El Khat القات – Mute (Glitterbeat, 2024)

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Il polistrumentista Eyal el Wahab, il percussionista Lotan Yaish e l'organista Yefet Hasan – nucleo di El Khat – hanno registrato “Mute” in Israele, in un rifugio sotterraneo di un villaggio isolato. “Il mio stato d'animo in quel momento influenzava le composizioni prima ancora di arrivare a scrivere la musica”, osserva el Wahab, “Quel luogo isolato ci ha dato la possibilità di dare un senso a quel che stava succedendo”. Terminate quelle sessioni di registrazione, nell'estate del 2023, il gruppo è emigrato a Berlino. “Queste canzoni parlano di emigrazione, di quando lasci una persona o un luogo. Non credo di essere rimasto in un posto per più di un anno. Per noi ebrei arabi, con famiglie che sono state costrette a lasciare lo Yemen, tutto è iniziato con quel grande esodo e con l'arrivo delle nostre famiglie in Israele, una terra in cui l' ‘altro’ viene costantemente messo a tacere”. In questo contesto, sapersi reinventare diviene una necessità e una leva creativa. Così è stato nel percorso di Eyal el Wahab, prima a Jaffa, città in cui è cresciuto, poi a Tel Aviv e Gerusalemme: pur non sapendo leggere gli spartiti musicali, ha trovato i modi per inserirsi nell'Orchestra Andalusa suonando il violoncello a orecchio, mentre imparava a fraternizzare col pentagramma. Dando vita al gruppo cosmopolita El Khat ha potuto dar forma alle sue idee musicali: questo è il terzo album, dopo i notevoli “Saadia Jefferson” (2019” e “Aalbat Alawi Op.99” di due anni fa. Le sonorità che rendono unici i suoi brani vengono anche da strumenti come la brocca o la kubana (che trae il nome da un pane yemenita) e sono sue invenzioni, create con mani di abile falegname, tratti distintivi di “mute”, a sottolineare la capacità di fare musica con oggetti che altri scartano: tutto può venire riutilizzato, nulla va sprecato. Anzi, proprio queste sonorità così specifiche riescono a riverberare l’essenzialità delle melodie di El Khat che
predilige linee melodiche disadorne e dirette, ispirate alla musica tradizionale yemenita degli anni Sessanta. Alcune nuove canzoni, come “Tislami Tislami” che apre l’album, rimandano alle forme del pop, con la melodia in primo piano, in continuità con l’album precedente”. Tutti i loro lavori, per el Wahab “raccontano relazioni e tensioni fra parti diverse che cercano di diventare un tutt'uno, cercando di evitare il silenziamento e il conflitto. Le canzoni parlano di vecchi amori, di campagna, di famiglia, di sentimenti e di identità”. E delle domande che accompagnano i sentimenti, come nei versi di “La Wala”: “Perché non riesci mai a goderti il momento in cui ti trovi/ E dici sempre addio/ Perché? Perché?” I suoni percussivi sono secchi, sentieri aridi su cui provare ad innestare line melodiche capaci di disegnare una diversa linea di confine, a volte esplicitamente antimilitarista, come in “Intissar": "Qualcuno ora è alla ricerca di un nuovo territorio / Quando si alza la bandiera / Quando ci si diverte / Qualcun altro cade a terra”. Le sorprese arrivano con l’organo irriverente di “Commodore Lothan”: “La canzone nasce da uno scherzo. Parla di noi, del gruppo, del nostro batterista Lotan Yaish che abbiamo soprannominato ‘comandante Lothan’, un inserto leggero tra le domande e i dolori che attraversano le altre canzoni. Il dubbio”, continua el Wahab. “mi salva. Molte persone determinano facilmente cosa sia bene e cosa sia male, ma io credo che siano collegati tra loro, dipende della prospettiva da cui si guarda. Nella mia scrittura cerco di aprirmi a entrambi i lati. Ascoltare, essere completamente consapevoli, senza etichettare, senza mettere a tacere”. Questo senso di apertura permea le canzoni. L'album può essere ombroso, come nel breve interludio percussivo “Tabl Yamani” o nel ricorso ai quarti di tono di “Almania” così come può diventare ostinato e impetuoso, guidato dagli ottoni di “Zafa: Talaatam” o dall’energetico corso melodico di ‘Ward’. La parte armonica, così come i versi chiave punteggiano i brani con un richiamo alla moderazione, come nelle strofe di “Zafa”: “Il perdono, il perdono creerà meno errori / tra di noi”elkhat-music.bandcamp.com/album/mute


Alessio Surian

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