KOKoKO! – BuTU (Transgressive Records, 2024)

“BuTU”, secondo disco del gruppo KOKoKO!, è un ruggito dal cuore di Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo. Distorsioni, suoni grezzi e crudi da strumenti costruiti con materiali quotidiani e di recupero, sintetizzatori profondi e soprattutto una catena di groove poderosi e travolgenti si incontrano in un disco moderno e urbano, di quelli che balli finché non hai più fiato in gola. Il titolo del disco – “notte” in Lingala – fa intendere in qualche modo l’intenzione del collettivo, che cattura il caos, la creatività, l’intensità e l’energia del panorama notturno della capitale congolese. È anche tuttavia un’espressione collettiva e multidisciplinare, che nasce dalla collaborazione di artisti, ballerini e musicisti che condividono uno spirito di ribellione nei confronti della frustrante situazione politica del paese e dello sfruttamento che subisce su scala globale. Sebbene coerente con lo stile del precedente, “Butu” è più intenso, più grezzo e sfacciato. Il disco trae ispirazione da una lunga serie di generi musicali, in primis sicuramente c’è l’EDM più sperimentale, in particolare sottogeneri come il kuduro angolano ed il kwaito sudafricano, ma sono anche udibili le impronte punk e rock. Alcune di queste influenze sono il risultato dei viaggi condotti dai membri del gruppo, che dopo il successo del primo disco hanno cavalcato palchi di festival come All points East, Green Man, Pitchfork Festival e SXSW, con apparizioni sul roster di piattaforme come NPR Tiny Desk e Boiler Room. Il disco si apre proprio sulle strade, col vociare indefinito e il clacson di un motorino che fanno da sottofondo a un sintetizzatore che lentamente filtra la visuale e lascia entrare gli strumenti. Qualche percussione, un basso, altre percussioni, le voci, pian piano si fanno largo nello spazio fino ad organizzarsi nel brano “Butu Ezo Ya”. Seguono “Bazo Banga”  e “Donne Moi” più upbeat e ballabili per la cadenza regolare, ma sviluppate comunque sulla sperimentazione e manipolazione del suono. “Mokili” guarda verso il pop col suo ritornello memorabile, una quasi assenza di distorsione, e il tempo relativamente più calmo nonostante l’aumento di passo nella seconda metà del brano. Una menzione d’onore a “Nasali Nini” il cui sound ed energia non possono che rapire, specialmente in performance dal vivo. “Butu” è un disco difficile da raccontare a parole, perché le descrizioni che saltano alla mente per ogni brano si adattano stranamente anche ad altri. La sensazione però non è di ripetitività, anzi, il gruppo è in grado di creare, mantenere e rinnovare l’energia attraverso le tracce, alternando sperimentazione sonora digitale ed analogica con l’affiancarsi di strumenti DIY e di produzione studio. Lo fa in maniera coerente, ma l’energia catturata in ogni brano è differente, sebbene sempre esuberante. L’impressione che dà è proprio quella di un tumulto cittadino, della baraonda di strade che si incontrano, la confusione di persone che comunicano, ma anche l’ilarità del mescolarsi e perdersi in cose e persone. Forse per la sua sonorità elettronica, che per necessità si accompagna al ballo, è facile immaginare questa città proprio di notte come gli autori ce la volevano raccontare. In questo hanno sicuramente trionfato, creando un titolo esuberante e frenetico che non vediamo l’ora di ascoltare (e soprattutto ballare) dal vivo. kokokomusic.bandcamp.com/album/butu 


Edoardo Marcarini

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