Salvatore Maltana | Marcello Peghin – Insulae Songs (Insulæ Lab, 2024)

La storia del jazz ci racconta di tanti progetti artistici che prendono vita in modo naturale come ulteriore declinazione di incroci di percorsi comuni susseguitisi nel tempo. Le discografie abbondano di album che raccontano tali approdi e spesso si tratta di vere e proprie gemme, soprattutto quando si è di fronte ad un duo. Diversamente dai dischi in solo il cui fascino è comunque unico, i lavori in duo cristallizzano l’incontro tra due background, due universi, due visioni musicali differenti su un territorio comune di esplorazione sonora. È il caso di “Insulae Songs” opera prima del duo composto dal contrabbassista e compositore Salvatore Maltana e dal chitarrista e compositore Marcello Peghin, due tra i musicisti di punta della scena musicale sarda i cui rispettivi percorsi artistici sono costellati da prestigiose collaborazioni (il primo al fianco di Steve Lacy, Ralph Towner, Pierre Favre, Dave Holland, Enrico Rava, Paolo Fresu, Flavio Boltro e più recentemente Sade Mangiarcina, il secondo con Elena Ledda, Gavino Murgia, Riccardo Lay, Sainko Namtchilak, Orchestra da Camera della Sardegna e Band’Union al fianco di Daniele Di Bonaventura) ma soprattutto scanditi sia dall’attività didatti che da quella live. Questo nuovo album, vede i due musicisti ritrovarsi dopo la fortunata esperienza in trio con Max De Aloe nel gustoso “My Folks” del 2019, e nasce in seno al progetto “Insulæ Lab”, creato e coordinato dall’Associazione “Time in Jazz” e realizzato dal Centro di produzione musicale con la direzione artistica di Paolo Fresu. Si tratta di un affascinante itinerario sonoro che, tra composioni originali e superbe elaborazioni di brani tradizionali, attraversa le tradizioni musicali del Mediterraneo per giungere in Sardegna. Abbiamo intervistato Salvatore Maltana e Marcello Peghin per 
farci raccontare la genesi, le ricerche e le ispirazioni da cui ha preso vita questo nuovo album.

Partiamo da lontano. In passato avete spesso incrociato gli strumenti, come siete approdati all'idea di dare vita ad un duo?
Salvatore Maltana - Lontanissimo direi. Abbiamo iniziato a suonare insieme nel 1989 in svariati progetti e quindi crescendo con gli stessi ascolti di dischi importanti che non erano solo jazz, ma direi crossover; per intenderci da Wes Montgomery agli Oregon, da Charlie Parker a Anour Brahem, da Jarrett ad Arvo Pärt e così sino ad ora. Il duo è nato spontaneamente, per esplorare un po' quelle sonorità che ci incuriosivano e che ci facevano stare sino alle 4 del mattino ad ascoltare i dischi. 

Quali sono state le coordinate artistiche e i riferimenti musicali che hanno rappresentato il territorio comune del vostro incontro?
Salvatore Maltana - I riferimenti sono tanti, a tutti e due piace la chitarra quindi sicuramente i nostri eroi uno per tutti Pat Metheny (quello dei primi dischi), ci ha formato e quasi indicato una via sia nella scrittura compositiva che nella ricerca del suono. Sicuramente la nostra rotta ha avuto molte tappe.  Il duo Ralph Tower e Gary Peacock, Egberto Gismonti con Charlie Haden e Jan Garbarek, il trio Gateway (Abercrombie, Holland, DeJohnette), insomma davvero molti stimoli. Penso sempre al fatto che noi, che viviamo ad Alghero non avevamo subito i dischi nuovi da ascoltare, ma grazie a Giorgio (fratello di Marcello) che portava i dischi da Milano abbiamo potuto alimentare la nostra fantasia. Ma non c’è solo chitarra, c’è Bach, c’è Neil Young, James Taylor, il Flamenco, la musica indiana… insomma voraci e curiosi        

Come è nato il disco "Insulae Song", meraviglioso viaggio che si dipana tra le acque del Mediterraneo prima di approdare in Sardegna?
Marcello Peghin -
L’idea di registrare questo disco è nata dopo una serie di concerti in duo per il grande progetto “Insulae Lab”, ideato da Paolo Fresu. Si tratta di un laboratorio musicale all’interno del quale, più di trecento musicisti in vari ensemble provenienti dal bacino del Mediterraneo, sono stati invitati da Fresu a portare un progetto musicale che avesse come filo conduttore questa matrice/radice di insularità.

Come si è indirizzato il vostro lavoro di ricerca musicale e di composizione dei brani?
Salvatore Maltana - Noi per piacere personale tendiamo sempre a comporre musica nuova per ogni situazione musicale in cui ci troviamo e così, spinti dall’invito di Paolo ci siamo messi a “frugare” tra le musiche delle isole del mare nostrum spingendoci sino alla Grecia. Abbiamo recuperato alcune melodie che subito hanno colpito il nostro orecchio e rivestite armonicamente secondo il nostro mood. A questi pezzi abbiamo aggiunto delle composizioni nuove e creato un filo conduttore. Poi, alcuni brani ci sembrava non avessero una connotazione soddisfacente e così abbiamo giocato un po' con l’elettronica e basi costruite da noi. Abbiamo potuto fare tutto questo grazie al fatto che l’organizzazione di “Insulæ Lab” ci ha messo a disposizione uno staff, attrezzature e strutture a Berchidda dove abbiamo potuto lavorare e sperimentare per portare a termine un lavoro che ci piaceva. Se non siamo soddisfatti non esce nulla.

Dal punto di vista degli arrangiamenti, il disco spazia da atmosfere acustiche a brillanti spaccati elettrici. Come si è indirizzato il vostro lavoro in questo senso?
Salvatore Maltana - Di base siamo un duo acustico, ma grazie alla profonda conoscenza che Marcello ha dei suoni sintetizzati abbiamo la possibilità di ingrandire la tavolozza dei colori.
Talvolta anche il contrabbasso viene filtrato con un multieffetto…

Il disco si apre con "Asas sobre o mundo" di Carlos Paredes. Come mai avete scelto questo brano per introdurre il vostro viaggio nel Mediterraneo?
Marcello Peghin - Ecco …un pezzo come questo incarna in qualche maniera quello che la nostra visione della musica. Una bella melodia, un’armonia che le rende giustizia (alcuni passaggi li abbiamo riscritti), un’ambientazione spagnolo/mediterranea, ecco ci è sembrato il luogo sonoro da cui iniziare questa navigazione verso le coste e isole del nostro mare.

La Suite Mediterranea si apre con tre brani tradizionali "Sirto di Creta", "Neratzoula" e "Ventu" che ci conducono dall'Egeo alla Corsica. Scelte anche in questo caso non scontate...
Salvatore Maltana - Come ti spiegavamo prima, per noi la melodia è la cosa più importante. Si deve considerare che nel tempo in cui sono stati scritti i pezzi greci la musica era prettamente monodica e gli accompagnamenti era riservati a strumenti a percussione e flauti (anche simili a launeddas, che si hanno una qualche armonia perché contemporaneamente vibrano più canne, ma con armonizzazioni al massimo di V), quindi l’inserimento di una armonia con troppe voci avrebbe in qualche maniera coperto la melodia. Così l’idea di creare un tappeto sonoro con molte percussioni e synth ha reso quei pezzi odierni. Per “Ventu” abbiamo fatto lo stesso lavoro, solo che questo aveva una melodia già più vicina alle cose che suoniamo e, dunque, poteva sembrare un nostro brano originale.

Nella seconda parte della "Suite Mediterranea" fanno capolino tre brani originali "Mariners" e "La prua verso Ischia" di Salvatore e "Tabarka Song" di Marcello, per toccare ancora l'Egeo con "Masaoria" del cipriota Georgos Kalogerou. Come avete impostato il lavoro su questo segmento del disco?
Salvatore Maltana -
Alla ricerca delle musiche già esistenti nel bacino comune dovevamo aggiungere la musica che, a nostro avviso mancava per avere la mappa completa del viaggio musicale intrapreso. “Mariners” è un omaggio ai pescatori di Alghero (L’Alguer) dove da oltre settecento anni si parla una variante antica del catalano. Naturalmente la città di mare nei secoli ha avuto molte influenze e non ultime anche quelle portate dei pescatori di corallo di Torre del Greco; quindi, anche gli aspetti musicali ed ecco nascere nella mia testa prima la melodia di Mariners, poi mentre studiavo sul contrabbasso spostamenti di tempo con una melodia all’inizio spagnola, è arrivata “La Prua Verso Ischia”; io la chiamo una tarantella zoppa perché invece che in 6/4 è in 5/4… poco pratica da ballare (ride).
Marcello Peghin – “Tabarka Song” è un brano che contiene echi del flamenco, dedicato ad una piccola isola spagnola vicina ad Alicante. Ci avevo fatto un concerto con Elena Ledda e mi è rimasta nel cuore. “Masaoria”, invece, mi ha colpito per la sonorità vicina alla viola capirà, chitarra brasiliana a cori doppi che spesso uso . L’ho, infatti, utilizzata per la registrazione del brano e ha dato un colore in più alle sonorità del disco.

Soffermiamoci sulla conclusiva "Sa Festa Suite" che racconta la Sardegna con il repertorio di canti paraliturgici con "Ave Maria Catalana" e "Stabat Mater", e il ballo con la conclusiva "Fiuda Bagadia" quest'ultima registrata con la partecipazione di Attilio Lombardo all'elettronica. Come avete lavorato su questi brani?
Salvatore Maltana - In maniera molto naturale siamo arrivati ad elaborare il fatto che, in tutte queste terre lambite dal Mediterraneo la vita è scandita dalla risacca del mare ma anche dal suono delle campane, dei mu’adhdhin-muezzin, dai riti sacri.
Costruire il finale con musica sacra ma non solo. In Sardegna le funzioni sacre sono molto sentite. Esiste tra i tenores così come nei suonatori di launeddas, ma anche nel canto squisitamente popolare un
repertorio liturgico per ogni momento e funzione del culto cristiano. Sempre come si usa in Sardegna dopo il momento sacro ce n’è uno paritetico profano, fatto di balli, canti e tutto quello che concerne la convivialità più materiale (vino, carne, dolci, abb’ardente). Partendo quindi dal sacro "Ave Maria Catalana" e lo "Stabat Mater" che si cantano a Pasqua, siamo arrivati a "Fiuda Bagadia" che è un ballo tipico campidanese per launeddas. Marcello ha riproposto la trascrizione per chitarra di Alberto Balia , profondo conoscitore dei balli Campidanesi.

Come si evolve il disco sul palco? Quanto spazio c'è per l’improvvisazione?
Salvatore Maltana - Mantenendo la forma peculiare di questo lavoro cioè con le due suite distanziate dai momenti originali. Dal vivo si tende ad operare dei piccoli cambi come, ad esempio, le velocità dei brani; normalmente si porta un po' più su di metronomo. Si creano delle intro improvvisate magari accennando a frammenti del tema o al ritmo che caratterizza il brano che seguirà. Lo spazio all’improvvisazione è fondamentale è quello che mantiene vivo il repertorio. Anche solo l’idea di poter ogni volta giocare ritmicamente è un’improvvisazione. Per noi che suoniamo insieme da tanto tempo è quasi sempre una questione di sguardi o di orecchie tese nell’ascoltare l’idea lanciata dal altro e così via per tutto il concerto; insomma, ci si prende dei rischi per trasformare la musica.   

Quali sono le differenze sostanziali tra questo nuovo duo e le vostre rispettive esperienze musicali precedenti? 
Salvatore Maltana -
Credo che il modo di agire rimanga sempre lo stesso; conoscenza del materiale musicale, orecchie aperte per captare i segnali degli altri musicisti. Insieme abbiamo partecipato a molti progetti, in alcuni solo come musicisti, in altri anche come compositori e lavorando gomito a gomito come arrangiatori, magari Marcello aveva una idea melodica ed io un arrangiamento armonico, oppure da una improvvisazione nasceva un brano. In sostanza portiamo la nostra esperienza nei luoghi musicali in cui ci troviamo coinvolti.

Come si inserisce questo disco nei vostri rispettivi percorsi artistici?
Marcello Peghin - Usiamo sempre dire che un disco è come una fotografia, un’istantanea. Scrivi musica, la provi, la porti in concerto la registri, così testimoni quello che sei in quel preciso momento. Questo disco è una evoluzione, un passo in più nella strada musicale.

Salvatore, recentemente ho avuto modo di soffermarmi nell'ascolto di "Matìs" il tuo disco in solo di qualche anno fa? Ci sarà un seguito?
Salvatore Maltana - Sai anche il solo per un musicista diventa una esigenza, un confronto, una navigata in solitario. Ognuno lo fa come crede, chi usa l’elettronica, chi looper, chi la sovraincisione, io per conto mio ho voluto suonare delle mie composizioni così come me le dettava il momento e tutti gli ascolti della musica che mi piace. C’è dentro anche moltissima improvvisazione. Quando pensavo di aver finito e con Attilio Lombardo (fonico) abbiamo riascoltato tutto, sentivo che mancava un qualcosa di totalmente libero. Allora ho chiesto ad Attilio di aprire i microfoni e ho suonato per quaranta minuti senza preoccuparmi di strutture o tempo; ho suonato liberamente. Sai non poteva essere tutto buono il materiale (ride) però in mezzo a tutto quel suonato ho individuato tre brani che per me avevano un senso compiuto, li abbiamo estrapolati e messi nel disco. In generale cerco di stupirmi ogni qualvolta suono, nel bene e nel male mi lancio all’avventura… se no poi mi annoio (ride)… il prossimo solo chissà.

Fino a qualche anno fa, ero convinto, ovviamente sbagliandomi di grosso, che il percorso artistico di Marcello fosse in larga parte legato alla sua ormai lunga collaborazione con Elena Ledda. Ho, invece, scoperto un mondo: dalle Variazioni Goldberg di Bach trascritte per chitarra a 10 corde a Band'union con Daniele Di Bonaventura, ma anche lo splendido "Oltre il confine". Cosa bolle in pentola per il prossimo futuro?
Marcello Peghin - Effettivamente in oltre quarant’anni di attività musicale ho partecipato a svariati progetti tra classica, improvvisazione libera, etno e jazz incidendo oltre ottanta dischi. Per fortuna le idee e gli stimoli non mancano. Con Salvatore stiamo lavorando agli arrangiamenti di nostre composizioni per quartetto d’archi, chitarra e contrabbasso. Siamo già a buon punto e speriamo di incidere nel 2025. Abbiamo anche ripreso a suonare dopo vent’anni con il quintetto Atlantico di Enzo Favata. Sto anche preparando la musica per un disco in solo elettrico. Poi nuove idee possono arrivare di giorno in giorno.

Entrambi siete impegnati anche nell’ambito della didattica, parlo sia del grande lavoro di Salvatore con i seminari di Nuoro Jazz, sia di quello di Marcello con Mare e Miniere. Quanto è importante per voi l’insegnamento?
Salvatore Maltana - Per me l’insegnamento è un momento di confronto. Ho iniziato ai seminari NuoroJazz diretti da Paolo Fresu come allievo nell’ agosto 1995 e vinsi una borsa di studio. Nel 2003, avevo appena finito un corso di perfezionamento per trio a Siena, venni chiamato da Paolo per insegnare ai corsi invernali dei seminari per NuroJazz, poi nel 2014 in quelli estivisino al 2020 anno in cui sono diventato direttore artistico. Ora la mia idea di insegnamento intanto parte con l’insegnare, anzi con il consigliare i dischi da ascoltare (non solo jazz mainstrem) per poi affrontare con ogni ragazzo quelle che sono le problematiche da superare per esprimersi nella musica. La didattica fine a sé stessa quasi mai produce coscienze creative; non voglio essere frainteso quindi: lo studio della musica, la conoscenza dello strumento sono imprescindibili e senza una adeguata preparazione non si ottengono risultati, ma insieme va sviluppata la fantasia… comunque nel jazz la verità sta nei bellissimi dischi che i grandi ci hanno lasciato.   
Marcello Peghin -  Condivido pienamente l’idea di Salvatore . Ritengo anche sia importante che l’insegnante abbia esperienze concertistiche per poter trasmettere all’allievo quello che non si trova sui libri.

Concludendo e restando nella prospettiva futura, era suggestivo sapere se avete in animo di dare un seguito ad "Insulae Songs" con un altro disco in duo?
Salvatore Maltana - In questo momento, cioè proprio mentre parliamo con te stiamo lavorando ad un progetto per quartetto d’archi, chitarra a dieci corde e contrabbasso. Vediamo cosa ci porterà questa musica… in realtà tutto è  il seguito del lavoro già fatto.

Salvatore Maltana | Marcello Peghin – Insulae Songs (Insulæ Lab, 2024)
Nato nel 2022  a Berchidda (Nu) con la direzione artistica di Paolo Fresu con la spinta propulsiva dell’Associazione “Time in Jazz”, “Insulæ Lab” è il primo centro di produzione del jazz e della creatività artistica delle isole del Mediterraneo, un vero e proprio incubatore da cui hanno preso vita, ad oggi, quasi trenta progetti originali, che vedono protagonisti musicisti sardi e non, impegnati in diverse formazioni. Una delle prime produzioni nate in seno a questa fucina creativa è il duo composto da Salvatore Maltana (contrabbasso, elettronica) e Marcello Peghin (chitarre), i quali, dopo aver collaborato in diversi progetti, hanno intrapreso un nuovo viaggio musicale insieme che li ha condotti attraverso le acque del Mediterraneo alla riscoperta di antiche melodie tradizionali. Partendo dalla loro terra, i due musicisti hanno costruito un ideale itinerario sonoro tra repertori sacri e profani che tocca la Corsica, per prendere poi il largo verso la Campania e le coste della Grecia fino a giungere a Cipro, fino a far ritorno in Sardegna. Dopo aver debuttato il 2 ottobre 2022 a Cinema Teatro Santa Croce di Berchidda, il duo ha rodato a lungo il progetto dal vivo, per cristallizzare il loro lavoro in studio, al Chicken Coop Studio di Alghero, nel marso del 2023. L’ascolto è affascinante e coinvolgente e si dipana attraverso atmosfere differenti dall’acustico all’elettrico con il brillante dialogo tra le chitarre di Peghin e il contrabbasso di Maltana, impreziosito in alcuni segmenti dall’utilizzo dell’elettronica. Dopo averli visti dal vivo nel corso dell’edizione 2024 di Mare e Miniere, viene spontaneo fare un raffronto tra il live e il disco e, in questo senso, va detto che i due strumentisti sono riusciti a conservare intatta l’intensità, il feeling e il trasporto che esprimono sul palco e questo sia per la loro perfetta intesa, ma anche per la capacità di muoversi con disinvoltura attraverso le musiche di tradizione. Ad aprire il disco è la poetica ed elegante “Asas sobre o mundo” di Carlos Paredes in cui brilla la raffinata tessitura della chitarra di Peghin e ci introduce alla “Suite Mediterranea” in cui ascoltiamo la trascinante danza “Sirto di Creta” con Peghin che imbraccia l’elettrica, sostenuto da una architettura ritmica elettronica molto suggestiva, il rarefatto canto ellenico “Neratzoula” e il brano tradizionale corso “Ventu” con contrabbasso e chitarra che espongono la sinuosa linea melodica. Si giunge poi ad Alghero con l’omaggio alla sua comunità di pescatori con “Mariners” di Maltana nella quale spicca il dialogo giocato sui contrappunti tra il contrabbasso e la chitarra. Se “Tabarka Song” di Peghin spicca per la sua atmosfera quasi flamenca ad evocare l’isola di Tabarka, situata a venti chilometri da Alicante, “Mesaoria” ci conduce a Cipro con Peghin che imbraccia la viola capirà. Il vertice del disco arriva sul finale con “Sa festa suite” che segna l’approdo in Sardegna con il toccante arrangiamento di “Ave Maria Catalana” con Peghin all’elettrica e lo struggente “Stabat Mater” che ci conduce al finale con il ballo a tondo “Fiuda Bagadia” in cui fa capolino l’elettronica di Attilio Lombardo. Insomma, “Insulae Songs” è un album di pura bellezza, un concentrato di brillanti intuizioni musicali e profonda conoscenza delle musiche tradizionali del Mediterraneo. Da ascoltare con attenzione.


Salvatore Esposito

Foto di Frank Shouter

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