Andrea Satta – Niente di nuovo tranne te (Santeria/Audioglobe, 2024)

Pediatra “in bicicletta” nella periferia di Roma, ma anche cantante, autore, scrittore e agitatore culturale, Andrea Satta è un artista funambolico, in continuo movimento, e lo dimostrano i trent’anni di attività con i Têtes de Bois con i quali ha pubblicato nove album in studio, oltre a mettere in fila concerti dai festival di strada al palco del Premio Tenco, progetti tanto innovativi quanto affascinanti come il “Palco a pedali”, senza contare le diverse collaborazioni artistiche nate nel corso degli anni come quelle con Francesco Di Giacomo, Daniele Silvestri e Joan Baez. In parallelo ha dato alle stampe anche diversi libri come “I riciclisti” (Ediciclo, 2009), “Ci sarà una volta” (Infinito, 2011), “Officina Millegiri” (Sinnos, 2016), “Mamma quante storie!” (Treccani, 2016), libro ispirato alla “Giornata delle  Favole” che da diversi anni organizza nel suo ambulatorio, “Pise e Pata - dialoghi tra bambini sulle cose del mondo” (Rrose Sélavy) e “La fisarmonica verde” (Mondadori Ragazzi) dal quale è nato lo spettacolo omonimo sul viaggio di ritorno del padre dal 
campo di concentramento nazista di Lengenfeld, in Germania, dove era stato rinchiuso dopo l’8 settembre 1943, fino al quartiere romano di San Lorenzo. Ad arricchire il suo articolato percorso artistico è arrivato quest’anno “Niente di nuovo tranne te”, il suo primo album come solista, nel quale ha raccolto dodici brani originali densi di bellezza, poesia e passione, prodotto dal polistrumentista Giorgio Maria Condemi e nel quale spiccano le collaborazioni con Paolo Benvegnù, Daniele Silvestri e Giovanni Truppi, a cui si aggiungono anche i Têtes de Bois.
Abbiamo intervistato Andrea Satta per farci raccontare la genesi di questa sua opera prima, in occasione dell’appuntamento finale del progetto “La bellezza in bicicletta. 100 anni e 1000 chilometri con Alfonsina Strada”, andato in scena lo scorso 22 settembre al Campo dei Tornei di Villa Torlonia a Roma con la partecipazione speciale di Chiara Civello Valentina Carnelutti Teresa Saponangelo Laboratorio Modi del Canto Contadino ” Giovanna Marini” della Scuola Popolare di Musica di Testaccio diretto da Gabriella Aiello e Michele Manca Le operatrici del Centro Antiviolenza BeFree, coordinato da Oria Gargano. Dall’8 al 21 luglio, infatti, Andrea Satta ha intrapreso un viaggio in bicicletta dalla Basilicata all’Emilia Romagna per ricordare la donna che nel 1924 corse il Giro d’Italia insieme agli uomini, ma anche per celebrare i diritti irrinunciabili delle donne e per incontrare le operatrici dei centri antiviolenza. Ogni giorno, alla fine di ogni tappa, ha portato in scena le canzoni del nuovo album con il live “Niente di nuovo tranne te, Alfonsina Strada” a cui hanno partecipato Maria Grazia Calandrone, Nada, Petra Magoni, Chiara Rapaccini, Valentina Carnelutti, Erica Mou e i cori di voci femminili dei diversi luoghi attraversati. 

Dopo trent’anni di progetti, festival, concerti e dischi con i Têtes de Bois ha pubblicato “Niente di nuovo tranne te”, il tuo primo disco come solista. Ci puoi raccontare com’è nato?
Nel corso della mia vita ho avuto la fortuna di fare tante cose, spesso bizzarre ma anche appassionanti, ho suonato con i Têtes de Bois su un vecchio camioncino, ho ideato il Palco a Pedali, ho fatto l’inviato al Giro d’Italia e al Tour de France e poi tanti concerti nei posti più impensati dalle fabbriche alle galleria, passando per le stazioni abbandonate, e poi sulle rotonde stradali. Avevo queste canzoni molto personali
per le quali volevo un suono diverso, più sporco, più crudo rispetto a quello dei Têtes de Bois che, per i nostri trent’anni insieme, mi hanno concesso una licenza premio. Sono innamorato di questo gruppo, è la mia vita, la mia famiglia, i miei amori. Loro sono meravigliosi ma ci sono anche altre cose meravigliose da porter scoprire. Conoscevo Giorgio Maria Condemi e con lui abbiamo cominciato a lavorare su queste canzoni dandogli un tratto diverso da quello che ho fatto in passato.

Nei brani del disco racconti storie, tratteggi ritratti di persone incontrate sul tuo cammino, anche professionale…
Queste canzoni sono uno sguardo sul mondo che mi circonda, sulla provincia, la periferia romana. Non ci sono storie estreme ma solo quella quotidianità che stanca e travolge le esistenze, dove nascono amori e sogni. Sono storie vere, storie di vita vissuta, fotografie, sguardi che ho incontrato e che mi hanno colpito, intercettate nel mio ambulatorio o alla fermata dell’autobus. C’è “Maddalena” che è una ragazza che fa la cassiera nel supermercato. Quella sua è una storia vera così come quella di “Amore al centro commerciale” o “Coupon”. Sono storie di vita passata avendo come piazza, come luogo di incontro i centri commerciali che artificialmente ricostruiscono un mondo inesistente, dichiaratamente votato al consumo. Nella piazza di un paese non ci sono solo i negozi, mentre nei centri commerciali ci sono solo quelli. L’unico elemento è l’acquisto. Sei un compagno di viaggio, sei un consumatore. La parola consumatore mi spaventa perché essere considerato il tramite fra la bocca e il culo mi sconvolge. Nelle canzoni c’è poi certamente un piano introspettivo della mia vita, su quello che penso dentro di me, le mie riflessioni.

Negli anni hai realizzato tanti progetti da quelli dedicati alla tua passione per il ciclismo a “Mamme Narranti” nato nel tuo ambulatorio, per giungere al libro e allo spettacolo “Fisarmonica Verde”. Quando c’è di queste esperienze in queste canzoni? 
Torna tutto. “La Fisarmonica Verde” ritorna in “Cosa ricordi di tuo padre”. In qualche modo sono presenti le mie mamme perché alcune delle vite che racconto sono le loro, vite di periferia, di hinterland di una metropoli attraversata, straziata, stremata dalle tangenziali e delle aree di servizio, dal consumo di suolo, dagli sguardi che non si incontrano, dalle persone che non si toccano, la meraviglia del digitale, della telefonia, del web. Tutto questo ci sta ribaltando in un isolamento selvaggio. Siamo sempre più soli in un uragano di comunicazione che è un paradosso veramente folle. Siamo così tanto in connessione che non abbiamo bisogno più dell'altro che abbiamo vicino, perché tanto c'è sempre un altrove rispetto a quello che viviamo. Io questo lo trovo drammatico. Il primo pensiero che abbiamo quando vediamo una cosa meravigliosa è fotografarla per mandarla a qualcun altro, non prendere la mano di chi abbiamo accanto. Io sono uno lontanissimo dalla nostalgia, perché penso che il passato sia stata la stagione peggiore. Non sono un passatista perché penso che il passato sia stata la tragedia di oggi tutti gli orrori di cui parliamo sono successi nel passato: il nazismo, il fascismo, Stalin. Tutte le cose più orrende che ci possiamo ricordare sono già successe, quindi nessuna nostalgia per il passato. In questa oggettiva osservazione di quello che accade devo dire che l'arrivo di questi strumenti elettronici, insieme ad alcuni vantaggi indiscutibili, ci stanno regalando tanta solitudine.

Dal punto di vista della scrittura come si è evoluta dagli esordi con i Têtes de Bois a “Niente di nuovo tranne te”?
Ho scritto questo disco in un periodo di tempo ampio, mi sono preso del tempo per farlo e ora mi sento molto centrato anche su queste storie. Sono racconti concreti nelle quali c’è la vita vera. Prendi, ad esempio, “Io amo te” dove c’è un uomo che torna a casa e fermatosi al semaforo quasi spera di non arrivare, perché quando arriverà ci sarà la prova se veramente è atteso come lui ha sognato per tutto il viaggio. Può essere così e può anche essere come quando la luce risolve tutti i segreti del buio. Allora questo viaggio deve durare poco perché c’è il desiderio di ritornare, ma finché dura il viaggio il mistero dell’accoglienza è vivo e il protagonista custodisce l’attesa del ritorno. Un semaforo rosso che diventerà verde, ma quei pochi minuti di attesa non sono male.

Hai presentato il disco in un tour che ha preso il via da maggio, poi a luglio hai attraversato l’Italia con “Niente di nuovo tranne te, Alfonsina Strada”. Come sono state accolte queste nuove canzoni?
Questo viaggio in particolare lo abbiamo fatto con “Una, Nessuna, Centomila” e Alfonsina Strada è la donna che cento anni fa, nel 1924, partecipò al Giro d’Italia con gli uomini per che non esisteva ancora quello al femminile. Lei voleva andare in bici, voleva fare il Giro d'Italia e si iscrisse. La Gazzetta dello Sport, organizzatrice del Giro, entrò in difficoltà perché non poteva registrarla come Alfonsina perché era una donna ma non poteva nemmeno registrarla come Alfonsino perché non era un uomo e, allora, decisero
di farla partecipare come Alfonsine. Cento anni fa abbiamo avuto il primo caso di gender fluid e pensare che allora le donne nemmeno votavano. Il 1924 era l’anno in cui ci fu il delitto Matteotti, il fascismo cresceva nei consensi e questa ragazza fece questa cosa che destò curiosità. Fu un gesto anticonformista, ma anche di coraggio che oggi mi sembra sia un paradigma straordinario. Ebbe un coraggio, una forza d’animo, una determinazione che è quella che dobbiamo augurarci. Lei voleva fare una cosa e l'ha fatta. E’ per questo che dobbiamo batterci. Questo viaggio che abbiamo fatto voleva ricordare Alfonsina e abbiamo attraversato l’Italia in bicicletta da Matera a Bologna. Abbiamo fatto più di mille chilometri con un po' di amici, le nostre compagne, persone incontrate ogni volta di tappa in tappa. I sindaci ci hanno accolto con la fascia tricolore, ci sono stati diversi ospiti, un coro per ogni città perché sono realtà bellissime di arte ed aggregazione. I luoghi di comunità sono fondamentali perché il migliore alleato della violenza domestica è la solitudine. I cori artisticamente sono bellissimi e giocano anche un ruolo importantissimo dal punto di vista dell’impatto sociale. Non c'è niente da fare, le relazioni umane vengono fuori se c'è un oggetto transizionale, se c'è un momento che ti fa stare con gli altri e che fa da mediatore, altrimenti è tutto più difficile. Ci riescono i bambini perché ce l'hanno l'oggetto transizionale che è il gioco…



Andrea Satta – Niente di nuovo tranne te (Santeria/Audioglobe, 2024)
Sono dodici canzoni profonde, coinvolgenti e dense di lirismo quelle che compongono “Niente di nuovo tranne te”, l’opera prima come solista di Andrea Satta, un album che arriva dritto al cuore, mettendoci al tappeto. Basta mettersi in ascolto attento, lasciarsi alle spalle i dischi con i Têtes de Bois, quelli che abbiamo amato e continuiamo ad amare profondamente, e immergersi in questo album nel quale si intrecciano storie di vita vissuta, sguardi, amori, problemi quotidiani, clochard, e schegge di passato che ritornano con un po’ di malinconia. Sin dal primo ascolto a colpire è il songwriting di Andrea Satta, una scrittura diretta, incisiva, potente, la cui forza evocativa è esaltata dagli arrangiamenti curati dal co-produttore Giorgio Maria Condemi che si destreggia tra chitarre, batterie, basso e banjo e che è riuscito a penetrare nel profondo il senso di questo disco, cogliendo quel sostrato emotivo che permea i brani, le sfumature che rimandano alla chanson francese e alla canzone d’autore italiana. Ad impreziosire il tutto le voci di tre ospiti d’eccezione Paolo Benvegnù, Daniele Silvestri e Giovanni Strutti che duettano con Satta e, poi, un ristretto gruppo di strumentisti che fanno capolino nei vari brani:  Angelo Pelini (pianoforte), Matteo Scannicchio (pianoforte), Simone Padovani (percussioni), Elvin Dhimitri (violino), Ilia Kanani (viola) e Eszter Nagypal (violoncello). Accolti dalla bella copertina dell’artista contemporanea Alice Pasquini, in arte Alicè, il disco si apre con le atmosfere sixities di “Coupon”, una sceneggiatura in musica sull’amore e la famiglia al tempo del consumismo, diventata un cortometraggio per la regia di Agostino Ferrente, presentato fuori concorso in anteprima al 41mo Torino Film Festival e nel quale sono protagonisti l’ex segretario del PD Pier Luigi Bersani, Milena Vukotic, Paolo Lombardi e la poetessa Maria Grazia Calandrone. Se nella poetica e toccante “Bellissima”, avvolta dagli archi scritti e diretti da Roberto Martinelli,  Andrea Satta canta di un amore che va oltre ogni spiegazione logica, nella successiva “Abbi Pazienza” ci regala un bellissimo duetto con Giovanni Truppi che, senza dubbio, può essere considerato uno dei vertici del disco. La danzante “Amore al Centro Commerciale” con i fiati suonati da Mauro Ottolini racchiude i fotogrammi di una travolgente passione nello straniante scenario di un mega centro commerciale dove due ragazzi si ritrovano a fare l’amore dietro una scala mobile. Le atmosfere urban di “Selfie”. ispirata al documentario omonimo di Agostino Ferrente in cui due giovani sedicenni attraverso il loro cellulare raccontano la storia di Davide, un loro giovane amico ucciso per errore dai Carabinieri durante un inseguimento. Ascoltiamo, poi, in sequenza, la ballad elettro-acustica “Che meraviglia” con la sua teoria dolceamara di immagini familiari al rientro dalle vacanze, “Suonano le sirene” cantata con la complicità di Paolo Benvegnù e il ritratto di Donna della superba “Maddalena” in duetto con Daniele Silvestri. Le atmosfere urban tornano nel ritmo in levare dello spooken word “Il Meccanico”. Verso il finale arrivano, poi, “Hobo Sapiens” nella quale si sovrappongono in piano sequenza le vite dei tanti clochard che popolano una Roma sempre meno attenta agli ultimi, il personale e struggente ricordo del padre di “Cosa ti ricordi di tuo padre” e la dolcissima canzone d’amore “Io amo te” con i Têtes de Bois a chiudere il disco, e a rimarcare un legame fortissimo con i suoi sodali artistici. “Niente di nuovo tranne te” è uno di quei dischi che non ti abbandonano, ti lasciano un segno profondo e ti toccano l’anima, un album oltre le mode che ha lo standing del classico.


Salvatore Esposito

Foto di Simone Cecchetti (1, 3, 4, 5, 6) e Giovanni Canitano (2)

Posta un commento

Nuova Vecchia