Dall’ascolto di “Rock Bottom” difficilmente si è usciti indenni, di questo disco negli anni si è parlato tantissimo ma questa estate ha festeggiato il cinquantennale, mezzo secolo è trascorso dal giorno in cui dal nero partì un’assolvenza che, pian piano e senza effetti elettronici, illuminò l’intera scena musicale europea. Robert Wyatt è stato colui che scelse di non prendere posizione tra canzone pop e jazz, tra standard e avanguardia, tra tradizione bianca o nera, tra strofa e ritornello. Che decise di non scrivere testi che svelassero chiaramente le sue intenzioni e di cantarli con quella voce perennemente fragile, esitante e dubbiosa che o si ama incondizionatamente o non la si sopporta. Con lui il rock sperimentale si sposò e si confuse con la canzone d’autore. Pochi accordi, nessun virtuosismo, le sue melodie sono talmente instabili da apparire oscillanti su un invisibile filo “qualcosa di tecnicamente assai modesto, dei piccoli ritornelli per adulti, non è rock’n’roll, non è jazz, non è contemporanea, non è folk” affermò. Effettivamente è più facile dire quello che la sua musica non è, quello che nasconde, piuttosto che definirla. La storia racconta che questa esplorazione della quiete dei fondali marini iniziò in inverno, all’isola veneziana della Giudecca, osservando lucertole e gechi sui muri oppure gondolieri in pausa, cantare “O Sole Mio” al bar. Avrebbe dovuto essere il terzo disco dei Matching Mole, Nick Mason (batterista dei Pink Floyd) era entusiasta e onorato della richiesta di produrlo, visto che adorava ogni cosa facesse Wyatt. Ma il disco non vedrà mai la luce a causa del noto “incidente”. L’ascolto del paesaggio musicale di Rock Bottom rivelerà un uomo del tutto differente, in poco tempo trasformato dagli eventi e non solo nel fisico. Dagli schizzi lagunari emergeranno tempi dilatati, strutture semplificate, una nuova immersione negli spazi e nella luce. Viene a galla soprattutto la magnitudo di un modesto e economico organo portatile di marca italiana Riviera, dalle piccole dimensioni, regalatogli dall’ancora fidanzata Alfie (Alfreda Benge) per passare il tempo in sua attesa (lei era in quel momento, film editor di “Don’t Look Now” - A Venezia Un Dicembre Rosso
Shocking - di Nicholas Roeg). Poco più che un giocattolo ma che, sotto le dita di Robert, guizza come un pesce, piegando le emozioni alle trame della propria impalpabile voce, “possedeva un particolare vibrato, che luccicava come l’acqua che ci circondava” affermerà anni dopo.
La descrizione quasi infantile del suo innamoramento per Alfie contenuta nell’allusiva “Sea Song”, è antecedente alla tragedia, al trauma e alla nuova consapevolezza di Wyatt, che ha più volte sostenuto come le parole del disco fossero state scritte in precedenza. Ma diventa pressoché impossibile non cedere alla suggestione di intravedere in filigrana, collegamenti con i drammatici avvenimenti seguenti. Quale ascoltatore non vi è stato tentato? D’altronde il bisogno umano è sempre veicolo supremo di conoscenza, la reale portata del valore di qualcosa viene immancabilmente rivelato dalla sua mancanza. Ma sarebbero serviti fior di valenti analisti dell’inconscio per rivelare una eventuale autobiografismo, così ben mascherato da Robert in fondo all’acquarello “Sembri differente ogni volta che vieni fuori dalla brina dell’acqua increspata di spuma, la tua pelle brilla morbidamente al chiaro di luna, in parte pesce, in parte focena, in parte cucciolo di balena…sarai diversa in primavera, lo so, sei una bestia stagionale come la stella di mare che si lascia trasportare dalla marea…” La poesia d’amore surrealista “L’Unione Libera” (scritta e pubblicata anonima nel 1931 e l’anno dopo ripresa in “La Revolver À Cheveux Blancs”) di André Breton appare qui mascherata come da un’onda: “ La mia donna dai capelli di fuoco e legna, dai pensieri di lampi di calore, dal busto di clessidra, di lontra tra denti di tigre...la mia donna dalle spalle di fontana e teste di delfini sotto il ghiaccio...dalle braccia di schiuma marina e di chiusa...la mia donna dal sesso di terra aurifera e di ornitorinco, sesso d’alga e di specchio, la mia donna dagli occhi pieni di lacrime e di livello d’acqua...” Il giardino selvatico sotto la superficie liquida descritto da Rock Bottom è abisso popolato da alghe e animali marini, questo orizzonte sub-acquatico rappresenta un cambio di sguardo totale rispetto alle metafore spaziali utilizzate dal rock in quegli anni (anche dai suoi stessi amici, Daevid Allen in testa). Comunque, il senso dello spazio “floydiano” contribuito dalla produzione di Nick Mason, farà suonare questo disco di Wyatt come nessun altro.
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