una musica perfettamente attuale, moderna, senza necessariamente doverlo contaminare o snaturare con effetti e glamour. E lo possiamo fare anche perché la proposta dei Les Mécanos è costruita in maniera ineccepibile: radicata nella tradizione ma proiettata nella produzione di nuovi repertori e con quella cura nelle armonizzazioni che arricchisce, con originalità, la formidabile pattuglia di formazioni polivocali del sud della Francia e dell’area occitano provenzale nate negli ultimi vent’anni, da Gacha Empega a Lo Cór de la Plana, fino a San Salvador, solo per fare gli esempi più conosciuti. Nella formazione di Lés Mecanos è evidente la dimensione di un collettivo felice, un approccio collaborativo paritario senza apparente leadership fra i dieci componenti, aspetto che traspare anche dalla gestualità spontanea delle esecuzioni. Attualmente ne fanno parte Sylvère Décot, Rémi Bacher, Gael Bernaud, Martin Bub, Antoine Chillet, Jonathan Duraj, Benoit Feugère, Jeremie Plason; Simon Pourrat, Guillaume Sbaiz. Nella circostanza il gruppo aveva annunciato l’uscita tra ottobre e novembre di una nuova registrazione, facendone ascoltare alcuni brani in anteprima. Dopo l’EP del 2021, si tratta quindi di un secondo album dal titolo “Usures” edito sempre da L-EMA (l’Elclectique Maison D’Artistes). 

Come nasce il vostro progetto e quali sono gli obiettivi?
Il progetto è nato nel 2018 dalla riunione di un gruppo di amici che avevano l’abitudine di cantare dal vivo canti tradizionali tra di loro e in famiglia. In particolare Sylvère cercava da tempo persone interessate a cantare i repertori polifonici del sud ovest della Francia. Un po' alla volta il gruppo si è ingrandito e siamo arrivati fino a 10. Senza avere un obiettivo preciso fin dall’inizio, ci siamo entusiasmati e siamo diventati spontaneamente più professionali, finché nel giro di un anno eravamo pronti per il nostro primo concerto. Era il 2019 e poco più tardi è arrivata la pandemia. Così abbiamo dovuto interrompere i concerti. Come tanti altri ne abbiamo approfittato per lavorare alla creazione del primo disco che è nato nel 2021, dove ci sono solo sei brani, cinque arrangiamenti di brani tradizionali o d’autore (Gabriel Yacoub) e solo uno di nostra composizione. Dopo la registrazione del disco è partita la nostra vera attività come professionisti con il supporto dell’etichetta L’Eclectique Maison D’Artistes (L-EMA). Quest’anno il nostro obiettivo era di finire la registrazione del secondo album, dieci tracce in gran parte originali che speriamo di presentare in autunno nella nostra città, Saint-Etienne.

Come si lavora in un gruppo di dieci persone. Quali sono le modalità di scelta del repertorio, chi lavora agli arrangiamenti dei brani?
Ciascun componente del gruppo è libero di proporre e di portare canzoni nuove, sia che si tratti di una composizione originale che di una raccolta di brani. Prendere decisioni e poter esprimere la creatività di tutti in un gruppo numeroso è obiettivamente difficile; noi ce ne siamo resi conto subito lavorando agli arrangiamenti, per cui abbiamo adottato un metodo che per noi ha funzionato. Una volta che una canzone
viene proposta al gruppo, si costituisce una piccola equipe di 3, 4 membri per lavorare sugli arrangiamenti del pezzo. Una volta che l’arrangiamento è pronto, la piccola equipe lo trasmette al resto del gruppo per poter definire le varie voci in maniera che i ruoli siano definiti per tutti. Poi affiniamo il lavoro con varie prove con il gruppo intero. Lo scopo finale è che tutti siano in qualche misura coinvolti nella definizione finale degli arrangiamenti di tutte le canzoni.

Avete proposto un repertorio molto ampio, tratto in parte dal primo CD, ma avete annunciato che è prossima l’uscita di un secondo album. Ce ne parlate?
Fino ad oggi, la maggior parte delle canzoni che fanno parte del nostro spettacolo derivano da testi tradizionali riadattati da noi. La restante parte del repertorio comprende brani di altri compositori o arrangiamenti di altri artisti come Malicorne, Vox Bigerri e Silvain GirO. Dentro Il nuovo album che uscirà in autunno e si chiamerà “Usures”, abbiamo fatto un deciso passo in avanti. Abbiamo creato tutti gli arrangiamenti che compaiono nell’album e per la prima volta cinque brani - sulle dieci tracce che compongono la track list - sono stati scritti dai membri del gruppo. Abbiamo conservato certi aspetti dello stile del canto tradizionale, ma iniziando ad orientarci verso modalità più vicine alla musica attuale e ai progetti che cercano di evolvere l’approccio polivocale come lo conosciamo. Inoltre stiamo lavorando per allestire uno spettacolo teatrale. E il concerto ad Arte Sella è un primo esempio in questo senso.

Riguardo alle tematiche dei canti che proponete, ci potete raccontare qualcosa e come queste si rapportino all’attualità?
Il nostro repertorio ed anche il nuovo album, prendono spunto in maniera importante dalla condizione dei lavoratori. L’atteggiamento distante della classe borghese verso i bisogni e le problematiche dei lavoratori è un tema che ritroviamo frequentemente nei testi popolari che raccontano dei conflitti sociali legati al lavoro, ma è purtroppo una questione ancora attuale e che ci interessa. Oltre all’argomento della lotta di classe, noi ci stiamo occupando soprattutto della difesa della libertà delle donne. In altri testi descriviamo e denunciamo le trasformazioni del paesaggio, e la deforestazione senza limiti causate dalle logiche interne al sistema capitalista in cui noi viviamo. Nonostante la scelta di utilizzare nelle nostre canzoni sia il francese che il linguaggio antico occitano, raccontiamo storie lontane e storie di oggi, pensando di essere perfettamente attuali nel raccordare la memoria alla vita contemporanea.


L’idea di inserire le percussioni in un gruppo vocale non è nuova, ma l’ambientazione anche scenografica dell’officina meccanica è senz’altro originale. A parte alcuni tamburi cosa utilizzate per la parte ritmica dello spettacolo?
Il nostro set di percussioni è costituito da due tom, una grossa cassa, a cui si aggiungono piccole percussioni che provengono da tutto il mondo (shaker, guiro, sagattes, pandeiro, etc.). Per rinforzare i nostri propositi di difendere la classe operaia noi abbiamo di fatto voluto riprodurre sulla scena l’ambientazione di un’officina. Abbiamo quindi recuperato molti elementi sonori per completare le nostre percussioni: attrezzi metallici, tubi di scarico, vecchi estintori, cerchi delle ruote d’auto, chiavi inglesi.


Les Mécanos – Usures (L-EMA / InOuïe Distribution, 2024)
“Usures” arriva dopo tre anni dal primo lavoro “Les Mecanos” (un EP di sei brani), che già va considerato un esordio di tutto rispetto. Nel frattempo ci sono stati centinaia di concerti (Europa e Canada) e il passaggio a WOMEX. Insomma un inizio niente male per questo ensemble extra-large (sono ben dieci musicisti) cresciuto nel distretto industriale di Saint-Etienne dentro una memoria operaia ancora viva da cui traggono ispirazione. “Usures” è dal titolo una suggestione che rimanda all’ambiente delle officine e delle fabbriche, così come l’idea originale di chiamarsi “Les Mecanos”. Merita inoltre considerare che l’accostamento tra il canto e le tute blu dei meccanici transalpini rinverdisce quel legame atavico, direi biblico (lavorerai con sudore), tra musica popolare e il lavoro (la fatica dell’uomo). Insomma una buona occasione per parlare di folk contemporaneo. Qui l’officina non è solo rumore e polvere, perché la meccanica è di precisione - quello che serve ad armonizzare dieci voci potenti ma educate - e il ritmo non è alienante ma funzionale a supporto della dinamica dei brani, solido, incalzante. Un disco che rivela la maturità dell’ensemble, il profondo legame con la polifonia occitana e in particolare con la nuova generazione che guarda al futuro (Cocanha, Barrut), una appassionata attitudine a creare un repertorio originale, la capacità di attingere alle fonti locali della musica popolare del proprio territorio ivi compreso il coraggio di affrontare a viso aperto i temi drammatici della lotta di classe. Dei due singoli, visibili su youtube che hanno anticipato, l’uscita dell’album vale la pena di soffermarsi su “Deman matin”, brano intenso e musicalmente convincente, dove si parla di lavoratori uccisi, dell’incapacità dei colleghi di ritornare alla routine come se nulla fosse successo, della voglia di abbandonare la fabbrica per una vita più vicina alla natura, dell’istanza morale di non contribuire alla costruzione di armi e fucili, dell’esigenza di rivendicare i propri diritti anche fermando la fabbrica se necessario. Delle dieci tracce, la metà sono frutto di un lavoro collettivo di scrittura e arrangiamento, a conferma dello spirito di forte complicità che anima un gruppo così numeroso. Una coesione di progetto che consente di accostare canzoni emotivamente forti, a brani melodicamente più delicati, giocosi e ottimisti come in “Les Piaf” da cui emerge sottotraccia una formidabile satira politico-sociale. Non mancano i riferimenti più tradizionali ai canti popolari dei carnevali che esorcizzano le preoccupazioni della vita quotidiana e la mescolanza dell’idioma nazionale al dialetto familiare. Una sinfonia vocale polifonica, ricca di bellezza e sensibilità oltreché di ruvida energia maschile, come antidoto e denuncia delle sofferenze passate e attuali generate dalla follia di questo mondo. Meritevoli e coinvolgenti! lesmecanos.bandcamp.com/album/usures


Mauro Odorizzi

Foto di Mauro Odorizzi tranne 1 di 

Posta un commento

Nuova Vecchia