Il Gwerz di Bretagna: tradizione incessante

Il gwerz è la narrazione di una storia popolare che può arrivare a contemplare anche più di cento strofe cantate. Ovviamente all’interno di un disco ciò è inascoltabile, non solo per l’eccessiva durata temporale ma anche perché risulterebbe comprensibilmente noioso a coloro che non afferrano la lingua bretone. La parola gwerz in francese si traduce con complainte (lamento, nenia, cantilena) ma è una definizione decisamente riduttiva poiché si tratta, a tutti gli effetti, di un vero e proprio poema in versi. Generalmente viene interpretato nel bretone associato alla Bassa-Bretagna ma può essere espresso anche in lingua gallo o in francese. Un’affermazione contenuta all'interno di “A un’allodola” di Percy Bysshe Shelley (1792 – 1822), poeta romantico inglese che riposa a Roma, gli calzerebbe a pennello: "...le nostre canzoni più dolci sono quelle che raccontano i pensieri più tristi, eppure se noi potessimo disprezzare odio, orgoglio e paura e fossimo nati per non versare una lacrima, non so come ci avvicineremmo alla tua gioia...”. Questo canto dell’anima, declamato in identico modo fin dai tempi degli antichi bardi, effettivamente abbisognerebbe di un tempo d'ascolto lungo. Chi lo canta deve possedere una memoria fenomenale ma non basta, serve anche una interpretazione adeguata, non è da tutti un talento vocale che sappia far percepire le innumerevoli microvariazioni contenute nella melodia del testo di un gwerz. 
Lo sapeva fare Madame Marie-Josèphe Bertrand (1886-1970), capace di sprigionare la quintessenza di quest'arte con una vocalità proveniente direttamente dall'età d'oro della letteratura orale bretone. A quindici anni aveva sposato un produttore di zoccoli di Saint-Nicolas-du-Pélem e due anni dopo partorì il primo dei suoi sei figli, vivendo in una capanno. Probabilmente anche per questo teneva nel suo canto la forza incantatoria di un blues universale. Un'altra era Jeannette Maquignon (1906 – 1998) che con le sue strofe memorizzate attraverso generazioni di cantanti, riusciva a portare l'ascoltatore in qualsiasi spazio atemporale e a metterlo in relazione con qualcosa a lui fino a quel momento, sconosciuto. Attraverso i gwerzioù si esprimono saggezza popolare ma anche interrogativi e movimenti che ritmano stagioni ed epoche, si tratta insomma di cultura evolutiva. Nelle società rurali in cui nacquero, gli individui non sempre erano in grado di svolgere da soli i compiti richiesti dalla vita agricola e vivere in società significava aiutarsi davvero a vicenda, per affrontare necessità vitali quotidiane. Mica come oggi che ognuno va per conto suo in tutti i sensi. Esistono perfino melodie che erano atte a compiere una specifica funzione in un dato momento, che avevano un senso preciso, talvolta riprovevole, come quello di far piangere una sposa. Ma a metà dell’800 nel Pays Vannetais, la parola "gwerzenn" veniva utilizzata anche per indicare un cantico religioso (prima si diceva "hantig" e poi si dirà "kanenn"). 

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