Aprono, il venerdì sera, i “Suonatori della Valle del Savena”, dall’alto Appennino bolognese, gruppo ideato nel 1974 da Stefano Cammelli, a seguito di ricerche sul campo, per rivalorizzare musicisti e repertori di quella tradizione. A guidare la serata l’inarrestabile e coinvolgente Placida ‘Dina’ Staro che, come gli altri musicisti, si alterna tra musica, canti e animazione coreutica per mostrare e insegnare danze, almeno le più caratterizzanti. Il loro repertorio è infatti composto oltre che dal “vecchio liscio” o “bal musette”, cioè polche, valzer, mazurche, tanghi, etc., anche da balli più antichi, sempre della propria tradizione. Il pubblico è numeroso e vario, locale e urbano. I locali conoscono bene il “bal musette”, che praticano, e sono abituati ai balli antichi ancora presenti e vitali nelle Valli di Lanzo ma non certo alle danze dell'alto Appennino bolognese che hanno comunque sperimentato divertendosi molto grazie al coinvolgimento dei Suonatori. La serata si fa festa e si conclude con un’anticipazione di canti spontanei in una splendida condivisione tra Valle del Savena e Valli di Lanzo. Il giorno dopo, il sabato, è la volta della “Via dei canti”, il momento di principale intensità che dal pomeriggio si sviluppa lungo la sera e prosegue la notte in una vera e propria immersione in questa cultura del canto polifonico. Il pomeriggio, dedicato in genere a ricerche e studi sul canto tradizionale, è stato aperto dalla presentazione dell’”Opera Omnia” del Coro Bajolese a cura di
Amerigo Vigliermo, presentazione intensa e toccante alla quale è seguito il conferimento del “Premio Viuleta 2024” allo stesso Vigliermo. Un premio dedicato ogni anno a un soggetto, selezionato dall’organizzazione, che si è distinto nella promozione, documentazione, nello studio e nella diffusione del canto spontaneo. Segue un altro dei momenti più coinvolgenti della rassegna, la presentazione pubblica degli otto gruppi ospiti sul piazzale della chiesa parrocchiale. Alla luce ormai radente del tramonto, in una posizione elevata con un vasto panorama sulla valle e sui tetti tradizionali in ardesia, ogni gruppo si presenta per poi eseguire un brano e concludere con un canto collettivo che vede coinvolti tutti i cantori ospiti. Quest'anno apre il momento delle presentazioni una sorpresa, il canto di un gruppo di una ventina di bambini locali dai tre ai tredici anni e a seguire una canzone a ballo, una corrente in lingua locale, danzata dagli stessi bambini. Si tratta dei primi risultati di un progetto seguito da alcuni cantori e musicisti locali promosso dalla rassegna stessa in collaborazione con Istituti scolastici, Comune e Sportelli Linguisitci. Si è voluto in questo modo ufficializzare l’ingresso dei più piccoli a questa tradizione che di fatto vivono e osservano nel loro quotidiano. Dopo una cena collettiva aperta al pubblico in cui esplodono
canti e convivialità scende la notte e inizia “la via dei canti”. Gli otto gruppi ospiti si sistemano presso i locali pubblici di Viù, ognuno in una propria postazione fissa, per proseguire a cantare attorno a un tavolo in una situazione rilassata e "spontanea", senza amplificazioni, senza strumenti musicali, alternando canti a convivialità. Sono predisposte inoltre nel paese alcune postazioni segnalate per il canto libero, dove chiunque può sistemarsi a cantare e in ogni edizione si riempiono. Sono seduti attorno a un tavolo i cantori mentre si muove per le vie e i locali il pubblico fornito di una mappa per trovare, ascoltare e riconoscere gruppi, provenienze e sonorità. La notte si fa fiabesca, un concerto diffuso e immersivo, un viaggio emozionale all'interno di un'antica cultura sonora. Se l’ufficialità dell'evento prevede la conclusione entro le due di notte con un incontro ancora collettivo e culinario verso mezzanotte, di fatto il paese risuona di canti fino all'alba. I gruppi ospiti in questa edizione sono stati: il Coro Bajolese di Bajo Dora, nel Canavese (To); il gruppo di canto tradizionale di voci femminili della Val Resia (Ud), di minoranza linguistica slovena; la Compagnia del Maggio di Monghidoro, dell'Appennino Tosco-Emiliano (Bo), gli stessi Suonatori della Valle del Savena che hanno posato gli strumenti musicali per cantare a sole
voci polifoniche, gruppo spontaneo che nasce nel 1996 su iniziativa di Placida Staro dell’Associazione culturale “E bene venga maggio”; I Cantori dell’Oltrepo pavese, provenienti dalle Quattro Province, formazione che nasce dall’unione di elementi dell'Alta Valle Staffora e delle prime colline dell’Oltrepò pavese; Cantà Promàn, cioè i cantori di Premana, Valsassina (Lc), che veicolano una tradizione del canto molto particolare, studiata e documentata da studiosi quali Renato Morelli, Roberto Leydi, Glauco Sanga, Pietro Sassu. Inoltre, come per ogni edizione, è numerosa la partecipazione di cantori locali delle Valli di Lanzo, suddivisi in tre gruppi provenienti in particolare da Viù (Le corde locali), Mezzenile e Cantoira (Li Magnoutoun). La domenica, in una splendida mattinata dal cielo terso e azzurro, in esterno e sempre in acustico, presso l'Istituto Oblati di Maria Vergine, i gruppi di Premana, della Val Resia e la Compagnia del Maggio di Monghidoro hanno animato la celebrazione con il proprio repertorio popolare di tradizione orale liturgico e paraliturgico. È stato il terzo e ultimo evento, “Le vie del sacro”, per promuovere un canto legato alla dimensione del sacro ma eseguito con le medesime modalità del canto spontaneo profano. Lo stesso celebrante ha voluto sottolineare l’importanza della musica come linguaggio universale, motore dello spirito e dell’azione positiva che crea comunità. La Viuleta è
promossa dal Comune di Viù ed è patrocinata da vari Enti, tra cui la Città Metropolitana di Torino, la Società Storica delle Valli di Lanzo, il Centro Ricerca Etnomusica e Oralità di Torino (CREO), l’Associazione Cori Piemontesi (acp). Vede la collaborazione della Pro Loco di Viù, dell'Unione Montana Alpi Graie, del Consorzio Operatori Turistici Valli di Lanzo e riceve un contributo dalla Regione Piemonte. Da quest'anno, inoltre, si aggiunge la collaborazione con le attività culturali promosse dalla Città Metropolitana di Torino e realizzate dalla Chambra d’Òc per la legge 482/99 “norme a tutela delle minoranze linguistiche storiche”. L’intero evento nasce con l’intenzione di promuovere e contribuire a salvaguardare questa antica cultura musicale e fungere da riferimento, luogo di incontro e scambio per cantori, musicisti, studiosi, appassionati. Una cultura, una polifonia con precise prassi stilistiche, che veicola un mondo sonoro che è innanzitutto un mondo sociale. Una sonorità che contribuisce a fare e mantenere comunità. Ogni edizione viene documentata con registrazioni sonore, video e fotografie con l'intento di creare nel tempo un archivio pubblico. Il nome Viuleta deriva da un’antica ballata molto diffusa nell’arco alpino, “La Lionetta” del codice di Costantino Nigra nei “Canti popolari del Piemonte” (prima edizione 1888). Il nome è dunque un richiamo a una canzone narrativa ancora presente nel repertorio contemporaneo e con
tratti antimilitaristici e proto femministi, cari alla rassegna. Ma è anche un gioco di parole, in cui si fondono il nome del Comune ospitante, Viù, e laeta, dal latino laetitia, cioè gioia: un luogo quindi lieto di accogliere. Quest’anno la rassegna è stata dedicata pubblicamente a Giovanna Marini, personaggio della cultura italiana straordinario, che molto ha dedicato alla ricerca e alla promozione del canto di tradizione orale e che da poco purtroppo è mancata. Cara amica di molti cantori locali e della rassegna stessa ha insegnato tanto ma soprattutto a riconoscere e a comprendere il valore etico ed estetico di questa cultura. Negli stessi giorni della rassegna si è tenuto un grande incontro in suo ricordo presso L’Istituto Ernesto de Martino. Un festival piccolo, poco conosciuto, in un luogo liminare ma che esprime “una visione del mondo radicata nel profondo” per citare il pensiero di Luigi Cinque quando avvisa che “nella crisi, il piccolo salva il grande”, in una massa contemporanea italiana di grandi festival globalizzanti e massificanti, dove si perdono le sfumature e i colori del suono tradizionale ma anche il senso di una cultura “occorre ricominciare dal piccolo, dall’ombra, senza che ci vedano arrivare”. E chiudiamo in positivo riportando un messaggio personale di Placida ‘Dina’ Staro, con il suo consenso, ricevuto la sera della domenica: "Vorrei ringraziarti, personalmente e a nome di tutti noi, Associazione, Compagnia e suonatori, per gli splendidi giorni trascorsi insieme. La vostra manifestazione è un esempio luminoso di Tradizione in movimento e di concertazione di intenti...”.
Flavio Giacchero
Foto e video di Flavio Giacchero
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