L’anno scorso a Mestre, al teatro Candiani, ci volle un doppio concerto per rispondere alle attese dei numerosi fan di Yamandu Costa. Bene ha fatto Veneto Jazz a programmarlo all’aperto in piazza Eremitani a Padova dove il pubblico ha risposto con attenzione e partecipazione e l’ha letteralmente circondato a fine concerto per riuscire a scambiare un saluto e chiedere un autografo su un CD. E bene ha risposto il chitarrista brasiliano, cresciuto nel Rio Grande do Sul, che ha ribadito in apertura come per lui sia sempre un’emozione speciale poter suonare nella terra da cui è originaria la madre e quanto si riconosca in due “tratti” veneti: il lavoro e il vino. Come già in altri recenti concerti, i primi due brani sono stati “Tainá” e un movimento della “Suíte Ameríndia”, sua composizione incisa l’anno scorso con Martín Sued e l’Orquestra Assintomática. La suite invita a percorrere le diverse facce delle musiche caraibiche e dell’America Latina con un primo movimento dedicato alla cultura cubana, il secondo all’America Centrale e il terzo alla costa argentina, intitolato “La Reunión”, quello scelto per il concerto. Dopo due brani che ben dispiegano l’inconsueta potenza e consistenza timbrica della sua chitarra a sette corde, Yamandu Costa si è rivolto contemporaneamente al pubblico, illustrando i brani, e alla sua “bombilla”, la cannuccia con cui attingere all’amato infuso di mate che lo aspetta alla sua sinistra.
Sono seguiti due animati balli, un samba e una milonga arrabalera, a dispiegare il suo profondo legame con le danze popolari, le doti di improvvisatore, la capacità di far salire ritmo e volume in modo parossistico, sempre con grande musicalità. Poi, veicolate
doti musicali quasi sovraumane, con semplicità suggerisce a sé stesso e condivide col pubblico che, ad evitare un possibile infarto, ricorrerà a un paio di brani più rilassati, entrambi frutto del lavoro della sua penna negli ultimi anni. Il primo è “A Legrand”, omaggio al compositore Michel Legrand cui è legato per le emozioni che gli suscitò da bambino il film “Quell'estate del '42”. La colonna sonora era stata composta da Legrand e le melodie suonata dai violini lo toccarono nel profondo come mai prima dall’ora aveva fatto la musica. Nell'estate del 2020, trascorsa in parte nella casa della famiglia dell’ex moglie Élodie Bouny (con cui ha inciso di recente l’ottimo “Helping Hands”) a Beaulieu-sur-Dordogne, nella campagna francese, il clima e il luogo suggerirono a Yamandu Costa una melodia affine alla poetica di Legrand. Ed evidentemente le vacanze gli fanno bene, perché anche il valzer “La Graciosa” è nato durante una pausa in riva al mare nell’omonima isala delle Canarie.
La parte finale del concerto viene magistralmente riservata all’anima musicale del Brasile. Per esempio, a “Odeon”, un choro composto da Ernesto Nazareth nel 1910 in omaggio al cinema Odeon, nel quartiere Cinelândia, nel centro di Rio de Janeiro. Yamandu Costa tiene a sottolineare, a parole e con la musica, come tutte e tre le parti del brano dialoghino magnificamente una con l’altra. A Raphael Rabello Yamandu Costa dedica “Samba pro Rapha” ispirato ai modi in cui il grande chitarrista, riferimento per tutti gli anni '70 e '80, sapeva intrecciare il samba ai diversi poliritmi di cui erano capaci le
sue corde, tanto che Yamandu Costa lo considera il padre musicale della sua generazione, cultore della musica brasiliana nel periodo in cui in Brasile era “fuori moda”. Rimane solo il tempo per lo splendido canto gaucho “Sarará” che racconta, il sopraggiungere della notte, ma anche la possibilità di seguire il suono degli zoccoli di un cavallo lungo la strada. Occasione per ascoltarlo non solo come cantante, ma anche al fischio, in cui eccelle. Il bis chiude il cerchio e ci riporta all’inizio del secolo scorso, a “Sons de Carrilhões” di João Pernambuco, il padre della chitarra fra Recife e Rio de Janeiro. Resta giusto il tempo per godersi standing ovation, l’affetto del pubblico e ricordare con soddisfazione che è appena uscito l’album registrato a Lisbona con il chitarrista italiano Francesco Buzzurro “Uno a uno”.
Alessio Surian
Tags:
I Luoghi della Musica