È raro che le pubblicazioni discografiche prestino attenzione alla Tanzania. I gogo e la famiglia Zawose si distinguono, fin dal debutto di Hukwe Zawose (1938 – 2003) con “Tanzania Yetu” per la Triple Earth nel 1985 e con i dischi Real World che l’hanno reso popolare all’estero, “Chibite” (1996), “Mkuki Wa Rocho” (2000) e “Assembly “(2002). Tratti distintivi della sua musica sono il polistrumentismo e, in particolare, la destrezza con il lamellofono ilimba, e il canto, capace di un’estensione di cinque ottave. Nel 2017, il quinto figlio, Msafiri Zawose, ha pubblicato il riuscito “Uhamiaji”.
La Real World ha ripreso i rapporti con la famiglia Zawose producendo l’album di debutto della figlia di Hukwe, Pendo e della nipote Leah. Pendo aveva cominciato a suonare e cantare col padre a quattordici anni, vedendosi sempre assegnate parti vocali di supporto o le percussioni muheme. La situazione è cambiata quando si è formata “The Zawose Family”, attiva fra il 2002 e il 2009, con all’attivo l’album “Small Things Fall From the Baobab Tree” pubblicato dalla Real World nel 2007: in quel contesto le donne, in concerto hanno cominciato a suonare anche i lamellofoni illimba e a praticare, a casa, marimba e chizeze, strumento a quattro corde suonato con l’arco.
Nel nuovo album, le Queen Pendo e Leah Zawose sono protagoniste alle voci, all'illimba e alle percussioni e hanno collaborato con i produttori britannici Oli Barton-Wood (Jordan Rakei, Obongjayar, Nilufer Yanya) e Tom Excell (Nubiyan Twist, Onipa) che le hanno registrate sul tetto di un hotel a Zanzibar e sulla spiaggia di Bagamoyo, la storica città portuale della Tanzania che ospita la famiglia allargata Zawose dagli anni Settanta. Gli undici brani comprendono sia brani acustici ispirati dalla tradizione locale composti dalle Zawose Queens, sia canzoni sviluppate insieme a Oli Barton-Wood e Tom Excell che si distinguono per l’inclusione di beat e dell’elettronica.
Le registrazioni sono state anche l’occasione per rinnovare l’incontro con i Wamwiduka, giovane gruppo della Tanzania settentrionale che sa come far ballare chi ascolta il loro mix di banjo, voci e percussioni dove si distinguono Peter Mashaka e Andriano Wilson. “Chidodo” è stata composta insieme a loro e vede Brown Isaya all’ukelele e al canto, offrendo versi che raccomandano la gratitudine verso ogni benedizione, anche la più piccola. In quattro brani Baba Leah — il padre di Leah e zio di Pendo, già collaboratore di Hukwe Zawose – suona il violino chizeze. In due brani Baba Leah ha contribuito, insieme alle Zawose Queens, anche allo sviluppo compositivo. Sono fra le canzoni registrate dal vivo sulla spiaggia di Bagamoyo: in “Lule Lule” cantano tutti e tre insieme nella lingua gogo, celebrando la saggezza e la gratitudine; “Kusekala Kwa Nyungu” coinvolge anche Tom Excell alla chitarra e Oli Barton-Wood per le parti in overdub: nei versi, Baba Leah si paragona ad una vecchia pentola arrugginita capace di cucinare ottimi pasti. La nostalgia di casa è cantata in “Masanja Kalila” e qui Baba Leah prende in mano anche l’illimba, oltre al chizeze, mentre Tom Excell si incarica di aggiungere le parti di chitarra, basso e berimbau.
Sono le voci a rimanere sempre in primo piano, con splendide polifonie, capaci di creare una varietà di intervalli e di linee melodiche intrecciate che tengono sempre alta l’attenzione e vengono offerte con notevole agevolezza. I produttori hanno poi aggiunto interventi di sintetizzatori, riverberi, 808 Bass e batteria ad amplificare le figure ritmiche. Il brano che dà il titolo all'album parla della lotta quotidiana per una vita migliore, mentre “Sauti Ya Mama” narra la maternità e “Fahari Yetu” il rapporto con la tradizione; in generale, le canzoni sanno raccontare con energia la spiritualità legata alla musica dell'Africa orientale. A tratti, la dimensione fusion rimanda ad accenti afrobeat, hip hop e, in “Mapendo”, anche dub, evocato dal synth e dalle linee del basso e della chitarra.
Alessio Surian
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