Francesco Benozzo | Fabio Bonvicini – Song of the Remote Islands. Canto delle Isole Remote (Tutl Records, 2023)

È di provata esperienza la collaborazione tra il filologo accademico, poeta e arpista modenese Francesco Benozzo e il polistrumentista e ricercatore di musica antica e tradizionale modenese-reggiano Fabio Bonvicini, entrambi figure ben note ai nostri lettori. Il loro nuovo progetto “Canto delle Isole Remote” rappresenta un segmento significativo di un più ampio dialogo transculturale e interdisciplinare, cofinanziato dal Dipartimento di Lingue e Letterature, Comunicazione, Formazione e Società dell’Università di Udine, coordinato dalla Professoressa Antonella Riem. Collaboratori in questo progetto sono stati l’Associazione Laureati/e in Lingue e il gruppo di ricerca internazionale “Partnership studies group” dell’ateneo friulano. L'obiettivo è valorizzare i patrimoni materiali e immateriali di canti e musiche, concentrando l'attenzione sull'area atlantica, siberiana e circumpolare. Nelle note di presentazione, Benozzo (voce, arpa bardica e arpa celtica) e Bonvicini (voce, flauti, organetto diatonico e percussioni) scrivono: “Le isole, luoghi di arrivo e partenza, sono l’immagine di una persistente e non appagabile pulsione verso il viaggio, un anelito che ricorda quello dell’amor de lonh dei trovatori medievali, dove la natura stessa dell’amore coincide con questa tensione irrisolta verso qualcosa che vive per definizione nella sua irraggiungibilità, nel suo manifestarsi sottraendosi”. La dimensione del viaggio come elemento costante dell’identità umana e l'immagine di una “frontiera fluttuante” sono chiavi di lettura delle cartografie sonore acustiche prodotte dai due musicisti-ricercatori. Hanno registrato questo album dal vivo, con Davide Cristiani alla regia, nel giorno del solstizio d’estate del 2023, in prossimità del lago Baccio tra crinali e contrafforti appenninici. L'album include field recordings ambientali (vento, alberi, pesci, uccelli e insetti) e lingue non egemoni, come il cimrico, il friulano, il bretone, il mannese e il faroese. Ci si muove lungo la dorsale atlantica settentrionale fino alle latitudini iperboree, componendo un diario di viaggio visionario che mescola reinterpretazioni di brani tradizionali con creazioni originali. Il viaggio inizia con l'evocativa versione strumentale “FFarwel i Aberytstwyth”, un noto canto marinaro d’addio tradizionale gallese, condotto da organetto e arpa. Flauti, arpa, percussioni e canto armonico si intrecciano nell’incantatorio “Thule”, ispirato alle tradizioni sciamaniche inuit e tuvane, dove vengono “cantati” nomi di luoghi e animali delle regioni polari. Il set successivo include “An Alar’ch”, inno bretone per eccellenza, la celebre danza friulana cinquecentesca “Schiaraùla Marazula” di Giorgio Mainerio e il “ballo dei morti”, tradizionale delle valli bergamasche. Ci spostiamo sulla Costa di Baiona (Galizia) con “Agua de Mayo”, descrizione delle piogge primaverili. Lungo la rotta delle navi baleniere, approdiamo a “Isle of Man’s Whalers Song/ Cooley’s Reel”, un canto mannese per arpa e lilting che sfocia in un reel irlandese, con focus sul whistle e sull’arpa. “Álva stakkur” (traducibile approssimativamente come “dirupo dell’elfo”) è un tema del musicista faroese Kristian Blak (fondatore della casa discografica Tutl https://www.tutlrecords.com, che ha prodotto l'album), richiamo ai paesaggi delle isole atlantiche battute dalle onde e dal vento. Torniamo in Galizia con due composizioni dalla raccolta medievale di Martin Codax (XIV secolo), “Ondas do Mar de Vigo/ Mandad’ei comigo”. Benozzo e Bonvicini hanno composto “Dersu”, il cui titolo è chiaramente ispirato alla figura dell’omonimo film di Kurosawa, a sua volta basato sul diario di viaggio del cartografo russo Arsen’ev e sugli insegnamenti ricevuti dal piccolo, grande uomo, cacciatore della taiga. Si finisce in Irlanda per “Sèamus Ma-hoo/ Planxty Burke”, dove un brano tradizionale del repertorio dei balenieri del Connenara incontra il ritornello strumentale di una delle composizioni attribuite all’arpista O’Carolan. Si apprezzano l’essenzialità degli arrangiamenti, l’afflato narrativo, l’esplorazione del melos e della parola cantata nelle lingue antiche. 


Ciro De Rosa

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