Varijashree Venugopal – Vari (GroundUP Music, 2024)

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La cantante, flautista e compositrice Varijashree Venugopal ha celebrato a maggio 2023 i suoi primi venticinque anni sui palchi di mezzo mondo con un concerto al Gayana Samaj, nella sua città natale, Bangalore, dove aveva debuttato a sette anni come artista solista di canto carnatico classico, avendo come primo maestro il padre, l'artista H.S. Venugopal. “Un segno di riconoscenza nei confronti della mia provenienza, la musica carnatica. – ha sottolineato - È il linguaggio in cui mi sono formata e da cui mi avvicino alle altre musiche e collaborazioni, da qualsiasi parte del mondo”. Di recente è stata anche in Italia insieme all’EYM trio con Elie Dufour, Yann Phayphet e Marc Michel con cui ha pubblicato a fine 2023 l’album “Bangalore”. Un disco che viene da lontano è quello pubblicato a maggio 2024, lanciato da due singoli. Il primo, a inizio anno, è stato “Ranjani”. Sospinto, in apertura, dalle sillabe che scandiscono la sua matrice percussiva, il canto trae ispirazione dalle melodie che Varijashree ha ascoltato lungo tutto l’arco della sua vita dal padre: qui ne fa tesoro restituendole, trasformate, in un canto che cerca di catturare la duratura influenza creativa del genitore. Ne scaturisce una narrazione che trascende i confini, felicemente accompagnata dal banjo di Béla Fleck e da archi che sposano melodie carnatiche con una fusione di ritmi indiani classici e popolari. 
Il secondo, energetico singolo, ha coinvolto K.U. Jayachandra Rao al mridangam, il tamburo bipelle al cuore della musica carnatica, Pramath Kiran al morsing, lo scacciapensieri dell’India meridionale insieme a Michael League al sitar elettrico e a Victor Wooten (basso fretless) e Hamilton de Holanda (bandolim) di cui era stata ospite un paio di anni fa nel brano “Choro Fado”. La canzone che riunisce questo sestetto è “Chasing the Horizon”. I dodici brani sono il frutto della collaborazione, nel corso degli ultimi sette anni, con il bassista e produttore Michael League. L’album esce per la sua etichetta e ha subito qualche ritardo: “Ci siamo incontrati un paio di volte a New York per produrre le prime demo e capire in quale direzione i brani si stavano avviando. Ma poi è sopraggiunto il lockdown e ha ritardato tutto” ricorda Varijashree Venugopal. La loro sinergia e sintonia ha coinvolto come co-produttore anche il percussionista Pramath Kiran, con registrazioni soprattutto negli studi Laya Digi di Bangalore, come raccontano in un intervista per il canale indiano Radio One International. Per questo album Varijashree Venugopal ha coinvolto in brani diversi oltre trenta musicisti sia dal Nord che dal Sud dell’India. 
Al tempo stesso, le nuove composizioni sono capaci di incantare anche attraverso soluzioni timbriche “semplici”, come il bordone e l’ostinato metallico percussivo iniziale: cornice sognante su cui viaggia la voce fino ad incontrare gli archi che raccontano il sogno (“Dream”). Brani come “Harivaa Jhari” giocano nel silenzio con il rincorrersi di diversi strati di voci per poi coinvolgere anche la tecnologia nelle transizioni verso metriche e armonie più complesse. Al centro della scaletta c’è spazio per un brano in inglese, “Liquid Light”, un dialogo e un’invocazione con la luce in grado di guidare al meglio i passi della protagonista. Questa cornice spirituale proietta serenità sulla costante attenzione per la dimensione affettiva, si tratti, in “Teardrop”, di come ogni goccia raggiunga il mare di emozioni interiori o di come riuscire ad avvertire, in “Search”, il bene là dove il male sembra prevalere, o, ancora, in “Summaniru” (canzone scritta da Purandara Dasa cinque secoli fa) di esplorare i tumulti interiori. 


Alessio Surian

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