Il titolo “Africa Yontii”, dato al terzo album del chitarrista senegalese Tidiane Thiam, si potrebbe tradurre “È tempo”, infatti vi è onnipresente la dimensione temporale che esprime l’urgenza di un’Africa libera da ogni sorta di schiavitù (passata e presente). È giunto il tempo che gli africani prendano in mano il loro destino e valorizzino tutto quello la loro prodiga Mamma ha in potenziale, è il monito di questo artista. Ma ‘tempo’ può essere inteso anche in senso musicale, cioè come ritmo, poiché proprio il ritmo è l’elemento più intrigante di questa musica, che dall’Africa è partita per diventare blues, jazz, tango, fingerstyle, hip pop. Il musicista si riappropria e sincretizza questi stili nelle strutture dei brani e negli arrangiamenti non disdegnando l’elettronica e collaborando con il beat maker hip-hop Ndiaye Moctar. D’altra parte, non dimentica mai i temi popolari di Pulaar e il contesto geografico in cui il progetto è realizzato, compiendo un’esemplare sintesi tra musica centricamente territoriale e world music.
A proposito di ritmo, l'ascoltatore che si trova per la prima volta a contatto con la musica subsahariana, va incontro alla familiarità di un genere fatto da cicli regolari che si ripetono con un sottinteso 'senso del 4', come dice Locke, ma anche allo spaesamento provocato dalla stratificazione poliritmica verticale che fa perdere il senso della pulsazione. In questo i cicli ritmici subsahariani, anch’essi additivi, si differenziano dai maqam del Nord Africa. Senza approfondire l'argomento e prendendo per buono questo assunto, un andamento ciclico è quello che connota questo disco, dove la scansione dei cicli, tradizionalmente affidata alla campana, è sostenuta dalla seconda chitarra nello stile dell’oud, della kora o del finger. La chitarra solista si inserisce più o meno liberamente nelle strutture ripetute (tradizionalmente è il tamburo a farlo) creando quella dimensione verticale ritmicamente disorientante di cui si diceva e che, grazie all'intervento delle scale modali spesso lidie, ovvero fatte da toni interi, evocano i grandi spazi dell’Africa. Una chitarra “parlante” potremmo definirla, poiché come dice lo stesso musicista il valore espressivo e comunicativo delle melodie ha lo stesso peso specifico della parola. Un messaggio che Tidiane vuole che arrivi soprattutto alle nuove generazioni a che finiscano il loro peregrinare per il mondo, spesso vittime di ingiuste umiliazioni e costretti a lasciare forzatamente l’oro cha hanno sotto casa.
L’album comincia con “Dannibe Pinne”, un brano dal ritmo quasi reggae in cui sull’arpeggio della chitarra acustica, sostenuta dal basso e dalle percussioni, si inserisce una chitarra synth con un tema e improvvisazione sulla scala lidia. La seconda traccia “Néené Africa” ci porta invece nel pieno dell’atmosfera africana in cui le percussioni, il basso e i guizzi della chitarra solista emergono come figure e la chitarra arpeggiata resta come sfondo. La delicata ‘Nanka’ ci propone invece un giro armonico di Fa nello stile Milksoap che ricorda le migliaia di canzoni statunitensi di ‘tutti quei maledetti Bobby’, degli anni Sessanta, come qualcuno li ha definiti. Un’atmosfera intimista e decisamente dorica si invece ha in “Too’ dove è la chitarra a fare la parte del leone. Di grande interesse è la quinta traccia ‘Yeewende” per la commistione tra suoni acustici ed effetti elettronici che evocano l’articolato paesaggio sonoro naturale africano: se proviamo a chiudere gli occhi e ad ascoltare saremo pienamente immersi in esso. “Oo Douna” sviluppa una bellissima poliritmia data dall’incontro tra cicli ritmici e melodie lidie sostenute dal basso ostinato. Un’ entrata quasi arabo-andalusa caratterizza “Yangue” che si svolge in clima dialogico di grande serenità e respiro questo clima viene continuato anche nella successiva traccia “Podordogueragasba”. “Melissadio”, l’ultima traccia, inizia con un ritmo quasi libero e pian piano prende forma in un interminabile viaggio blues in compagnia dei nomadi del deserto.
Un ascolto che non sazia e che lascia in bocca il sapore di un cibo ancora non del tutto consumato come scrisse una volta Francesco Guccini. tidianethiam.bandcamp.com/album/africa-yontii
Francesco Stumpo
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