Qual è la Storia vera? Quella che narra Malcolm Jiyane Tree-O è circolare, nasce e si chiude ascoltando i treni che sferragliano sui binari accanto alle township, come raccontava Hugh Masekela in “Stimela”. Qui la Storia spazia dal trombettista, in “South African Jam” (“La nostra storia abbonda di quei ritmi da ballo”), alla rivisitazione afrobeat del reggae di Peter Tosh cui viene dedicata “Peter’s Torch”. La Storia di Malcolm Jiyane mette al centro le figure chiave del Black Consciousness Movement, Steve Biko, con “I Play What I Like” (protagonista la batteria di Lungile Kunene), e quella del musicista Philip Tabane, chiamato con un ostinato di flauto: “È come una pianta o un albero raro. Il suo suono, la sua saggezza... Un alieno che ha trovato la strada per la terra assumendo forma umana”. Sconosciuto fuori dall’Africa australe, se chiedete a Nduduzo Makhathini, la sua prima fonte di ispirazione è proprio il compositore, chitarrista, percussionista, suonatore di mbira, flautista e cantante Philip Tabane. La sua arte è stata in grado di ri-sintonizzarsi sulle memorie precoloniali ispirate dall’antica filosofia ubuntu, trovando risposte spirituali alle assedianti sfide poste dal materialismo. Cosa ci dice la sua Storia? Nato nel 1934 nel villaggio rurale Ga Ramotshegoa (a nord-est di Pretoria) ha ascoltato da sempre la chitarra del fratello Mmaloki, gli inni cristiani della congregazione cui era devoto il padre, ma soprattutto il canto terapeutico ed i ritmi sui tamburi della madre e le canzoni tradizionali venda, ndebele, autocostruendosi il primo strumento a corde da bambino con una lattina e un bastone. A diciannove anni, nel1953, l’apartheid deporta anche la loro famiglia nella township urbana. Lì nasce il suo primo gruppo che evolverà poi in Malombo, primo premio al Cold Castle Festival del 1964. Sessant’anni dopo, il 19 luglio, all’Untitled Basement di Johannesburg, Malcolm Jiyane Tree-O ha presentato la sua “TRUE STORY” in nove capitoli sonori, dedicati a persone che narrano il presente e il recente passato del Sudafrica, come racconta anche il documentario proiettato prima del concerto, realizzato da Tseliso Monaheng. Se il primo album di Malcolm Jiyane, “UMDALI”, coglieva soprattutto la dimensione di spontaneità con cui si crea musica, “TRUE STORY” è nato in modo più mirato, capace di abbracciare diverse emozioni del quotidiano sudafricano, dal dolore dilatato e dal sentimento di ribellione di “Global Warning” ai momenti di danza e allegria condivisa (“Baby Ngimanzi Wuthando”). Ha preso forma a Johannesburg attraverso tre diversi momenti in studio di registrazione fra Dicembre 2020 e Aprile 2021 filtrate dalla produzione di Curnow e Monti (vedi anche gli album SPAZA) e da mesi di post-produzione nel 2023. Con il trombonista, cantante (e pianista) Malcolm Jiyane hanno suonato Ayanda Zalekile (basso), Lungile Kunene (batteria), Gontse Makhene (percussioni) e Nkosinathi Mathunjwa (piano e tastiere), oltre ai cori di Nosisi Ngakane, Dumama e Siya Makuzeni (anche come trombonista). Il 19 luglio si è unito al gruppo dal vivo anche Sakhile Mpendulenhle Thembalethu Nkosi al basso. Proprio come faceva Tabane, Jiyane sente che i brani gli arrivano da una fonte spirituale e che il suo ruolo e saper veicolare questi messaggi: “Ho lasciato spazio al progetto per far sì che si modellasse da solo, assicurandomi, però, di attenermi al libro di messaggi da trasmettere con questo album in modo che ogni ingoma (canzone) venga per comunicare verità”. Si comincia dalla ferrovia e suoni ambientali e dal verso “Memory is the Weapon” del poeta di Sophiatown Don Mattera per rendere poi omaggio alla cantante Brenda “MaBrrrrrrrrr” Fassie con il dialogo fra la poderosa linea di basso e il carismatico lirismo del trombone (reminiscente del ruolo e del senso di profondità della tuba di Theon Cross nei Sons of Kemet). In chiusura, con “Name it Later,” torna la dimensione mistica e liberatoria in cui si intrecciano voci, percussioni accompagnate da piano e synth. malcolmjiyanetree-o.bandcamp.com/album/true-story
Alessio Surian
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