Hiddo Dhawr (Promuovere la Cultura) è un club di Hargeisa, capitale del Somaliland, paese incastonato tra il Golfo di Aden, Gibuti, Etiopia e Somalia, autoproclamatosi indipendente dal 1991, quando si è distaccato dalla Somalia subito dopo la caduta del dittatore Siad Barre. A trentatré anni di distanza, un Paese pienamente funzionante sul piano politico-amministrativo non è ancora riconosciuto come paese sovrano.
A dirigere il locale e centro culturale è la cinquantaduenne Sahra Halgan, la “combattente”, attivista politica impegnata come paramedico e chanteuse per i soldati in lotta per l’indipendenza, la quale, dopo un periodo in esilio in Francia da rifugiata, è tornata a casa nel 2012 per sostenere a tutto tondo la cultura del Somaliland. “Tutto ciò che vedete a Hiddo Dhawr [il locale, ndr] è stato realizzato da donne. Voglio mostrare al mondo la forza delle donne del Somaliland”. Della storia e della musica di questa iconica cantante ci siamo occupati in queste pagine in occasione della pubblicazione dei suoi primi due album: “Faransiskiyo Somaliland” del 2015 e “Waa Dardaaran” del 2020.
“Hiddo Dhawr”, il suo terzo album, la vede affiancata dai francesi Aymeric Krol (batteria e percussioni e cori), Maël Salètes (chitarra e cori) e Régis Monte (organo). Il sound è un mélange che accoglie scale pentatoniche della regione, moduli melodici funk e pop locali, tastiere di ispirazione ethio-jazz e stili chitarristici e ritmiche che introducono elementi assouf (il cosiddetto ‘desert blues’ tamashek) e si nutrono di rock psichedelico e fervore punk. In tal senso, è davvero folgorante l’attacco, con “Sharaf”, il primo singolo, su testo tradizionale: un canto d’amore, inno all’importanza della dignità umana. Canta Sahra: “Mostra la tua bellezza e l'onore che Dio ti ha dato”, sulla musica spinta da chitarre fuzz iterative e punteggiata da battito di mani e percussioni e vortici di organo vintage. “Laga” è una canzone d’amore che, conservando la ballabilità dell’apertura, dà conto del fruttuoso incontro tra strutture tradizionali e stilemi che riflettono le esperienze dei musicisti coinvolti, mentre in “Som Hanyari”, ancora su liriche tradizionali, si erge limpido il canto di Sahra. Atmosfere ethio-pop e art rock, innesti di sciabolate chitarristiche nell’elogio della cultura del Paese dichiarato in “Somaliland Ani Adi” (le liriche sono di Maxamed Cadaani Yuusuf, che fa la parte del leone firmando ben sette canzoni). Il canto di Halgan domina la title track (ancora un testo di Cadaani Yuusuf), sostenuto dalle percussioni e inframmezzato dal riff di chitarra elettrica. Il tema riprende il “qaraami”, lo stile classico moderno emerso negli anni ’40 del secolo scorso in Somaliland usato per illustrare temi amorosi, qui sostituiti dalla passione per la propria terra fertile e la propria cultura. Aperto da un spoken word di Halgan, “Lilalaw” assumere una crescente, corrosiva connotazione trance, perfino rock cosmica. Sempre ritmicamente incalzante la melodia qaraami di “Diiyoohidii”. Tastiere e chitarre guidano “Qaram Qalafe”, oltre, si canta l’amore con tono frizzante in “Magool”. Voce, chitarra e ritmica potente nella cangiante “Lamahuran”, in cui i toni morbidi nella prima parte si ispessiscono nella seconda, quando il canto diventa pressante e la strumentazione abrasiva. Del tutto diverso il registro sonoro e narrativo di “Hodyalay”: su una chitarra iterativa, la voce di Shara si innalza con passaggi antifonali che immergono nel tessuto vitale del Somaliland. Esaltando appieno il tessuto vocale della cantante accompagnata dall’intimità di una tastiera, la bella “Dareen” è la soffusa e degna conclusione di questo notevole terzo album. sahrahalgan.bandcamp.com/album/hiddo-dhawr
Ciro De Rosa